Industria nazionale automotive: la sfida della transizione ecologica tra opportunità e rischi
Federmeccanica e sigle sindacali di settore in una conferenza stampa congiunta, a Roma, chiedono, compatte, interventi ed iniziative per scongiurare diverse criticità all’orizzonte per l’industria automotive del Paese.
Più volte, in questi mesi, abbiamo avuto occasione di rimarcare come i protagonisti dell’automotive nazionale stiano da tempo allertando il Governo ed il Legislatore nazionale sugli ostacoli che si frappongono al traguardo della transizione ecologica nel quale il settore è particolarmente coinvolto.
In quest’ambito, dove gli effetti della crisi pandemica e delle misure di contenimento messe in atto si sono particolarmente accaniti sulla domanda e sulla produzione di autoveicoli, si sommano altresì i pesi dei ritardi negli approvvigionamenti di componentistica elettronica e la rivoluzione elettrica.
Senza contare le incertezze legate all’applicazione del pacchetto “Fit for 55 ” tra cui quelle, confermate anche a livello nazionale circa il phase out delle automobili nuove con motore a combustione interna che dovrà avvenire entro il 2035 (mentre per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri entro il 2040), secondo quanto annunciato dal Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica – CITE lo scorso dicembre.
Preoccupazione, quest’ultima già ampiamente sollevata anche dai fornitori di componentistica automotive europei che, pochi giorni prima dell’annuncio del CITE avevano lanciato un allarme contro i rischi, in termini di perdita di posti di lavoro, di un orientamento troppo spinto verso i veicoli elettrici.
L’ineludibilità e l’improcrastinabilità della transizione ecologica non sono per questo messe in discussione, tuttavia, affermano gli addetti ai lavori, occorre valutare prospettive di lavoro ed iniziative politiche il più possibile condivise per affrontare un momento storico nel quale le opportunità di sviluppo si affiancano a gravi rischi.
Per questo, ieri, a Roma, Federmeccanica, FIM-Cisl (Federazione Italiana Metalmeccanici), UILM–Uil (Unione Italiana Lavoratori Metalmeccanici) e FIOM-Cgil (Federazione Impiegati Operai Metallurgici), hanno dato vita ad una Conferenza Stampa congiunta con l’obiettivo di incontrare urgentemente il Presidente del Consiglio e i Ministri competenti dell’Economia e delle Finanze, del Lavoro e delle Politiche Sociali, dello Sviluppo Economico e della Transizione Ecologica per: “valutare assieme le condizioni e le possibili iniziative da attivare in merito ad alcune questioni cruciali, emerse dall’Osservatorio Automotive che è stato costituito da Federmeccanica e FIM-Cisl, FIOM-Cgil, UILM-Uil appositamente per monitorare e prevedere i potenziali scenari futuri”.
Lo scenario, hanno ricordato i protagonisti dell’evento, è quello di un’industria automotive nazionale in affanno con numeri in caduta libera dall’oltre 1,8 milioni di veicoli prodotti nel 1997 alle appena 700.000 unità del 2021 di cui meno di 500.000 autovetture e che, però, vale un fatturato di 93 miliardi di € pari al 5,6% del Prodotto Interno Lordo.
Non solo, oltre 2.000 imprese che contano 180.000 lavoratori sono impegnate nel solo comparto della fabbricazione di autoveicoli, rimorchi e semirimorchi ed è proprio in questo comparto che si realizza il 7% delle esportazioni metalmeccaniche nazionali per un valore di 31 miliardi €.
Lo spettro che agita industria e lavoratori è proprio il prossimo, relativamente, vicino, stop alla vendita di auto con motori a combustione interna il cui effetto, se non tamponato da appositi interventi di compensazione, potrebbe mettere a rischio circa 73.000 posti di lavoro dei quali (secondo quanto stimato da Anfia e CLEPA-PWC), 63.000 nel periodo 2025-2050, praticamente “dopodomani”.
La necessità di scongiurare il rischio della deindustrializzazione di un settore-chiave dell’economia nazionale ha mosso, quindi le diverse sigle sindacali e industriali del settore a rimarcare l’urgenza di riflettere, insieme e sollecitare iniziative su:
– interventi di regolamentazione del settore Automotive nel quadro delle transizioni e della relazione con gli attori istituzionali;
– impatti specifici per il territorio italiano;
– risorse e governance per le politiche industriali che, sulla base di competenze specifiche, possano contribuire ad: attivare le sinergie di una filiera ramificata, promuovendo dimensioni e cultura di impresa compatibili con le sfide del settore; gestire le crisi industriali già aperte; attivare investimenti di sostegno alla domanda verso le tecnologie compatibili con il Green Deal e, parallelamente, all’introduzione di vincoli alle emissioni; attivare investimenti di sostegno all’offerta tanto per la difesa dell’attuale capacità installata e dell’occupazione, quanto per l’attrazione di nuovi investimenti produttivi nel contesto competitivo, così come per il sostegno alla ricerca e sviluppo di prodotti in gradi di valorizzare le eccellenze italiane in materia di stile e tecnologia;
– ammortizzatori sociali per accompagnare le transizioni in atto, di breve e di lungo periodo;
– fabbisogni e le disponibilità di competenze tra education e formazione di accompagnamento alla trasformazione.
“È la prima volta in assoluto che Federmeccanica insieme a Fim, Fiom, Uilm presentano un documento comune sull’automotive – ha dichiarato sottolineando l’eccezionalità dell’evento Francesca Re David, Segretaria generale Fiom-Cgil – Questo dimostra la straordinarietà della situazione della crisi dell’automotive in Italia, sono a rischio oltre 70 mila posti di lavoro”.
“Gli interventi urgenti che chiediamo al Presidente Draghi e ai Ministri del Lavoro, dello Sviluppo Economico, della Transizione Ecologica e dell’Economia – ha sottolineato il Segretario Generale Uilm, Rocco Palombella – riguardano misure strutturali che accompagnino nel breve e lungo periodo il processo di transizione ecologica, come l’utilizzo degli oltre 10 miliardi previsti dal PNRR per valorizzare e rendere competitiva l’intera filiera dell’auto, partendo dal sostegno alla domanda con incentivi permanenti, investimenti sulla rete infrastrutturale e per l’attrazione di nuove realtà produttive ecosostenibili”.
“È necessario che imprese, sindacati e istituzioni lavorino insieme per gestire e guidare il cambiamento senza subirlo, al fine di difendere e valorizzare un patrimonio italiano – ha dichiarato Federico Visentin – Presidente Federmeccanica – Ci aspettiamo che il Governo riconosca il valore di questa unità di intenti delle parti sociali e che voglia con noi tradurla in unità di azione per il bene comune”.