Inquinamento atmosferico nelle città, cala ma troppo lentamente.
I dati dell’ultimo rapporto di Legambiente evidenziano un ritardo cronico in vista dei nuovi obiettivi al 2030 previsti dall’Ue. Per ridurre l’inquinamento atmosferico servono azioni coraggiose.
Ancora smog nelle città italiane, con le maggiori città del Nord che soffocano registrando il doppio degli sforamenti consentiti.
È questa la l’emergenza principale registrata dall’ultima edizione del Rapporto: “Mal’Aria di città 2023: cambio di passo cercasi” stilato da Legambiente nell’ambito della Clean Cities Campaign (NdR: coalizione europea di oltre 70 ONG, associazioni ambientaliste, movimenti di base e organizzazioni della società civile che ha come obiettivo una mobilità urbana a zero emissioni entro il 2030. La campagna sostiene la mobilità attiva, condivisa ed elettrica per un futuro urbano più vivibile e sostenibile, inclusa la graduale eliminazione dei veicoli con motore a combustione interna dalle città).
Il report (che fa riferimento ai dati del 2022) fotografa la situazione nei 95 capoluoghi di provincia, per quanto concerne i livelli di polveri sottili fini e ultrafini (PM10, PM2.5) e del biossido di azoto (NO2).
Ebbene, sul totale dei capoluoghi monitorati, ben 29 hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo) con le centraline di Torino (Grassi) che si piazza al primo posto con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano (Senato) con 84, Asti (Baussano) 79, Modena (Giardini) 75, Padova (Arcella) e Venezia (Tagliamento) con 70.
Queste città, scrivono da Legambiente, hanno di fatto doppiato il numero di sforamenti consentiti.
L’analisi delle medie annuali del PM10 ha pur mostrato come nessuna di esse abbia superato il limite previsto dalla normativa vigente, tuttavia, ciò non è sufficiente per garantire la salute dei cittadini, in considerazione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2030.
Per il PM10, sarebbero infatti solo 23 su 95 (24%) le città che non hanno superato la soglia di 20 µg/mc; dunque, il 76% delle città monitorate infatti (ovvero 72 su 95) superano i limiti previsti dalla futura direttiva sulla qualità dell’aria che prevede il dimezzamento della concentrazione media annuale ammissibile (dagli attuali 40 µg/mc ai 20µg/mc previsti al 2030).
Analoga situazione critica anche per il PM2.5; 71 città su 85 (84%) nel 2022 hanno registrato valori superiori a quelli previsti al 2030 dalla prossima direttiva. Monza (25 µg/mc), Milano, Cremona, Padova e Vicenza (23 µg/mc), Alessandria, Bergamo, Piacenza e Torino (22 µg/mc), Como (21 µg/mc), doppiando oggi quello che sarà il nuovo valore di legge (10 µg/mc contro i 25 µg/mc).
57 su 94 (61%) sono invece le città che, pur non superando il limite legislativo attuale per il biossido di Azoto (NO2), nel 2030 saranno fuorilegge viste le concentrazioni registrate nel 2022: infatti il nuovo limite di 20 µg/mc sarebbe stato superato nelle 57 città riportate precedentemente, con le situazioni più critiche e distanti dal nuovo obiettivo registrate a Milano (38 µg/mc), Torino (37 µg/mc), Palermo e Como (35 µg/mc), Catania (34 µg/mc) che dovranno ridurre le loro emissioni per più del 40%.
Incrociando i dati raccolti con quelli dello storico rapporto Ecosistema Urbano, Legambiente ha analizzato le variazioni percentuali delle medie annuali cercando di comprendere in che direzione si stanno muovendo le città in considerazione dei prossimi più stringenti obiettivi al 2030 e la risposta emersa non è proprio incoraggiante.
Alcune riduzioni si sono avute, è vero, tuttavia, si legge nel Rapporto: “un sistematico e costante calo delle concentrazioni non si è registrato in praticamente nessuna città. Il tasso medio di riduzione delle concentrazioni a livello nazionale è infatti solo del 2% per il PM10 e il 3% per l’NO2”. A questo punto, l’obiettivo temporale appare distante da raggiungere!
Le città più distanti dall’obiettivo previsto per il PM10, ad esempio, dovrebbero ridurre le proprie concentrazioni cittadine tra il 30% e il 43% entro i prossimi 7 anni, ma considerando i trend dell’ultimo decennio potrebbero impiegare mediamente altri 17 anni per raggiungere l’obiettivo, arrivando al 2040 anziché al 2030. Città come Modena, Treviso, Vercelli potrebbero metterci oltre 30 anni. Anche per l’NO2 la situazione è analoga e una città come Catania potrebbe metterci più di 40 anni.
Legambiente, propone, dunque, alcune “strade” per ridurre l’inquinamento dell’aria in ambito urbano:
– passaggio dalle Ztl (zone a traffico limitato) alle ZEZ (Zero Emission Zone); considerando che, come dimostrano le esperienze già in atto a Milano (Area B) e Londra (ultra Low Emission Zone), le limitazioni alla circolazione dei veicoli più inquinanti riducono le emissioni da traffico del 30% e del 40%;
– LEZ (Low Emission Zone) anche per il riscaldamento. Puntare, cioè, su riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica e privata, e sul miglioramento emissivo delle abitazioni, magari attraverso misure come il Superbonus o gli incentivi alla sostituzione delle caldaie a gas;
– potenziamento del Trasporto Pubblico e Trasporto Rapido di Massa (TRM) quadruplicando le linee e la promozione di abbonamenti integrati, come ha già fatto la Germania nell’estate del 2022;
– Sharing mobility. Incentivare la mobilità elettrica condivisa (micro, bici, auto, van e cargo bike) e realizzare nuovi Km di percorsi ciclabili;
– Ridisegnare lo spazio pubblico urbano a misura d’uomo, puntando sulla prossimità dei servizi, sulla sicurezza stradale e sulla riduzione dei limiti di velocità;
– Puntare all’elettrificazione dei trasporti anche prima del 2035.
“L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza”, ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. “In Europa, è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali e l’Italia registra un triste primato con più di 52.000 decessi annui da PM2.5, pari a 1/5 di quelli rilevate in tutto il continente. È necessario agire con urgenza per salvaguardare la salute dei cittadini, introducendo politiche efficaci ed integrate che incidano sulle diverse fonti di smog, dalla mobilità al riscaldamento degli edifici, dall’industria all’agricoltura”.
“In ambito urbano – ha proseguito – è fondamentale la promozione di azioni concrete sulla mobilità sostenibile attraverso investimenti importanti sul trasporto pubblico, il ridisegno dello spazio cittadino con pedonalizzazioni e zone 30, politiche di promozione dell’uso delle due ruote in sicurezza, la diffusione delle reti di ricarica dei mezzi elettrici, facilitando la scelta di ridurre fortemente l’uso dell’auto privata. Chiediamo al Governo, alle Regioni e ai Comuni, di mettere in campo azioni coraggiose per creare città più pulite e sicure”.