La transizione elettrica dei motori non deve mettere in crisi l’occupazione
Dai fornitori di componentistica automotive europei l’allarme contro i rischi di un orientamento troppo spinto verso gli EV: serve un approccio misto.
Il futuro dei trasporti e della mobilità a basse e a bassissime emissioni è già iniziato, ma occorre lavorare non solo sulla spinta ai motori elettrici dal momento che tutto il comparto dei fornitori automotive è ancora molto legato ai sistemi di propulsione tradizionali e il rischio di perdita occupazionale è molto alto nel breve periodo.
Lo affermano da CLEPA – Associazione europea dei fornitori automobilisitici che, recentemente ha commissionato un’analisi a PwC Strategy&, società di consulenza strategica globale, relativamente ad una valutazione dell’impatto di tre diversi scenari relativi alle politiche del Green Deal sull’occupazione e sul valore aggiunto tra i fornitori di tutta Europa (area Ue + Paesi EFTA + Regno Unito) nel periodo 2020-2040.
I tre scenari proposti e analizzati prevedevano:
– un approccio tecnologico misto;
– l’attuale indirizzo concentrato solo sui veicoli elettrici così come da Pacchetto “Fit for 55”;
– uno scenario di accelerazione radicale degli EV.
Tutti e tre gli scenari presuppongono il ricorso ad una forte accelerazione dell’elettrico per autotrazione in vista del raggiungimento degli obiettivi climatici ed un conseguente aumento delle quote di mercato degli EV al 2030 secondo i diversi orizzonti: oltre il 50% nel primo; quasi l’80% nel secondo e vicino al 100% nel terzo.
Il quadro industriale di riferimento vede il settore manifatturiero automobilistico quale responsabile di oltre il 5% dell’occupazione manifatturiera complessiva in 13 Stati membri dell’UE, con oltre il 60% di questi lavoratori impiegati da fornitori di autoveicoli. L’analisi proposta (la prima del suo genere, peraltro), fornisce una valutazione molto interessante e identifica i rischi e le diverse opportunità nei sette principali Paesi di produzione di componentistica per autoveicoli: Germania, Spagna, Francia, Italia, Repubblica Ceca, Polonia e Romania.
Non è un aspetto da sottovalutare, questo, perché se è pur vero che i grandi produttori automobilistici hanno maggior capacità di assorbire e gestire le fluttuazioni del mercato, non vale altrettanto per i fornitori automobilistici; un tessuto di aziende specializzate e centinaia di PMI con minor accesso al capitale da investire nella trasformazione dei loro modelli di business.
Ebbene, secondo i risultati dell’analisi se la strada dell’elettrificazione dei mezzi di trasporto è necessaria per raggiungere gli obiettivi di contenimento del climate change è anche vero che qual ora la strategia di decarbonizzazione dovesse basarsi esclusivamente sui veicoli elettrici con la messa al bando dei motori a combustione interna dal 2035, le conseguenze a breve dal punto di vista occupazionale sarebbero drammatiche con la perdita di mezzo milione di posti di lavoro nell’Ue: sarebbero 501.000 i posti di lavoro obsoleti per fornitori di auto nella produzione di componenti per motori endotermici.
Di questi, il 70% (359.000) molto probabilmente andrà perso in soli 5 anni dal 2030 al 2035, evidenziando la necessità di gestire notevoli impatti sociali ed economici in un brevissimo lasso di tempo.
Non solo, spiega lo studio, considerando pure la creazione di nuovi posti di lavoro (226.000) previsti nella produzione di batterie (ma nel caso bisognerebbe considerare la creazione di una apposita catena di produzione e approvvigionamento delle materie prime che per il momento è ancora di là da venire), questi non riuscirebbero ad assorbire completamente la perdita dei posti di lavoro prevista da qui al 2040, ben 275.000 (-43%).
E ancora, considerano da CLEPA, occorre sottolineare che qual ora si addivenisse ad una catena europea della produzione/assemblaggio di batterie per autotrazione non è detto che le singole attività si potranno svolgere con le stesse aziende di oggi o negli stessi Paesi perché in gioco ci sarebbero competenze significativamente diverse rispetto alla tecnologia di trasmissione prevista nei motori ICE e quindi non è detto che le nuove opportunità di lavoro possano favorire la maggior parte dei fornitori automobilistici orientati alla trasmissione; in particolare quelle PMI che impiegano circa il 20% delle persone che lavorano nel settore delle forniture automobilistiche.
Di qui la necessità, suggerisce lo studio di pensare alla mobilità del prossimo futuro con un “approccio tecnologico misto” che: “dovrebbe includere una rapida elettrificazione con energia pulita e rinnovabile, abbinata ad una tecnologia a combustione pulita, con combustibili rinnovabili sostenibili”, così si è espresso Sigrid de Vries, Segretario Generale CLEPA.
“Ci sono ulteriori opzioni rispetto alle emissioni zero allo scarico – ha proseguito – e bisogna riconoscere il ruolo che i carburanti a impatto zero sul clima possono giocare nella riduzione delle emissioni, preservando la scelta dei consumatori, l’accessibilità e il mantenimento della competitività globale dell’Europa. Il nemico qui non è la tecnologia, ma piuttosto i combustibili fossili e l’apertura tecnologica sarà fondamentale per realizzare una transizione giusta”.
Sul fronte nazionale un commento allo studio è arrivato dall’Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica per voce di Marco Stella, Presidente del Gruppo Componenti ANFIA e Vice Presidente di ANFIA: “La filiera della componentistica ha oggi in Italia un peso economico e occupazionale rilevante, considerando che i prodotti di questo comparto sono esportati e apprezzati in tutto il mondo – il saldo della bilancia commerciale è positivo per circa 5,5 Mld € l’anno. La catena di fornitura italiana ed europea è fortemente integrata a livello internazionale, una caratteristica di cui l’approccio europeo alla decarbonizzazione della mobilità deve tener conto, ricordando l’importanza strategica di difendere la competitività del settore per il futuro della nostra industria e, in definitiva, delle nostre economie. Sostenere i produttori di componenti in Italia nell’affrontare la transizione verso la mobilità a zero emissioni significa anche comprendere le attuali difficoltà del 30% circa di essi, che sono ancora concentrati sulle tecnologie dei motori a combustione interna e, in generale, delle PMI, che rappresentano la maggioranza del comparto, nel farsi carico di ingenti investimenti nel giro di pochi anni”.