UNA RISORSA CHIAMATA RICICLO
Quando l’economia e l’ambiente beneficiano di buone pratiche e comportamenti virtuosi da parte del settore industriale
La notizia non è certo di quelle da prima pagina, nel senso che, qualche ecologista da sempre in prima linea e diversi organi di informazione impegnati su questo fronte, già da parecchi anni riempivano comunicati stampa e colon- ne di articoli, riflessioni ed appelli per il “rilancio”, o meglio, il “lancio” del riciclo. Convegni, Seminari, Tavole Rotonde, dibattiti pubblici e concertazioni private, sin dai primi anni ’90 hanno sviscerato la questione da tutti i punti di vista possibili, limitandosi, però, molto spesso, a produrre semplici dichiarazioni di intenti e tonitruanti slogan buoni solo per riempire striscioni, manifesti, o la cassetta delle lettere di cittadini locupletati dalle possibilità lasciate intravedere da amministratori locali, magari pure interessanti, in linea di principio, tuttavia impegolati in mille questioni burocratiche e di ordine politico. Eppure, già con la ratifica del Protocollo di Kyoto (nel 2002) il nostro Paese si è impegnato a ridurre la propria quota di emissioni di gas-serra e, una delle strategie perseguibili, accanto alla riduzione dei consumi energetici, al rinnovamento delle fonti energetiche stesse, ad una ridefinizione dei livelli di mobilità secondo logiche di sostenibilità ambientale, è proprio quella del riciclo, inteso come opportunità di captazione di materiale da reintrodurre nei cicli produttivi, senza partire dall’acquisto e dalla trasformazione di nuova materia prima (con enorme dispiego di energia).
Se per troppo tempo il settore pubblico ha peccato di ritardi, mancati incentivi economici e propulsivi (si pensi all’enorme ritardo con cui l’Italia ha recepito e reso operativa la Direttiva UE sul Green Public Procurement o “Acquisti Verdi” che dir si voglia), è pur vero che una spinta alla buon pratica del riciclo è venuta proprio dal settore privato, da quel comparto industriale ed artigiano, che, anche solo per mere questioni di risparmio e profitto, da sempre cerca di ottimizzare i costi, producendo anche benefici ambientali. Col tempo anche gli Enti Locali, ormai gestiti come vere e proprie imprese pubbliche, hanno intuito la necessità di spingere verso questa pratica, non foss’altro che per migliorare i propri servizi di nettezza urbana ed incidere meno invasivamente sulle tasche dei cittadini. Ebbene, nell’ultimo mese, due notizie hanno riportato all’attenzione della col- lettività i risultati e i numeri del riciclo in Italia. Ne riportiamo di seguito una sintesi ragionata, tentando di offrire ai lettori del Notiziario una più ampia informazione circa lo stato dell’arte del riciclo nel Bel Paese. Il riciclo ecoefficiente: performance e scenari economici, ambientali ed energetici Il Rapporto, curato da Duccio Bianchi, dell’Istituto di Ricerche Ambiente Italia nell’ambito di Kyoto Club e promosso da CIAL, COBAT, COOU, CNA, CORE- PLA, FEDERAMBIENTE, FISE UNIRE e MP AMBIENTE, in collaborazione con la XIII Commissione Ambiente, Ter- ritorio e Beni Ambientali del Senato della Repubblica, è stato presentato il 21 ottobre presso la Sala dell’ex Hotel Bologna (Roma) e consta di una ricerca sull’economia del riciclo nel mercato globale, in riferimento alla situazione italiana. Orbene, dallo studio emerge che l’industria del riciclo italiana, nel 2007 è cresciuta del 17,2%, in netta contro- tendenza con gli altri comparti e, nel quinquennio 2000-2005, ha visto aumentare le imprese del 13%. Se queste si attestano, oggi, sulle 2.500 unità, anche dal punto di vista occupazionale i trend sembrano seguire le più rosee previsioni, infatti i 13.000 occupati nel settore nell’anno 2005, sono aumentati, nel 2007, del 47%. “Le attività di recupero e riciclo costituiscono oggi una risorsa fondamentale del sistema industriale, a livello italiano ed internazionale – si legge nella sintesi del Rapporto – negli ultimi anni si è assistito a un vero e proprio “boom” della commercializzazione delle “materie prime secondarie” e, grazie agli effetti della globalizzazione dei mercati, alla nascita di un flusso di esportazione di queste ultime verso i Paesi emergenti (Cina e India fra tutti)”. Sempre secondo il Rapporto, i dati 2007 vedono, nel nostro Paese, avviate a recupero e riciclo circa 52 milioni di tonnellate di rifiuti (una cifra pari al doppio della quantità di RSU prodotti annualmente). Sono evidenti, a questo punto, i vantaggi per l’ambiente derivanti dalla riduzione indotta di risorse rinnovabili e non, dalla riduzione di consumi energetici e idrici utilizzati nei processi produttivi, e dalla riduzione delle emissioni climalteranti, più o meno direttamente imputabili a questi ultimi. “Basti pensare – cita il Rapporto – che per la produzione di acciaio, alluminio piombo e carta, oltre il 50% degli input produttivi è costituito da scarti o rifiuti avviati a riciclo, mentre per alcuni tipi di vetro si può raggiungere anche il 95%”. Analizzando, poi, i dati relativi all’incidenza che la filiera del recupero/riciclo determina sui consumi energetici, il Rap- porto indica che la quantità di rifiuti avviati a recupero e riciclo sono equi- valenti ad un minor consumo di energia per 15 milioni di TEP (tonnellata di petrolio equivalente) che si traducono in minori emissioni di CO2 per 55 milioni di tonnellate equivalenti. Spingendosi oltre, lo studio “Il riciclo ecoefficiente” prende in considerazione gli apporti decisivi che l’attività virtuosa potrebbe garantire in vista degli ambiziosi obiettivi stabiliti per l’Italia dal programma “20-20-20” dell’Unione Europea. Infatti, ipotizzando per il 2020 un ulteriore sviluppo dell’intero comparto e dei suoi volumi con una crescita del 15% rispetto ai livelli attuali, si potrebbe rag- giungere al seguente doppio risultato: • riduzione dei consumi energetici di oltre 5 milioni di tep, pari al 32% dell’obiettivo nazionale di efficienza energetica al 2020; • riduzione delle emissioni di CO2 di oltre 17 milioni di tonnellate, pari al 18% dell’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni al 2020. “Il sistema del recupero-riciclo – ha so- stenuto Duccio Bianchi – ha dato vita ad un vero e proprio comparto industria- le, tecnologicamente e ambientalmente avanzato, in grado di coniugare le esigenze della tutela con quelle dello sviluppo”. Andando ad analizzare l’intero comparto europeo, il curatore dello studio, ha dichiarato che l’industria del riciclo: “nel solo continente europeo è cresciuta, dal 2000 ad oggi, di oltre 50 punti percentuali, a ritmi tre volte superiori rispetto all’indice della produzione industriale nello stesso periodo”. “Il Rapporto – ha, infine, concluso Bianchi – analizza per ciascun materiale i risultati delle analisi ambientali e del ciclo di vita, evidenziando, inoltre, il contributo che il riciclo nel suo complesso può garantire all’Italia nel compimento degli obblighi comunitari e in termini di beneficio per l’ambiente”. Anche il Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo, nella sua prefazione al Rapporto ha sostenuto che: “i dati di questo studio evidenziano come l’economia del riciclo contribuisca in maniera sostanziale all’ecoefficienza generale del sistema. Le politiche messe in atto dal nostro Paese, per il raggiungimento di obiettivi di tutela ambientale nel settore del recupero e del riciclo, hanno saputo trasformare potenziali vincoli in straordinarie opportunità sul versante industriale. Tutto questo determina, non solo l’espansione del settore riciclo in termini di fatturato, ma anche una grande opportunità di crescita dell’occupazione”. Concetti, questi, ribaditi anche da Carlo Montalbetti, Direttore Generale COMIE- CO, nonché coordinatore del Gruppo di Lavoro Recupero e Riciclo di Kyoto Club, il quale, alla presentazione dello Studio, ha dichiarato: “L’economia del recupero-riciclo contribuisce in maniera sostanziale all’esigenza dello sviluppo economico, alla tutela dell’ambiente ed è in linea con gli obiettivi previsti dalla comunità europea”. “Il sistema dettagliatamente analizzato nel Rapporto – ha proseguito – determina significativi risparmi energetici e di uso di risorse non rinnovabili e, contemporaneamente, consente note- voli riduzioni di emissioni di anidride carbonica”. “È necessario – ha infine concluso – che le istituzioni diano il giusto sostegno a un comparto industriale che fa bene all’ambente e contribuisce allo sviluppo del Paese”. L’Italia del recupero 2008 L’atteso e ormai famoso Rapporto a cura di FISE UNIRE (L’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del settore recupero rifiuti), giunge puntuale durante la 12a edizione della Fiera Internazionale del Recupero di Ri- fiuti, Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile, ECOMONDO. Fotografando in pochi spot la situazione italiana (dati 2007), il Rapporto evidenzia tre situazioni: 1. aumentano i quantitativi di rifiuti avviati al riciclo; 2. continuano le importazioni da Paesi terzi di “materie prime riciclate”; 3. il settore dei recuperatori si conferma come strategico per lo sviluppo dell’industria nazionale, ma già da oggi sta subendo i primi effetti negativi della crisi dei prezzi delle materie prime. Anche FISE UNIRE sottolinea la crescita del comparto del recupero-riciclo, rispetto ad altri settori produttivi italiani. La percentuale di crescita, secondo l’Associazione, è pari all’8,2% contro una contrazione della produzione industriale dell’1,6%. Sono 35 i milioni di tonnellate di materiali recuperati che il mercato del riciclo produce ogni anno, materiali che, di fatto, sono sostitutivi delle materie prime vergini e di cui, in particolare: • 20 milioni di tonnellate sono costituite dal metalli vari, • 5,5 milioni di tonnellate da carta e cartone, • 4,8 milioni di tonnellate da legno, • 1,8 milioni di tonnellate da vetro, • 1,3 milioni di tonnellate da plastiche. Il comparto dei recuperatori privati, determina il suo apporto su un quantitativo di rifiuti raccolti pari ad oltre 23 milioni di tonnellate. Stante queste cifre, il Rapporto di FI- SE UNIRE conferma che anche nel 2007 l’Italia è stata Paese importatore di materie prime seconde riciclabili: i quantitativi di rifiuti avviati a recupero sono, infatti, ancora superiori al totale della raccolta differenziata in quasi tutti i settori industriali, tranne per la carta, per la quale, già da qualche anno si registra un’interessante esportazione del macero raccolto. La dinamica di continua e costante importazione di materiali recuperati, significa che il mercato nazionale ha ancora ampi spazi per lo sviluppo di una più puntuale raccolta dei rifiuti. Inoltre, le percentuali crescenti relative al riutilizzo del materiale riciclato (rispetto a quello vergine), ci danno la stima di come il settore del recupero costituisca un giacimento potenzialmente in forte crescita di materie seconde che, in caso contrario, occorrerebbe importare o produrre (con evidenti aggravi per l’economia delle imprese e notevoli impatti per l’ambiente). Il Rapporto introduce una piccola nota polemica relativamente al fatto che, in Italia, il settore del recupero è formato generalmente da piccole e medie imprese che necessitano di normative chiare e precise garanzie sulle condizioni di libera concorrenza. Anche la prassi – diffusa tra gli Enti Locali – di affidare servizi di raccolta in maniera non corretta (tramite, cioè, applicazioni distorte dell’affidamento in-house), condiziona pesantemente la presenza sul mercato degli operatori privati, condizione questa che anche il Garante della Concorrenza e del Mercato, ha voluto esaminare tramite una apposita indagine conoscitiva sul settore degli imballaggi. Ma vediamo, in dettaglio, le cifre del Rapporto in riferimento alle singole tipologie merceologiche: Carta In questo settore l’Italia segue il trend positivo già riscontrato in Europa, dove i volumi dei maceri da raccolta differenziata sono raddoppiati in dieci anni. In questo contesto favorevole, il nostro Paese è già da diversi anni un esportatore di macero, soprattutto verso i Paesi asiatici, dove si concentrano le più produttive industrie del packaging. Plastica 598.000 tonnellate avviate al recupero, con una crescita del 5% rispetto al 2006. Si consideri che per ogni tonnellata di plastica avviata al riciclo, si evita la produzione di circa 3 tonnellate di CO2 equivalenti rispetto all’incenerimento, o la produzione di circa 2 tonnellate di biossido di carbonio, nel caso dell’avvio in discarica. Acciaio 411.000 tonnellate raccolte, 391.000 tonnellate riciclate per una crescita di circa 22.400 tonnellate, pari al 6%. Si consideri che il riciclaggio europeo di circa 2,5 milioni di tonnellate di imballaggi di acciaio ha evitato il rilascio in atmosfera di circa 4,7 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti. Alluminio 43.400 tonnellate recuperate (59% dell’immesso al consumo) di cui 38.600 avviate al riciclo (52% dell’immesso al consumo). La crescita del riciclo è stata del 15% nell’ultimo biennio e ha consentito la mancata emissione di 400.000 tonnellate di CO2 equivalente e un risparmio di energia pari a 144.000
tep. Legno 1.739.205 tonnellate di rifiuti da imballaggio i legno recuperate, pari al 60,82% dell’immesso al mercato. Gomma La situazione relativa ai pneumatici fuori uso (PFU) in Italia, rispecchia quella europea e mostra un trend stabile rispetto al 2007. In sostanza: 400.000 tonnellate di PFU prodotti, di cui il 24% è avviato al recupero energetico, il 12,5% è utilizzato come materia prima seconda, il 2% viene esportato, il 12,5% viene utilizzato per la ricostruzione e il 49% non viene trattato o è soggetto a destinazioni non censite. Batterie 187.623 tonnellate, recuperate con un lieve calo rispetto al 2006. Il totale delle batterie conferite co- pre solo parzialmente la capacità di trattamento degli impianti. Il piombo recuperato ha coperto oltre il 40% del fabbisogno nazionale e la reimmissione nel circuito industriale ha consentito un risparmio annuale di circa 200.000 euro. RAEE La quantità di rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche di provenienza urbana recuperata nel 2006 è stata pari alle 107.000 tonnellate. Se è riscontra- bile una crescita continua negli anni, è pur vero che l’obiettivo di 4Kg/abitante/ anno da raggiungere entro la fine del 2008 (pari a 240.000 tonnellate secondo la direttiva RAEE e il relativo D. Lgs di recepimento), è ancora lontano. Nel totale del recuperato, il 40% è costi- tuito da grandi elettrodomestici. Rifiuti inerti Ogni anno vengono prodotti in Italia circa 46.000.000 di tonnellate di rifiuti inerti e, di questi, solo il 10% viene riciclato. L’obiettivo a lungo termine previsto dalla Commissione Europea, cioè il riciclaggio a livello comunitario del 70%, appare difficilmente raggiungibile. “A fronte di un quadro tendenzialmente positivo nel recente passato – ha dichiarato Corrado Scapino, Presidente FISE UNIRE – le imprese del settore vivono oggi criticità legate alla situazione di mercato, contraddistinta da forti flessioni nelle quotazioni delle materie prime che stanno determinando condizioni di incertezza per il futuro del settore”. “Alla luce della crisi attuale – ha proseguito – è evidente che il mercato non può costituire l’unico volano per lo sviluppo di questo comparto: appare, quindi, ancor più necessario puntare sull’efficienza, sulla qualità, sul contenimento dei costi, dei servizi e considerare, per le filiere di recupero la cui responsabilità ricade sui produttori iniziali dei beni, più stringenti meccanismi di polluter pays (ndr: chi inquina paga) e, comunque, basati sul principio di sussidiarietà”.