SMOG E DECIBEL FUORI CONTROLLO MINANO LA SALUTE E LA SICUREZZA DEI CITTADINI

Secondo Legambiente sono necessari interventi immediati per città più vivibili, moderne e sicure

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2013: Anno europeo dell’aria?
Sembrerebbe l’anno dello smog, visti i dati raccolti da Legambiente con Mal’aria di Città, l’annuale Rapporto che fotografa l’inquinamento atmosferico e acustico nelle città italiane.
Nonostante l’Unione Europea si sia impegnata a rafforzare maggiormente la direttiva che regola la presenza di inquinanti in atmosfera, nelle città italiane lo smog è destinato a caratterizzare anche l’anno appena cominciato.
Pubblicato nel settembre scorso, un Rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente evidenzia come il problema rimane ancora alto, soprattutto nelle aree urbane per gli elevati livelli di particolato e ozono in particolare. Inutile dire che agli ultimi posti per la qualità dell’aria c’è proprio l’Italia.
Ed è proprio lo smog a preoccupare maggiormente gli europei, infatti secondo Eurobarometro, lo strumento della Commissione Europea di analisi dell’opinione pubblica, oltre il 56% delle persone pensa che la qualità dell’aria respirata negli ultimi 10 anni sia peggiorata; in Italia questa percezione è condivisa dall’81% della popolazione e il sentimento comune è che siano necessari provvedimenti per combattere il fenomeno ma soprattutto che le Amministrazioni pubbliche si impegnino maggiormente per raggiungere gli obiettivi prefissati.

L’inefficacia delle azioni portate avanti finora è confermata anche dai dati aggiornati sull’inquinamento nelle città italiane.
Per quanto riguarda le polveri fini (PM10), 52 città, tra le 95 monitorate da Legambiente nell’ambito della classifica “PM10 ti tengo d’occhio”, hanno superato il bonus di 35 giorni di superamento del valore medio giornaliero di 50 microgrammi/metro cubo stabilito per legge.
Le prime in classifica sono Alessandria, Frosinone, Cremona e Torino, nella top 10 anche Milano con 106 giorni di superamento.
In generale l’area della Pianura Padana si conferma come la zona più critica con 18 città tra le prime 20 posizioni che ricadono nelle regioni di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto. Ma anche il Sud risente di elevati livelli di inquinamento nelle città. Al ventesimo posto troviamo infatti Napoli con 85 giorni di superamento e a seguire Cagliari (64), Pescara (62), Ancona (61), Roma (57) e Palermo (55).

Il Decreto Legislativo 155/2010 obbliga le città a monitorare anche la frazione più leggera e più pericolosa delle polveri, ovvero il PM2,5, ossia il particolato costituito da particelle con diametro inferiore ai 2,5 micron. In realtà sono disponibili i dati solo di poche città, sebbene il monitoraggio sia obbligatorio già dal 2011 e il valore obiettivo sia fissato a 25 microgrammi/metro cubo come media annuale.
Tra quelle monitorate da Legambiente, 22 città sono fuori norma (52%) e ai primi posti sono presenti ancora una volta le città dell’area padana: Torino, Padova, Lecco, Milano e Brescia con un valore medio annuo compreso tra 35 e 32 microgrammi/metro cubo.

Per quanto riguarda gli ossidi di azoto, 24 delle 83 città, monitorate dal rapporto 2012 di Legambiente “Ecosistema Urbano”, hanno superato la concentrazione media annua di 40 microgrammi/metro cubo stabilita dalla legge.
Firenze, Torino, Milano e Roma sono ai primi posti della classifica. Infine a preoccupare maggiormente nei mesi estivi, ci sono i livelli di ozono che risultano elevati in 44 delle 78 città monitorate da Legambiente nello stesso Rapporto.

Il 2012 si chiude con una conferma sugli elevati livelli di inquinamento atmosferico che respiriamo nelle città italiane e lo smog è destinato a caratterizzare anche l’anno appena cominciato. E a chiedere all’Italia misure risolutive per ridurre l’inquinamento atmosferico a fine anno è stata pure l’Europa con una sentenza della Corte di Giustizia nei confronti del nostro Paese – ha dichiarato Rossella Muroni, Direttore Generale di Legambiente – Evidentemente, il problema dell’inquinamento e delle città invase dal traffico non può più essere affrontato in maniera parziale e limitata”.

La procedura, conclusa il 19 dicembre 2012 con la sentenza da parte della Corte di Giustizia Europea che ha accolto il ricorso presentato dalla Commissione Europea per l’inadempienza dell’Italia, è stata aperta nel giugno del 2008, quando la Commissione Europea ha informato il nostro Paese di voler avviare un procedimento di infrazione sui dati di qualità dell’aria forniti per gli anni 2006 e 2007, visto che i valori limite venivano superati per lunghi periodi e in molte zone. Con enorme ritardo e solo dopo una lettera di diffida, l’Italia ha presentato 2 istanze di deroga, alle quali la Commissione europea ha sollevato delle obiezioni. Le regioni coinvolte sono Lazio, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Marche, Umbria, Piemonte, Toscana, Veneto e Provincia autonoma di Trento per la prima I istanza e Campania, Puglia e Sicilia per la II istanza.

La Corte ha dichiarato inadempiente la Repubblica italiana per l’assenza di un Piano Nazionale per combattere lo smog, più volte annunciato e mai arrivato, e perché “gli argomenti addotti dalla Repubblica italiana sono troppo generici e imprecisi per poter configurare un caso di forza maggiore”.
Sebbene i dati forniti dall’Italia, ai quali la procedura si riferisce, sono quelli relativi alle concentrazioni di PM10 per gli anni 2006 e 2007, la stessa Commissione Europea precisa che ancora oggi il problema non è stato minimamente risolto.

Oltre all’inquinamento atmosferico, anche gli elevati livelli di rumore a cui siamo quotidianamente esposti in città, sono fonte di preoccupazione per la Comunità europea.
Secondo uno studio commissionato dal Ministero dell’Ambiente olandese all’Istituto di Ricerca indipendente TNO, infatti, l’inquinamento acustico prodotto dal traffico è la causa principale di danni per il 44% della popolazione UE provocando ai cittadini disagi anche gravi, come aumento della pressione, problemi cardiaci, ipertensione e insonnia, con un costo di circa 326 miliardi di euro per la sanità comunitaria.
In Europa, stando ai dati riportati dall’agenzia europea per l’ambiente, le località più rumorose sono l’area industriale della Westfalia (in Germania) e l’area di Manchester (in Gran Bretagna).
In Italia, invece, le città più rumorose sono Bari, Napoli, Roma, Bologna, Genova e Torino.
Da troppo tempo ormai si conoscono le principali fonti di rumore e di emissione di polveri fini, ossidi di azoto, dei precursori dell’ozono o di altri inquinanti, come gli idrocarburi policiclici aromatici o il monossido di carbonio, che sono i processi industriali e di produzione di energia e in città prevalentemente il traffico veicolare e i riscaldamenti.
All’inizio del 2012 la Comunità europea ha stabilito nuovi obiettivi “anti rumore” che prevedono entro il 2017 la riduzione di 4 decibel del rumore provocato da auto e furgoni e di 3 decibel per i veicoli pesanti.

Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA) più severe per i siti produttivi e le centrali elettriche, politiche serie di efficienza energetica degli edifici, diffusione di fonti rinnovabili e pulite per la produzione di energia e per il riscaldamento delle nostre abitazioni e una nuova mobilità incentrata sul trasporto pubblico locale e su quello ferroviario: questi sono gli interventi maggiori da affrontare nei settori dove insistono maggiormente le fonti di inquinamento atmosferico e acustico.

Quello che serve, ancor prima dei singoli provvedimenti – ha spiegato Rossella Muroniè una capacità politica di pensare e di immaginare un modo nuovo di usare il territorio, un altro tipo di mobilità a basso tasso di motorizzazione e con alti livelli di efficienza e soddisfazione, spazi pubblici più sicuri, più silenziosi, più salutari, più efficienti, dove si creino le condizioni per favorire le relazioni sociali, il senso del quartiere, della comunità. Provvedimenti immediati, come la riduzione della velocità a 30 chilometri orari in ambito urbano o la creazione di aree car free nei pressi delle scuole, permetterebbero un rapido miglioramento della situazione e predisporrebbero a nuovi e più strutturali interventi, come la progettazione di un piano di rete ciclabile portante, la ridefinizione degli spazi urbani, la diffusione all’interno delle aree urbane del meccanismo del road pricing e del park pricing, fino alla riduzione del parco auto circolante”.

Ancora oggi, sebbene il Paese sia stato colpito profondamente dalla crisi e nonostante il crollo delle nuove immatricolazioni (64 auto ogni 100 abitanti), il parco auto circolante continua a crescere. Del resto per gli spostamenti sistematici siamo costretti a utilizzare largamente la vettura privata a causa dei continui tagli che rendono il trasporto pubblico inefficiente e incapace di attrarre passeggeri: un cittadino compie in media appena 83 viaggi l’anno su bus, tram e metro.
Non è un caso che l’Italia sia il Paese europeo con la più alta densità di automobili.
È necessario, quindi, mettere in campo politiche per una mobilità nuova a partire dai contesti urbani.
Al contrario, ogni anno il Governo stanzia oltre 400 milioni di euro per il trasporto su gomma mentre potrebbe dirottare la stessa cifra sul miglioramento dei servizi per la mobilità collettività e per il trasporto su ferro.
L’1% del PIL viene assorbito dall’inefficienza del traffico veicolare e il 2% dai costi degli incidenti stradali, che mietono ogni giorno vittime e feriti e che pesano sulle famiglie e sull’economia nazionale.
Circa un terzo del reddito medio familiare, inoltre, viene speso per mantenere un’automobile che, magari, nel peggiore dei casi, è pure un vecchio modello meno performante in termini di consumi ed emissioni.
Un nuovo modo di muoversi in città è una sfida improrogabile che non solo migliorerà l’aria che respiriamo ma darà un importante contributo per la sicurezza e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini italiani ed europei.

Legambiente, insieme a Salvaiciclisti, FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta) e ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) in occasione dei recenti Stati Generali della Bicicletta e della Mobilità Nuova hanno elaborato un insieme articolato di proposte, a partire da un pacchetto di obiettivi da raggiungere nel breve e medio periodo.

Gli interventi che, a detta di Legambiente, le Amministrazioni locali possono realizzare subito sono:
1.    Limite a 30 Km/h eccetto viabilità principale
2.    Obiettivi di miglioramento concreti e definiti in modo condiviso e nel quadro degli strumenti di pianificazione
3.    Strade scolastiche car free

Per il medio periodo, invece, le associazioni che hanno partecipato agli Stati Generali di Reggio Emilia hanno elaborato una serie di interventi low cost da sviluppare nell’arco di 3-5 anni:
1.    Verso un 20-20-20 della mobilità, intese come percentuali di ripartizione modale, tra bici, pedoni, TPL
2.    Dimezzare morti e feriti tra pedoni e ciclisti
3.    Piano di rete ciclabile portante e continuativa sulla viabilità principale
4.    Progettazione e attivazione di servizi integrati e innovativi che rappresentano anche opportunità di nuove attività lavorative
5.    Ridefinizione degli spazi urbani coinvolgendo i cittadini per favorire la nascita di servizi dedicati alla pedonalità e alla ciclabilità
6.    Elaborazione o revisione dei Piani locali della Mobilità tenendo conto della sicurezza di tutti gli utenti della strada, in particolare dell’utenza debole
7.    Piani per la sicurezza urbana
8.    Road pricing e Park pricing
9.    Riduzione del parco auto circolante, utilizzando anche la leva degli incentivi e dei disincentivi

Dall’UE un buon proposito per il trasporto pesante: ridurre l’inquinamento provocato da autobus e camion

Grazie alla “Norma Euro VI”, una nuova legislazione europea in vigore dal 31 dicembre scorso, verranno limitate le emissioni di ossidi di azoto e di particolato dei nuovi tipi di camion e autobus, riducendo all’80% le emissioni di ossidi di azoto e al 66% quelle del particolato.
La nuova legislazione europea, che stabilisce regole comuni a livello comunitario per le emissioni inquinanti dei veicoli pesanti e dei loro motori, è stata sviluppata in linea con i principi di una migliore regolamentazione, sulla base delle raccomandazioni del CARS 21, il gruppo per un quadro normativo competitivo nel settore automobilistico per il 21° secolo e del feedback a seguito di una consultazione pubblica.
Oltre che sulla salute e sull’ambiente, la nuova legislazione avrà anche un impatto positivo sull’industria. La legislazione, infatti, introduce procedure di test e norme armonizzate su scala mondiale che dovrebbero contribuire a dare impulso alle esportazioni dell’industria automobilistica europea.
Inoltre, la legislazione dell’UE relativa ai veicoli a motore è ora più semplice e più veloce, con i Regolamenti di applicazione diretta, che, sostituendo le Direttive, eliminano i tempi richiesti per il loro recepimento in 27 legislazioni nazionali diverse.
La riduzione odierna delle emissioni contribuirà a rendere più pulita l’aria che respiriamo e a migliorare la competitività dell’industria automobilistica europea. –  ha affermato Antonio Tajani, Vicepresidente della Commissione e Commissario responsabile per le industrie e l’imprenditoria – Come concordato nel nostro neoadottato Piano d’azione Cars, stiamo creando una situazione che produce vantaggi sotto tutti gli aspetti: disporremo di camion e di autobus più puliti che faranno tendenza e saranno esportabili in tutto il mondo.

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