MA QUANTO INQUINANO LE AUTO… REALMENTE?
Uno studio americano sconfessa le principali Case automobilistiche sul reale consumo di carburante e conseguente livello di CO2
Da diversi anni il suffisso “eco” è diventato la chiave d’accesso per il mercato dei beni e dei prodotti, ivi compresi quelli che, per loro natura, eco non lo sono mai stati, come le automobili.
Non c’è spot o réclame che non vanti le prestazioni minime, gli impatti bassissimi, i consumi frugali di questo o quel motore, giocando abilmente (potenza del linguaggio delle immagini) con scenari naturalisticamente parlando, esaltanti, nonché suoni e colori evocativi.
Il mercato, si sa, cavalca l’onda del bisogno e in un’epoca che ha metabolizzato alcuni principi di sostenibilità, i compratori (anche in considerazione di limitazioni alla circolazione e fluttuazioni preoccupanti del costo dei carburanti), sono più attenti al prodotto.
E chi produce ha, da subito, mangiato la foglia (letteralmente)!
Risultato: mentre il mercato mondiale dell’auto annaspa, da tutte le case c’è la corsa a chi la “spara” più grossa in termini di efficienza dell’automezzo.
Ma siamo pur sempre nell’era della comunicazione digitale e quello che per anni è stato solo appannaggio di pochi stimolatori del dibattito pubblico (lettori e appassionati di motoristica che si impegnano nella circuitazione gratuita e volontaria di giudizi e voti sulla stampa), oggi – mercé le possibilità di blog e social network – è prassi diffusa e virale.
Il che significa che, anche sui siti dei principali quotidiani del Paese, da tempo circolavano lamentele circa la non corrispondenza fra consumi dichiarati e consumi effettivi e per un po’ le Case automobilistiche hanno fatto “melina”.
Tuttavia, la percezione comune ha trovato una conferma in un recente Studio dell’International Council on Clean Transportation – ICCT: “From Laboratory to road: a comparison of official and “real-world” fuel consumption and CO2 values for cars in Europe and the United States”.
Ebbene, come già riportato sui quotidiani La Repubblica e Il Corriere della Sera, lo Studio ICCT palesa la proverbiale “nudità del re” che, in termini pratici significa che i consumi reali delle auto sono più alti rispetto a quelli dichiarati dalle Case!
Non son bruscolini, perché, a conti fatti la differenza costa ai guidatori una media di 300 Euro l’anno in carburante.
Nello specifico, lo Studio, che ha preso in esame i principali costruttori USA ed europei, ha evidenziato scarti:
• dal 25 al 30% per Bmw, Audi, Opel e Mercedes,
• dal 20 al 25% per Fiat, Wolkswagen e Ford
• circa il 15% per Renault, Peugeot-Citroën e Toyota.
La ragione di tale differenza è semplice, a pensarci bene: i test di omologazione.
Di fatto, le Case testano le prestazioni delle loro auto attraverso un protocollo di indagine che risale al 1980 chiamato Nedc, acronimo di New European Driving Cycle, secondo il quale – come riportato da La Repubblica – prevede che in una simulazione-tipo su rulli della durata di 1.180 secondi (circa 20’), 780 siano i secondi dedicati alla rilevazione “su percorso urbano”; 400 siano i secondi dedicati alla rilevazione “su percorso extraurbano”, infine, per un massimo di 10 secondi si analizza il comportamento dell’auto alla velocità di 120 Km/h.
Fin qui nulla di male se, come ha rivelato Transport & Environment, le condizioni di rilevamento dei consumi e delle emissioni non fossero falsate da vari “trucchetti” messi in atto dalle Case (come, ad esempio, togliere l’aria condizionata e utilizzare modelli d’auto talmente privi di accessori da essere totalmente ideali).
Insomma, a conti fatti, le simulazioni di guida che dovrebbero testare le prestazioni ecologiche degli autoveicoli son ben distanti dalla realtà del loro utilizzo effettivo, come più volte evidenziato pure dalla stampa specializzata e dai commenti arrabbiati dei lettori.
I quali, tra l’altro, risultano doppie vittime di questa diffusa campagna di comunicazione globale che sfiora la mendacia, perché, a ben pensarci, magari, come acquirenti consapevoli della necessità di un rinnovo del parco auto con prodotti più performanti, hanno comperato prodotti sullo stimolo della pubblicità; come persone, risultano vittime di un sistema industriale e tecnologico che preferisce smarcarsi dalle responsabilità del “chi inquina, paga”.
Il tutto, in un contesto internazionale che annaspa nel promuovere iniziative di minimizzazione delle emissioni climalteranti e che, proprio a partire dalla mobilità green, vorrebbe raggiungere quegli obiettivi target che ci metterebbero al sicuro – come pianeta – dalla catastrofe climatica.
E non è tutto, secondo il direttore ICCT, Peter Mock il divario fra prestazioni ecologiche dichiarate ed effettive “aumenta in modo considerevole” nel tempo, dal momento che, secondo le rilevazioni, tale scarto, dieci anni fa era del 10%.
Eppure il progresso tecnologico avrebbe dovuto apportare notevoli migliorie in termini di prestazioni, risparmio, abbattimento dei consumi e delle emissioni.
Ovviamente, all’indomani dell’uscita pubblica del lavoro statunitense, non sono mancate le prime reazioni contrarie dalle Case europee che liquidano il Rapporto non attendibile stante il numero di veicoli commercializzati, tuttavia, le cose potrebbero cambiare.
Invero, dalle Nazioni unite, da tempo circola una proposta di adozione di un nuovo test di consumi pensato per l’applicazione su scala globale; si tratta del WLTP (Worldwide Harmonized Light Vehicles Test Procedure), il quale, secondo l’ICCT ed altre associazioni ambientaliste: “darebbe risultati più aderenti alla realtà”.
La strada per l’applicazione della procedura, però è tutt’altro che diritta, dal momento che – proprio “in casa nostra” – il Parlamento europeo ha deciso di introdurre il WLTP dal 2017, ma alcuni Paesi spingono per lo slittamento al 2020.
Intanto, però, le Associazioni di consumatori – oltreoceano – non stanno a guardare se è vero che il Gruppo Hyundai-Kia è stato costretto a risarcire i clienti per aver “limato” i suoi dati.
Staremo a vedere…