FACCIAMO IL PUNTO SULL’INQUINAMENTO ACUSTICO URBANO

Nel precedente numero del Notiziario, abbiamo presentato brevemente i dati raccolti dall’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e dei Servizi Tecnici, APAT, nel VI° Rapporto sulla Qualità dell’Ambiente Urbano. Ebbene da tale disamina, che taluni hanno ritenuto parziale e poco oggettiva stante i criteri statistici di rilevamento ed analisi dei dati, è emerso un ritratto con molti chiaroscuri dell’ecosistema urbano italiano nel suo complesso. Non ultima, fra le criticità rilevate dagli Autori del Rapporto, è quella relativa allo stato di attuazione degli strumenti valutativi, propositivi e pianificatori che si sarebbero dovuti realizzare a livello locale per raggiungere una considerevole riduzione dell’inquinamento acustico. E questo non tanto per tacciare le proteste di qualche ambientalista perfezionista, ma per far fronte a quello che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) individua come uno dei fattori principali dell’insorgere di patologie per quanti vivono nell’ambiente urbano. Nel Rapporto “A Safer Future: global public healt security in the 21th century”, pubblicato lo scorso anno in agosto, l’OMS imputa alla continua esposizione al rumore (ivi incluso quello derivante dal traffico veicolare), l’insorgenza di patologie cardiache che causano ogni anno migliaia di decessi.

Secondo il Rapporto, nel 2006, nella sola Gran Bretagna, si sono registrati 101.000 decessi causati da patologie a carico delle arterie coronarie, di cui ben 3.030 sono direttamente imputabili all’esposizione cronica al rumore. Sempre secondo il Rapporto sembra che il 2% della popolazione europea soffre di seri disturbi al sonno a causa dell’inquina- mento acustico e il 15% corre il rischio di gravi disturbi con conseguente abbassamento del rendimento sul lavoro. Tuttavia già da tempo nella vecchia Europa ci si interroga e ci si adopra per arginare quello che la stessa Commissione definisce “uno dei maggiori problemi ambientali in Europa”: il rumore. Risale al 25 giugno del 2002 la Direttiva 2002/49/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale, la quale, nelle considerazioni iniziali rimarca: • …nell’ambito della politica comunitaria deve essere conseguito un elevato livello di tutela della salute e dell’ambiente ed uno degli obiettivi da perseguire in tale contesto è la protezione dall’inquinamento acustico. • La presente direttiva dovrebbe tra l’altro fornire una base per sviluppare e completare l’attuale serie di misure comunitarie relative alle emissioni acustiche prodotte dalle principali sorgenti, in particolare veicoli stradali e su rotaia e relative infrastrutture aeromobili, attrezzature utilizzate all’aperto e attrezzature industriali, macchinari mobili, e per elaborare misure complementari a breve, medio e lungo termine. Nei due semplici obiettivi che la Direttiva si dà, si legge come: la stessa definisca un approccio comune volto ad evitare, prevenire o ridurre, secondo le rispettive priorità, gli effetti nocivi, compreso il fastidio, dell’esposizione al rumore ambientale. A tal fine sono progressivamente attuate le seguenti azioni: 1. la determinazione dell’esposizione al rumore ambientale mediante la mappatura acustica realizzata sulla base di metodi di determinazione comuni agli stati membri; 2. l’informazione del pubblico in merito al rumore ambientale e ai relativi effetti; 3. l’adozione da parte degli Stati membri di Piani d’azione, in base ai risultati della mappatura acustica, allo scopo di evitare e ridurre il rumore ambientale laddove necessario e, in particolare, allorché i livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché di conservare la qualità dell’ambiente quando questa è buona. Il nostro Paese si era già dotato, in passato, di una Legge Quadro sull’inquinamento acustico, la n. 447 (pubblicata sulla G. U. del 30 ottobre 1995), la quale intendeva stabilire “i principi fondamentali in materia di tutela dell’ambiente esterno e dell’ambiente abitativo dall’inquinamento acustico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 117 della Costituzione”. Accanto alle numerose definizioni presenti, la Legge Quadro indicava le competenze proprie di Regioni, Province e Comuni e, nel merito della nostra disamina, ci piace sottolineare proprio queste così come appaiono nel documento. All’art. 6, “Competenze dei Comuni”, comma 1, si legge, infatti: sono di competenza dei comuni, secondo le leggi statali e regionali e i rispettivi statuti: a) la classificazione del territorio comunale secondo i criteri previsti dall’art. 4, comma 1, lettera a: b) il coordinamento degli strumenti urbanistici già adottati con le determinazioni assunte ai sensi della lettera a); c) l’adozione dei Piani di risanamento di cui all’art. 7; d) il controllo, secondo le modalità di cui all’art. 4, comma 1, lettera d), del rispetto della normativa per la tutela dell’inquinamento acustico all’atto del rilascio delle con- cessioni edilizie relative a nuovi impianti ed infrastrutture adibiti ad attività produttive, sportive, e ricreative e a postazioni di esercizi commerciali polifunzionali, dei provvedimenti comunali che abilitano l’utilizzazione dei medesimi immobili ed infrastrutture, nonché dei provvedimenti di licenza o di autorizzazione all’esercizio di attività produttive; e) l’adozione di regolamenti per l’attuazione della discplina statale e regionale per la tutela dell’inquinamento acustico; f) la rilevazione e il controllo delle emissioni sonore prodotte dai veicoli, fatte salve le disposizioni contenute nel D. Lgs. 30 aprile 1992 n. 285 e successive modificazioni. g) i controlli; h) (omissis) Altrove si fa specifico riferimento all’obbligo – sempre per i Comuni – di procedere alla classificazione acustica del terri- torio secondo precisi criteri di ripartizione delle aree secondo gruppi omogenei sulla base della effettiva destinazione d’uso del territorio stesso e alla assegnazione di ciascuna zona omogenea dei rispettivi limiti acustici tenendo presente i classici riferimenti temporali: diurno e notturno. Nel 2005, precisamente il 19 agosto (dunque a 10 anni dall’emanazione della Legge Quadro), essendo nel frattempo sopravvenuta la sopraccitata Direttiva, il Governo Italiano, in base ai principi comunitari ha dovuto recepire la normativa europea di riferimento, e, quindi ha emanato il D. Lgs n. 194: “Attuazione della Direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale”. All’art. 1 “finalità e campo di applicazione” si legge che: “il presente decreto, al fine di evitare, prevenire o ridurre gli effetti nocivi dell’esposizione al rumore ambientale, compreso il fastidio, definisce le competenze e le procedure per: a) l’elaborazione della mappatura acustica e delle mappe acustiche strategiche di cui all’art. 3; b) l’elaborazione e l’adozione dei Paini di Azione di cui all’art. 4, volti ad evitare e a ridurre il rumore ambientale laddove necessario, in particolare, quando i livelli di esposizione possono avere effetti nocivi per la salute umana, nonché ad evitare aumenti del rumore nelle zone silenziose; c) assicurare l’informazione e la partecipazione del pubblico in merito al rumore ambientale ed ai relativi effetti. È interessante, a questo punto, dare una lettura degli artt. 3 e 4, rispettivamente “Mappatura acustica e mappe acustiche strategiche” e “Piani d’Azione”. Entro il 30 giugno 2007: a) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia au- tonoma elabora e trasmette alla regione o alla provincia autonoma competente le mappe acustiche strategiche, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, relativi al precedente anno solare, degli agglomerati con più di 250.000 abitanti; b) le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture elaborano e trasmettono alla regione o alla provincia autonoma competente la mappa- tura acustica, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare, degli assi stradali principali su cui transitano più di 6.000.000 di veicoli all’anno, degli assi ferroviari principali su cui transitano più di 60.000 convogli all’anno e degli aeroporti principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti trasmettono la mappatura acustica ed i dati di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti. 2. Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 1, lettera a), la mappatura acustica prevista al comma 1, lettera b), nonche’ i dati di cui all’allegato 6, sono tra- smessi entro il 31 dicembre 2006 all’autorità individuata al comma 1, lettera a). Entro il 30 giugno 2012: a) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia au- tonoma elabora e trasmette alla regione o alla provincia autonoma competente le mappe acustiche strategiche degli agglomerati, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare; b) le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture elaborano e trasmettono alla regione o alla provincia autonoma competente la mappatura acustica, nonche’ i dati di cui all’allegato 6, riferiti al precedente anno solare, degli assi stradali e ferroviari principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti trasmettono la mappatura acustica ed i dati di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti. 4. Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 3, lettera a), la mappatura acustica prevista al comma 3, lettera b), nonche’ i dati di cui all’allegato 6, sono tra- smessi entro il 31 dicembre 2011 all’autorità individuata al comma 3, lettera a). 5. Le mappe acustiche strategiche e la mappatura acustica di cui ai commi 1 e 3 sono elaborate in conformità ai requisiti minimi stabiliti all’allegato 4, nonche’ ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministeri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tenuto conto anche della normazione tecnica di settore. 6. Le mappe acustiche strategiche e la mappatura acustica di cui ai commi 1 e 3 sono riesaminate e, se necessario, rielaborate almeno ogni cinque anni dalla prima elaborazione. 7. La regione o la provincia autonoma competente o, in caso di infrastrutture principali che interessano più regioni, il Ministero dell’ambiente e dalla tutela del territorio verifica che le mappe acustiche strategiche e la mappatura acustica di cui ai commi 1 e 3 soddisfino i requisiti stabiliti al comma 5. 8. Nelle zone che confinano con altri Stati membri dell’Unione europea il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, avvalendosi delle dotazioni umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, coopera con le autorità competenti di detti Stati ai fini della mappa acustica strategica di cui al presente articolo. 9. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Entro il 18 luglio 2008: a) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma, tenuto conto dei risultati delle mappe acustiche strategiche di cui all’articolo 3, elabora e trasmette alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6 per gli agglomerati con più di 250.000 abitanti; b) le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, tenuto conto dei risultati della mappatura acustica di cui all’articolo 3, elaborano e trasmettono alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6, per gli assi stradali principali su cui transitano più di 6.000.000 di veicoli all’anno, per gli assi ferroviari principali su cui transitano più di 60.000 convogli all’anno e per gli aeroporti principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti tra- smettono i piani d’azione e le sintesi di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti. 2. Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al comma 1, lettera a), i piani d’azione previsti al comma 1, lettera b), nonche’ le sintesi di cui all’allegato 6, sono trasmessi entro il 18 gennaio 2008 all’autorità individuata al comma 1 lettera a). Entro il 18 luglio 2013: c) l’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma, tenuto conto dei risultati delle mappe acustiche strategiche di cui all’articolo 3, elabora e trasmette alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6 per gli agglomerati; d) e) le società e gli enti gestori dei servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture, tenuto conto dei risultati della mappatura acustica di cui all’art. 3, elaborano e trasmettono alla regione od alla provincia autonoma competente i piani di azione e le sintesi di cui all’allegato 6, per gli assi stradali e ferroviari principali. Nel caso di infrastrutture principali che interessano più regioni gli stessi enti trasmettono i piani d’azione e le sintesi di cui all’allegato 6 relativi a dette infrastrutture al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio ed alle regioni o province autonome competenti. 4. Nel caso di servizi pubblici di trasporto e delle relative infrastrutture ricadenti negli agglomerati di cui al com- ma 3, lettera a), i piani d’azione previsti al comma 3, lettera b), nonche’ le sintesi di cui all’allegato 6, sono trasmessi entro il 18 gennaio 2013 all’autorità individuata al comma 3, lettera a). 5. I piani d’azione previsti ai commi 1 e 3 sono predisposti in conformità ai requisiti minimi stabiliti all’allegato 5, nonche’ ai criteri stabiliti con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministeri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Conferenza unificata, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tenuto conto anche della normazione tecnica di settore. 6. L’autorità individuata dalla regione o dalla provincia autonoma competente e le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture riesaminano e rielaborano i piani d’azione di cui ai commi 1 e 3 ogni cinque anni e, comunque, ogni qualvolta necessario e in caso di sviluppi sostanziali che si ripercuotono sulla situazione acustica esistente. 7. La regione o la provincia autonoma competente o, in caso di infrastrutture principali che interessano più regioni, il Ministero dell’ambiente e dalla tutela del territorio verifica che i piani d’azione di cui ai commi 1 e 3 soddisfino i requisiti stabiliti al comma 5. 8. I piani d’azione previsti ai commi 1 e 3 recepiscono e aggiornano i piani di contenimento e di abbattimento del rumore prodotto per lo svolgimento dei servizi pubblici di trasporto, i piani comunali di risanamento acustico ed i piani regionali triennali di intervento per la bonifica dall’inquinamento acustico adottati ai sensi degli articoli 3, comma 1, lettera i), 10, comma 5, 7 e 4, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447. 9. Restano ferme le disposizioni relative alle modalità, ai criteri ed ai termini per l’adozione dei piani di cui al comma 8 stabiliti dalla legge n. 447 del 1995 e dalla normativa vigente in materia adottate in attuazione della stessa legge n. 447 del 1995. 10. Nelle zone che confinano con altri Stati membri dell’Unione europea il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio coopera con le autorità competenti di detti Stati ai fini della elaborazione dei piani di azione di cui al presente articolo. 11. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Ora il Rapporto dell’APAT di cui si trattava all’inizio di questa riflessione, nel “censire” lo stato di attuazione degli strumenti valutativi, propositivi e pianificatori che si sarebbero dovuti realizzare a livello locale per raggiungere una considerevole riduzione dell’inquinamento acustico ha preso in considerazione 4 indicatori: 1. stato di attuazione dei Piani di classificazione acustica comunale; 2. stato di attuazione delle Relazioni sullo stato acustico comunale; 3. stato di attuazione dei Paini Comunali di Risanamento acustico; 4. Popolazione esposta al rumore – Aree Urbane Delle 24 città oggetto dell’indagine (capoluogo di Provincia con numero di abitanti superiore a 150.000 unità), solo 18 hanno riposto al questionario inviato al sistema delle ARPA; per le restanti 6 si è proceduto con le informazioni già pervenute all’APAT ed inserite precedentemente nell’Annuario dei dati ambientali. Ebbene ad una lettura del Rapporto si evince che solo 14 città hanno adottato la Classificazione acustica comunale; 5 hanno predisposto la Relazione biennale sullo stato acustico; 6 hanno redatto il Piano di Risanamento ed 8 hanno condotto studi per definire la percentuale di popolazione esposta. Certamente quello del rumore è un problema poco appariscente di fronte ai più citati della mobilità, delle emissioni climalteranti e del global warming (per quanto proprio di essi sia una diretta conseguenza), eppure, dati alla ma- no, non si può non negare che costituisca una emergenza sottovalutata che rischia di scoppiare come una bomba ad effetto ritardato. Ci auguriamo che gli amministratori delle Pubbliche Amministrazioni siano, in un futuro immediato, un poco più attenti agli impegni sottoscritti a livello nazionale ed internazionale; non foss’altro, non già per tutelare la salute dei propri elettori presenti e futuri, ma anche solo per evitare ritorsioni economiche dall’UE sotto forma di procedure di infrazione, delle quali, il nostro Paese è un discreto collezionista.

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