Inquinamento atmosferico e acustico; nelle città Ue c’è ancora parecchio da fare.

Lo rimarca un audit della Corte dei conti Ue che ha verificato se il quadro giuridico di riferimento esistente sia stato attuato correttamente e se le misure adottate siano state efficaci nel migliorare la qualità dell’aria e ridurre i livelli di rumore in un target di Paesi membri e delle loro capitali.

Vivere in un contesto urbano è una condizione quasi imprescindibile per un cittadino europeo, tanto che tre quarti dei cittadini Ue vivono in aree urbanizzate. Tuttavia, la disponibilità delle risorse e dei servizi porta con sé non pochi problemi, tra i quali la maggior esposizione all’inquinamento atmosferico e al non meno impattante inquinamento acustico sul quale, forse, grava una minor attenzione mediatica rispetto al primo.

Nel cosiddetto Green Deal europeo (2021) sono stati fissati obiettivi specifici per la riduzione dell’inquinamento atmosferico ed acustico entro il 2030; specificatamente, l’impatto dell’inquinamento atmosferico sulla salute (in termini di decessi prematuri) di oltre il 55 % e la minaccia per la biodiversità negli ecosistemi dell’UE del 25%, ma anche la riduzione del 30 % del numero di persone affette da disturbi cronici dovuti al rumore dei trasporti. Questi obiettivi non sono però vincolanti per gli Stati membri.

E infatti, come illustra la recentissima relazione della Corte dei Conti europea: “Inquinamento urbano nell’UE  Le città hanno aria più pulita, ma sono ancora troppo rumorose”, pubblicata ieri sul sito dell’ECA, nonostante molti miglioramenti siano stati compiuti in questa direzione: “le città europee sono troppo rumorose e l’inquinamento atmosferico raggiunge livelli eccessivi” rovinando la vita dei cittadini.

La Corte ha deciso di condurre un audit poiché la Commissione si trova a metà strada nel conseguimento degli obiettivi entro il 2030; pertanto, nella relazione, la Corte ha verificato se il quadro giuridico esistente sia stato attuato correttamente e se le misure adottate siano state efficaci nel migliorare la qualità dell’aria e ridurre i livelli di rumore in un target di Paesi membri selezionati (Grecia, Spagna e Polonia) e nelle relative capitali, ossia Atene, Barcellona e Cracovia.

Secondo la Corte, l’UE e i suoi Stati membri dovranno intensificare gli sforzi per applicare le norme più rigide fissate per gli anni a venire, il che desta particolare preoccupazione. Vediamo più in dettaglio.

Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente, su una popolazione di circa 450 milioni di cittadini, almeno 250.000 persone l’anno muoiono, in Europa, a causa dell’inquinamento atmosferico e delle patologie ad esso collegato, mentre, parallelamente, l’esposizione prolungata al rumore eccessivo è causa di insorgenza di disturbi del sonno, ansia, disturbi cognitivi e problemi di salute mentale, che ogni anno sono all’origine di 48.000 nuovi casi di patologie cardiache e di 12.000 decessi prematuri in Europa.

Se, da un lato, la Commissione Ue ha destinato 46,4 miliardi di € per il periodo 2014-2020 e 185,5 miliardi di € per il periodo 2021-2027 al conseguimento degli obiettivi in materia di aria pulita ottenendo anche risultati lodevoli, dall’ECA non possono non rimarcare che soprattutto la concentrazione di biossido d’azoto (NO2) causata dal traffico di auto e mezzi pesanti, resta un problema grave. Ancora nel 2022 in 10 Stati membri si registravano livelli di NO2 superiori all’attuale limite dell’UE.

E se il quadro normativo europeo per quanto riguarda la qualità dell’aria è in fase di revisione al fine di introdurre limiti più stringenti, lo stesso non si può dire per la direttiva del 2002 sul rumore ambientale che non è mai stata oggetto di revisione.

L’audit della Corte dei conti Ue nel ribadire la compenetrazione fra le due tipologie di inquinamento non può che rimarcare le difficoltà di valutazione dei progressi conseguiti nella riduzione dell’inquinamento acustico dal momento che il monitoraggio delle emissioni sonore: “è lacunoso e tardivo nella maggior parte degli Stati membri, per cui non si riesce a definire una tendenza”.

Non solo, allo stato attuale appare alquanto improbabile che entro il 2030 si riesca a ridurre del 30% il numero di persone che sviluppano patologie a causa del rumore generato dai trasporti; “Le stime – si legge nel comunicato dell’ECA – mostrano che potrebbe scendere, nella migliore delle ipotesi, del 19 % e, nello scenario peggiore, potrebbe addirittura aumentare del 3% entro il 2030”.

Alla sbarra, per l’ECA, ci sono diversi fattori riconducibili alla governance delle città, come, lo scarso coordinamento fra le autorità preposte o il moltiplicarsi di misure di dubbia efficacia, senza contare lo scarso appeal quando non proprio la vera opposizione locale a tale misure.

Prendiamo il caso delle “zone verdi” per pedoni e ciclisti che hanno un effetto benefico limitato di riduzione degli inquinanti atmosferici e acustici perché, di fatto, spostano solo il problema da un’altra parte dove la qualità dell’aria e del rumore, addirittura, aumentano.

Oppure, il caso delle zone a basse emissione, la cui introduzione, in alcuni casi come a Barcellona o a Cracovia, hanno provocato azioni legali per discriminazione o ostacolo alla libertà di movimento finendo per essere ridimensionate o ritardate.

Né lo spettro di una procedura di infrazione europea funziona da deterrente perché il processo è lungo e non sempre efficace nel garantire il rispetto delle norme dell’UE sull’inquinamento atmosferico ed acustico nelle città sottoposte ad audit.

Alla luce di quanto emerso dal proprio audit, la Corte dei Conti Ue, raccomanda alla Commissione di valutare la fattibilità di: introdurre valori-obiettivo di riduzione del rumore e limiti al livello di rumore nella direttiva sul rumore ambientale; allineare il più possibile le soglie di segnalazione del rumore a quelle raccomandate dall’OMS.

Sono stati compiuti progressi nella lotta contro l’inquinamento urbano, ma sarebbe un errore dormire sugli allori” ha dichiarato Klaus-Heiner Lehne, il Membro della Corte responsabile dell’audit. “L’UE e i suoi Stati membri devono capire che gli obiettivi ambiziosi potranno essere raggiunti soltanto a prezzo di notevoli ulteriori sforzi”.

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