La Cassazione fa chiarezza sul presunto vuoto normativo del D.Lgs. 205/2010
L’obbligo del formulario e della sua esattezza e completezza con l’avvento del SISTRI.
I Giudici della Cassazione hanno rigettato il ricorso proposto da un Procuratore della Repubblica sul caso di un imprenditore che nel maggio 2007 aveva conferito presso l’impianto di un’azienda un quantitativo di pneumatici fuori uso accompagnati da Codice CER errato.
Il Tribunale, poiché il fatto non era previsto dalla legge come reato, dichiarò non doversi procedere, ma il Procuratore propose ricorso per Cassazione deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 256, comma 1, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in riferimento al D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e osservando che il fatto costituisce ancora reato perché il D.Lgs. 205/2010 in vigore dal 25/12/2010, ha depenalizzato l’ipotesi di cui all’art 258 c. 4 t.u. cit., in quanto le vecchie sanzioni relative al formulario di trasporto dei rifiuti sono state sostituite dalla nuova normativa in materia di SISTRI.
La Cassazione con la seguente Sentenza fa chiarezza sul presunto vuoto normativo innescato dal D.Lgs. 205/2010, circa l’applicabilità delle sanzioni per SISTRI o registri e formulari, ribadendo che con l’art. 4, comma 2, del D.Lgs. 121/2011 il legislatore ha appunto inteso colmare il vuoto che si era creato o, meglio, porre rimedio alla nuova situazione normativa, ponendo nuovamente norme penali per sanzionare quelle stesse violazioni o, meglio, disponendo che riprendessero vigore quelle norme penali precedentemente abrogate. Tuttavia, secondo il principio costituzionale di legalità e di irretroattività delle norme penali, tale nuova efficacia decorre ex nunc e non ex tunc. Inoltre, per seguire una interpretazione adeguatrice che non ponga il risultato dell’esegesi in possibile contrasto, questa efficacia retroattiva può essere conferita mediante l’attribuzione alla disposizione di una natura di norma penale interpretativa, con la conseguenza della applicabilità della norma penale più favorevole per i fatti commessi prima del 16 agosto 2011.
Di seguito la sentenza.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di *****;
avverso la sentenza emessa il 10 novembre 2011 dal giudice del tribunale di ****** nei confronti di *****;
udita nella pubblica udienza del 17 giugno 2014 la relazione fatta dal Consigliere *******;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. *****, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
Svolgimento del processo
A ****** venne contestato il reato di cui all’art. 256 comma 1° lett. a) e comma 2° del d.lgs. n. 152/2006 perché in qualità, di legale rappresentante della ditta “*******”, aveva conferito presso l’impianto della ditta “*****” rifiuti non pericolosi (pneumatici fuori uso), aventi codice CER diverso da quello 160106 (indicato nel formulario di trasporto), e che conferiva alla medesima ditta frammisti a carrozzerie di veicoli fuori uso (commesso il 25.5.2007).
Il giudice del tribunale di *****, con la sentenza in epigrafe, dichiarò non doversi procedere perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Osservò che era intervenuta una depenalizzazione ad opera del d. lgs. 3.12.2010 n. 205, rimanendo come reato solo il trasporto di rifiuti pericolosi, non accompagnato dalla copia cartacea della scheda SISTRI.
Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di ******* propone ricorso per cassazione deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 256, comma 1, d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, in riferimento al d. lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. Osserva che il fatto costituisce ancora reato perché: – il d. lgs. 3 dicembre
2010, n. 205, entrato in vigore il 25/12/2010, ha depenalizzato l’ipotesi di cui all’art 258 c. 4 t.u. cit., in quanto le vecchie sanzioni relative al formulario di trasporto dei rifiuti sono state sostituite dalla nuova normativa in materia di SISTRI. In particolare, secondo la novella, il sistema SISTRI istituisce, di regola, per la raccolta ed il trasporto di rifiuti, l’obbligo della scheda SISTRI che sostituisce l’obbligo del formulario: l’inosservanza di questo obbligo è sanzionata con le nuove disposizioni dell’art. 260 bis che sostituiscono la sanzione prevista dalla vecchia formulazione dell’art 258 c. 4 cit.; – a fronte di questo chiaro intento del legislatore si inserisce il DM 2/12/2010 che rinvia al 1/06/2011 la piena operatività del SISTRI, con conseguente rinvio delle relative sanzioni penali previste, ai sensi del disposto dell’art. 39 c. 1. Peraltro l’art. 6 DL 13/08/11 n. 138 ha differito al 15/12/11-9/02/12 il termine di entrata in operatività del SISTRI, differenziato secondo i diversi soggetti cui si riferisce; – ove si accedesse
alla tesi difensiva, si verificherebbe un incongruo ed inammissibile vuoto sanzionatorio, nel corso del quale sarebbe consentito il trasporto di rifiuti senza alcun obbligo e sanzione; – non appare congruo ritenere applicabile all’ipotesi de qua la sanzione amministrativa prevista dal novellato art 258 che presuppone comunque la piena operatività del SISTRI; – per rendere pertanto la attuale normativa, prima in vigore fino all’1/06/11 e ora fino a dicembre 2011, conforme all’intento di un legislatore rigoroso sul piano sostanziale della difesa dell’ambiente ma confuso ed atecnico sul piano redazionale, deve accedersi ad una interpretazione che ritenga operante l’intero vecchio impianto sanzionatorio fino
alla piena entrata in vigore del SISTRI, con una ultrattività normativa che appare connaturata alla struttura stessa della disciplina e legata al rinvio della operatività del sistema SISTRI, disposto con successivo DM; – questa impostazione ermeneutica appare l’unica che non contrasti col canone di ragionevolezza dettato dall’art. 3 Cost.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato.
Il Collegio invero ritiene che debba essere confermato l’indirizzo secondo cui: «Il trasporto di rifiuti pericolosi senza il prescritto formulario o con un formulario con dati incompleti o inesatti non è più sanzionato penalmente né dal nuovo testo dell’art. 258, comma quarto, del d.lgs 3 aprile 2006 n. 152 (come modificato dall’art. 35 del d.lgs 3 dicembre 2010, n. 205) – che si riferisce alle imprese che trasportano i propri rifiuti e che prevede la sanzione penale per altre condotte (in particolare, per chi, nella predisposizione di certificati di analisi di rifiuti, fornisca false indicazioni sulla tipologia del rifiuto o fa uso del certificato falso) – né dall’art. 260 bis del medesimo d.lgs n. 152 (come introdotto dall’art. 36 del d.lgs 205 del 2010), che punisce il trasporto di rifiuti pericolosi non accompagnato dalla scheda Sistri»;
«Il trasporto di rifiuti non pericolosi eseguito in assenza del prescritto formulario o con il corredo di un formulario inesatto o incompleto è sanzionato dall’art. 258 D.Lgs. n. 152 del 2006, e non come reato ma come illecito amministrativo dalle previsioni del D.Lgs. n. 205 del 2010 che disciplina il nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti (S.I.S.T.R.I.)».
È vero che è stato anche affermato che «In tema di trasporto di rifiuti pericolosi eseguito senza formulario ovvero con formulario recante dati incompleti o inesatti, la parziale depenalizzazione prevista dal D.Lgs. n. 205 del 2010 è stata differita al momento in cui acquisterà piena operatività il nuovo sistema informatico di tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), per effetto dell’art. 4, comma secondo del D.Lgs. n. 121 del 2011, disposizione quest’ultima che – avendo natura di norma interpretativa e non innovativa – si applica anche ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore (16 agosto 2011), senza dar luogo a violazione del principio di irretroattività della legge incriminatrice».
Sennonché, deve innanzitutto osservarsi che questa interpretazione ha ad oggetto il trasporto di rifiuti pericolosi, e quindi non riguarda il caso in esame, in cui è stato contestato il trasporto di rifiuti non pericolosi. Del resto, va anche ricordato che già secondo la normativa previgente alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 205 del 2010, le violazioni relative ai rifiuti non pericolosi integravano solo un illecito amministrativo.
In ogni caso, quand’anche non si condividesse questa interpretazione, deve ritenersi che le modifiche introdotte dal d. lgs. n. 205 del 2010, eliminando dall’art. 258, comma 4, il riferimento al trasporto di rifiuti senza formulario o con formulario contenente dati incompleti o inesatti abbia sottratto tali condotte alla sanzione penale. Vi sarebbe stato quindi un vuoto normativo (sempre che tale si potesse considerare, dal momento che in materia penale tutte le condotte non qualificate come illecite da una specifica norma penale sono positivamente qualificate come lecite, potendosi perciò configurare solo una c.d. lacuna ideologica, ovvero la mancanza di una norma che si vorrebbe che ci fosse) nel periodo
intercorrente tra il 25 dicembre 2010, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 205 del 2010, ed il 16 agosto 2011, data che segna l’inizio della vigenza dell’intervento c.d. riparatore effettuato con l’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 121 del 2011, con conseguente applicabilità dell’art. 2 c.p.. Ritiene questo Collegio che a tale disposizione non possa attribuirsi se non una natura di norma penale innovativa, con la conseguenza della applicabilità della norma penale più favorevole per i fatti commessi in epoca antecedente al 16 agosto 2011. Non può invece attribuirsi alla disposizione natura di norma interpretativa con conseguente effetto retroattivo e reviviscenza anche per il passato di una norma sanzionatrice penale già espressamente abrogata dal legislatore con cessazione della sua efficacia. Il tutto inoltre senza nemmeno una esplicita manifestazione di volontà del legislatore (di cui peraltro sarebbe seriamente dubbia la conformità all’art. 25 Cost.), ma attraverso un intervento dell’interprete che, per colmare presunte lacune, attribuisce natura interpretativa alla disposizione penale. Come finisce per riconoscere anche la tesi contraria parlando di «intervento riparatore» diretto a colmare il «vuoto normativo», non sembra potersi porre in dubbio che con il d. lgs. n. 205 del 2010 vi era effettivamente
stata una abrogazione e si era effettivamente creato un c.d. «vuoto normativo» (come del resto pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza prevalente di questa Corte dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 205 del 2010). Del resto è noto che l’effetto abrogativo opera automaticamente al momento dell’entrata in vigore della norma abrogatrice. Il futuro legislatore può certamente successivamente abrogare la norma abrogatrice e disporre la reviviscenza della norma precedentemente abrogata, ma se si tratta di norma penale la norma potrà tornare in vigore solo dal momento dell’entrata in vigore della norma che, per così dire, l’ha richiamata in vita attraverso l’abrogazione della norma che l’aveva abrogata. Ora, con l’art. 4, comma 2, del D.Lgs. n. 121 del 2011 il legislatore ha appunto inteso colmare il vuoto che si era creato o, meglio, porre rimedio alla nuova situazione normativa, ponendo nuovamente norme penali per sanzionare quelle stesse violazioni o, meglio, disponendo che riprendessero vigore quella norme penali precedentemente abrogate. Ma, in forza del principio costituzionale di legalità e di irretroattività delle norme penali tale nuova efficacia non può che decorrere ex nunc e non ex tunc. Né questa efficacia retroattiva può essere conferita mediante l’attribuzione alla disposizione di una natura di norma meramente interpretativa, anche per la necessità di seguire una interpretazione adeguatrice che non ponga il risultato dell’esegesi in possibile contrasto
con l’art. 25 Cost. e col principio di irretroattività della norma penale sanzionatoria.
In conclusione, il ricorso del pubblico ministero deve essere rigettato.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 17 giugno 2014.