0
Presentato ieri a Roma, presso la sede ACI, il primo Report di attività sulla gestione degli pneumatici fuori uso provenienti dai veicoli a fine vita.
Con il 100% degli pneumatici fuori uso destinati al riciclo l’Italia è un caso di eccellenza in Europa.
È quanto emerge dal Report di attività riguardante la raccolta degli pneumatici fuori uso provenienti dai veicoli a fine vita nel biennio 2013-2014, che il Comitato per la Gestione degli Pneumatici Fuori Uso ha reso pubblico, martedì 17 febbraio 2015.
La presentazione, che ha avuto luogo presso la sede romana dell’ACI–Automobile Club d’Italia, a Roma, ha visto la partecipazione del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, On. Gian Luca Galletti, del Presidente ACI, Angelo Sticchi Damiani e del Presidente Comitato per la gestione degli pneumatici fuori uso, Vincenzo Pensa.
A seguire una Tavola Rotonda che ha visto partecipanti: Antonio Balbis, CNCU – Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti, Angelo Bonsignori, Federazione Gomma Plastica, Anselmo Calò, FISE – ADA – Associazione Nazionale Demolitori Autoveicoli e Salvatore Di Carlo, ANFIA – Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica; ovvero tutti i membri del Comitato, istituito nel 2011, con il D.M. n.82, dal Ministero dell’Ambiente presso l’ACI, per rispondere all’esigenza di monitorare e garantire la corretta gestione degli pneumatici fuori uso provenienti dal settore della demolizione dei veicoli.
Ecco alcuni dei dati più significativi e immediati che emergono dal Report: 19.453 le tonnellate di pneumatici fuori uso raccolte in Italia nel 2014 (+15,9% rispetto all’anno precedente), 3.231 le operazioni di ritiro di PFU, effettuate presso il target degli autodemolitori dai 29 operatori abilitati, 1.365 gli autodemolitori iscritti al sistema informatico del Comitato (di cui la maggior parte si colloca in Puglia, Lombardia e Lazio); 6.484 i rivenditori registrati in grado di comunicare in tempo reale l’immissione sul mercato di un veicolo e di versare per via telematica il contributo ambientale.
Nel corso della presentazione è stato spiegato nel dettaglio il funzionamento del Sistema di gestione PFU, un sistema per cui l’Italia è a livello europeo un vero e proprio esempio di green economy di successo, come ha sottolineato nel suo intervento il Ministro Gian Luca Galletti: “Il bilancio di questi due anni di attività rappresenta una scommessa vinta dall’ambiente e dai cittadini italiani. Il corretto recupero riduce di fatto a zero la possibilità di smaltimenti illegali che negli anni passati hanno disseminato il nostro paese di discariche abusive di pneumatici. Con il riciclo si aprono nuove possibilità e nuovi mercati per le materie prime seconde come il granulato di gomma e l’acciaio che è possibile recuperare“.
In sintesi, il Sistema copre l’intero ciclo di vita degli pneumatici, dall’entrata in commercio al definitivo recupero di materie prime seconde e per ogni pneumatico immesso sul mercato su un veicolo nuovo si ha la garanzia che un PFU viene avviato al riuso o al recupero di materia. Nel momento in cui il consumatore acquista un veicolo nuovo, paga anche il contributo ambientale, una voce aggiuntiva indicata in fattura e soggetta ad IVA. Dopo la vendita il rivenditore comunica al Comitato, attraverso il sistema informatizzato dell’ACI, l’avvenuta riscossione del contributo e l’importo equivalente al Fondo per la Gestione degli PFU. Poiché il ciclo di vita di un mezzo di trasporto è piuttosto lungo, oltre 10 anni, i contributi versati in un certo anno saranno utilizzati per coprire i costi di gestione degli PFU prodotti con la demolizione dei veicoli in quello stesso anno. In questo modo si garantisce che per ogni veicolo nuovo immesso sul mercato si possano gestire gli pneumatici smontati da un veicolo giunto a fine vita e che ci sia copertura economica per la gestione degli pneumatici derivanti dai veicoli immatricolati prima dell’entrata in vigore del D.M 82 dell’11 aprile 2011.
I protagonisti della raccolta sono i demolitori accreditati dall’ACI, che smontano gli pneumatici del veicolo condotto presso un centro di demolizione e, se non ritenuti più utilizzabili, li stoccano presso l’impianto. Accumulate almeno 1,5 tonnellate di PFU, i demolitori fanno richiesta di ritiro gratuito ai soggetti abilitati presenti nell’apposito elenco pubblicato sul portale del Comitato. Questo comporta un importante risparmio per i demolitori, considerando che in passato tale servizio era a loro carico, e impedisce che siano effettuati smaltimenti non corretti, salvaguardando così l’ambiente. I soggetti incaricati prelevano gli PFU e si occupano delle operazioni di deposito, separazione e stoccaggio temporaneo, oltre che del trasporto degli pneumatici alle aziende di trattamento, dove il 100% di essi è avviato al recupero di materia. Questo Sistema è caratterizzato dalla piena tracciabilità di ogni operazione e consente al Comitato di monitorare il regolare svolgimento del processo di gestione degli PFU.
Per quanto riguarda gli aspetti economici, come emerge dal Report, l’importo del contributo è determinato ogni anno dal Comitato per la gestione degli PFU in relazione agli effettivi costi di raccolta e riciclo degli pneumatici provenienti dai veicoli a fine vita. Poiché gli pneumatici possono avere dimensione e pesi anche molto diversi tra loro il contributo, soggetto ad IVA al 22%, è modulato sulla base di 11 categorie. Negli ultimi 3 anni il contributo è inizialmente cresciuto leggermente tra il 2013 e il 2014 (a causa del fatto che il Sistema era ancora in rodaggio) per poi ridursi drasticamente nel 2015. Il prezzo per una singola auto è attualmente pari a 3,95 euro per i quattro pneumatici più la ruota di scorta ossia un importo nettamente inferiore al contributo pagato per gli pneumatici destinati al ricambio.
Dal punto di vista ambientale la scelta del Comitato è stata quella di avviare il 100% degli PFU al recupero di materia eliminando del tutto opzioni meno sostenibili dal punto di vista ambientale come l’utilizzo come combustibile per cementifici o la termovalorizzazione. Grazie al sistema informatico il Comitato è in grado di tracciare l’intera filiera e verificare la documentazione che accompagna gli PFU e il granulato e il polverino che ne derivano fino all’ingresso nelle aziende di riciclo.
In base a una recente analisi della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile si è infatti stimato che recuperando la gomma, l’acciaio e le fibre tessili contenuti negli PFU si ottiene una riduzione di gas serra pari a circa 2 kg di CO2 equivalenti per ogni kg di PFU. Complessivamente nel 2014 l’avvio al riciclo degli PFU derivanti dai veicoli a fine vita ha consentito di evitare l’emissione in atmosfera di quasi 39.000 tonnellate di CO2 equivalenti paragonabile alle emissioni di anidride carbonica di circa 8.000 cittadini italiani.
La scelta del recupero di materia consente inoltre di produrre materie prime seconde ed evitare così il consumo di materie prime non rinnovabili. Il principale componente riciclato dagli PFU è la gomma, pari a circa il 70% in peso. Il 20% è invece rappresentato da metalli ferrosi, principalmente acciaio e il restante 10% da fibre tessili.
Numerosi i possibili riutilizzi del polverino: sottofondi stradali, pavimentazioni sportive, pannelli fonoassorbenti, arredo urbano e decine di altri usi.
“Come capofila di un sistema pubblico-privato modello per il Paese, siamo riusciti a contenere i costi di funzionamento conseguendo la riduzione del contributo a carico degli utenti per lo smaltimento degli pneumatici e un avanzo di fondi che proponiamo di utilizzare per la bonifica di aree contaminate“, ha dichiarato il presidente dell’Automobile Club d’Italia Angelo Sticchi Damiani. “Siamo molto soddisfatti del lavoro svolto finora – ha sottolineato il presidente del Comitato PFU Vincenzo Pensa – perché i dati contenuti nel report scattano una fotografia incoraggiante della gestione degli PFU da veicoli a fine vita in Italia. Il sistema lavora a pieno regime, il contributo per i consumatori diminuisce e si sta rafforzando l’industria del riciclo grazie a flussi di rifiuti costanti che consentono alle aziende di investire in tecnologia e ricerca e sviluppo“.