I costi sono alti, ma l’italiano non rinuncia all’auto
Tutte le criticità della mobilità italiana nel Libro Bianco sulla Mobilità e i Trasporti, realizzato da Eurispes.
Gli italiani sono costretti ad utilizzare l’auto privata per i propri spostamenti a causa delle infrastrutture italiane che non sono più in grado di rispondere alle esigenze di mobilità dei cittadini.
Emergono tutte le criticità, tipicamente italiane, dal Libro Bianco sulla Mobilità e i Trasporti, realizzato da Eurispes, che mostra come alla rapida e disordinata crescita delle città, il cosiddetto Sprawl Urbano, non siano seguite soluzioni politiche, collettive e organizzate, in grado di soddisfare la domanda di mobilità.
L’insufficienza del trasporto pubblico locale ha determinato la preminenza del trasporto privato su quello collettivo e pubblico e l’auto di proprietà è passato da bene familiare a bene individuale indispensabile e quindi, o insieme, status symbol.
In Italia sono infatti oltre 600 le automobili ogni 1000 abitanti con i picchi costituiti dalle aree metropolitane di Roma e Firenze che ne registrano oltre 700 ogni mille abitanti.
La carenza di un TPL efficiente diventa un costo per le tasche delle famiglie italiane.
Tra assicurazione, parcheggi e pedaggi autostradali, mantenere un’auto di media cilindrata costa a chi la possiede oltre 4.500 euro l’anno, una spesa che rappresenta tra il 12% e il 25% del reddito medio netto delle famiglie italiane (a seconda che si possegga una o più auto). Per non parlare dei costi sociali rappresentati dagli incidenti stradali, dagli effetti delle emissioni inquinanti e dell’inquinamento acustico derivanti: ben 750 euro l’anno per ogni cittadino europeo. Per una famiglia italiana il trasporto privato costa 17 volte in più rispetto a quello pubblico, la cui spesa si aggira intorno all’1,2% del reddito disponibile.
Ma il trasporto pubblico in Italia non è ancora apprezzato, infatti le valutazioni degli utenti sono abbastanza negative: il 19,2% si dice per niente soddisfatto, il 25,3% poco, il 21,8% abbastanza, solo il 3,5% molto. Il treno lascia abbastanza soddisfatto il 35% del campione, poco il 20,1%, per niente il 14,7%, molto il 4,3%.
I passeggeri si lamentano per l’affollamento (66,3%) e il mancato rispetto degli orari (61,6%) e da disagi legati all’affollamento (rumorosità, 60,4%; cattiva aerazione, 56,2%).
Tutto ciò incide negativamente sull’utilizzo dei mezzi pubblici.
Il 46,2% del campione non utilizza mai autobus o tram urbani, mentre il 33,3% lo fa qualche volta, l’11,6% spesso, il 5% sempre. Più elevata risulta la percentuale di quanti non utilizzano mai la metropolitana (60,8%), anche perché solo alcune città metropolitane sono dotate di linee della metro. Viaggiare in treno non è un’abitudine frequente: il 45,2% qualche volta, il 6,8% spesso, l’1,9% sempre; il 42,9%, invece, mai. Il 53,3% del campione non si sposta mai in bicicletta, invece quasi un terzo (32,2%) lo fa qualche volta, l’8,6% spesso, il 2,6% sempre. Meno diffuso risulta l’utilizzo di ciclomotori e motocicli: il 64,9% degli intervistati, infatti, non li usa mai, il 16,7% qualche volta, l’11% spesso, il 4,4% sempre.
Il 90,1% non utilizza mai il car sharing, il 5,1% qualche volta, solo un numero irrisorio di intervistati spesso o sempre. Ancora meno usato il bike sharing, di cui ben il 92,2% non fa mai uso, il 3,3% qualche volta.
Tra i vari strumenti che potrebbero conseguire l’elevazione degli standard di efficienza e sostenibilità del modello di mobilità urbana (di merci e persone) sono stati proposti la crescita quantitativa della offerta (e la sua articolazione qualitativa), la promozione della intermodalità e una diversa regolamentazione del trasporto merci che, tra le altre misure, valorizzi l’integrazione tra operatori logistici.
Acquista però sempre maggiore rilevanza una ulteriore componente, quella applicativa, informativa e logica, che costituisce la condizione essenziale per la gestione del cambiamento di paradigma, ossia soluzioni integrate per la trasmissione e condivisione delle informazioni al cittadino.