DISCARICA ABUSIVA
Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Se la responsabilità del fatto illecito è imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica, sono tenuti in solido la persona giuridica, le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231. Dallo scorso 16 agosto 2011 sono in vigore le sanzioni che colpiscono direttamente le persona giuridica, in materia di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti è prevista una sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote.
Importante per la disamina del quesito è chiarire la differenza tra l’abbandono di rifiuti, deposito temporaneo o discarica abusiva.
In particolare, si ricade nel caso di abbandono di rifiuti, tutte le volte che i rifiuti vengano accumulati e lasciati in aree pubbliche e private assoggettate ad uso pubblico. Per quanto riguarda il deposito incontrollato si deve intendere un accumulo di rifiuti sul terreno. In tale fattispecie è prevista una ipotesi di violazione più considerevole, in quanto il deposito incontrollato assume quasi le vesti di discarica e gestione non autorizzata di rifiuti.
Elemento scriminante tra le fattispecie è l’elemento dell’occasionalità dell’evento; quando si configura questo elemento, l’evento si classifica come abbandono dei rifiuti; nel momento in cui, l’abbandono dei rifiuti è reiterato regolarmente e in maniera continua, si rientra nella fattispecie del deposito incontrollato.
Occorre rilevare, che l’abbandono ed il deposito incontrollato sul suolo, può riguardare diverse tipologie di rifiuti; dunque è di fondamentale importanza, verificare e considerare la presenza di possibili sostanze pericolose, se si tratta di rifiuti solidi o allo stato liquido, sia per l’individuazione del diverso regime sanzionatorio, sia per l’adozione di efficaci misure di tutela dell’ambiente e della salute pubblica.
Da quando è entrato in vigore il Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorche’ il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non puo’ avere durata superiore ad un anno.
L’articolo 256, aggiornato con le modifiche del Decreto Legislativo 3 dicembre 2010, n. 205 , punisce la discarica abusiva, ovvero “l’attività di raccolta, trasporto, recupero , smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti” senza autorizzazione. Si tratta, in questo caso, di un reato, punito con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi e con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
Alle stesse pene soggiacciono i titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui all’articolo 192, commi 1 e 2.
Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi.
I giudici si sono occupati del reato di discarica abusiva, attraverso numerose sentenze che ne definiscono i presupposti applicativi.
Per quanto riguarda le modalità attraverso le quali deve integrarsi la condotta illecita, si determina che “La realizzazione di una discarica può effettuarsi attraverso diverse attività: attraverso il vero e proprio allestimento a discarica di un’area con il compimento delle opere occorrenti a tal fine: spianamento del terreno, apertura dei relativi accessi, recinzione, etc.; ma anche il ripetitivo accumulo nello stesso luogo di sostanze oggettivamente destinate all’abbandono con trasformazione, sia pure tendenziale, del sito, degradato dalla presenza dei rifiuti” (Cass. Pen., sez. III, 4 marzo 2005, n. 21963).
La differenza tra l’abbandono di rifiuti e la discarica assolutamente il carattere occasionale del primo e ripetuto e abituale il secondo.
La non occasionalità dell’accumulo è considerato criterio scriminate del reato di discarica abusiva rispetto alla diversa ipotesi di deposito temporaneo di rifiuti (art. 183, comma 1, lett. bb) D.Lgs. 152/06).
In mancanza delle sopra elencate, si è in presenza di:
• un deposito preliminare, sanzionato dall’art. 256, comma primo, D.Lgs. 152/06, se il collocamento dei rifiuti è prodromico ad un’operazione di smaltimento;
• una messa in riserva in attesa di recupero, sanzionata dall’art. 256, comma primo, del D.Lgs. 152/06, che, quale forma di gestione, richiede il titolo autorizzativo;
• un deposito incontrollato od abbandono, sanzionato, amministrativamente o penalmente, secondo i casi, dagli artt. 255 e 256, comma secondo, D.Lgs. 152/06, quando i rifiuti non sono destinati ad operazioni di smaltimento o di recupero;
• una discarica abusiva, sanzionata dall’art. 256, comma terzo, D.Lgs. 152/06, quando l’abbandono è reiterato nel tempo e rilevante in termini spaziali e quantitativi.
Perciò, come esempio si può indicare che l’abbandono di rifiuti “alla rinfusa” e non per categorie omogenee, come invece previsto dall’art. 183, comma primo, lett. bb) D.Lgs. 152/06, esclude la configurabilità del cosiddetto deposito temporaneo o regolare e integra il reato di gestione di discarica abusiva (Cassazione penale, sez. III, 11 febbraio 2010, n. 11258).
Si può procedere al sequestro dell’area sia preventivo o probatorio in quanto la discarica abusiva è un reato, ma in tal caso, sarebbe utile contattare il pubblico ministro competente. Altresì si può procedere al sequestro dopo l’ordinanza del Sindaco per la bonifica dell’area, se i soggetti non provvedano al ripristino ambientale.
A maggiore informazione dei lettori pubblichiamo, di seguito, il testo della Sentenza di cui alla precedente riflessione.
CASSAZIONE PENALE – INQUINAMENTO Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-11-2011) 16-01-2012, n. 1188
Fatto Diritto P.Q.M.
Svolgimento del processo
Con sentenza del 22 ottobre 2009, la Corte d’Appello di Lecce riformava parzialmente, revocando la confisca, la sentenza con la quale, in data 4 marzo 2008, il Tribunale di quella città condannava C.C. per il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. b) e terzo, perchè, in assenza di autorizzazione, aveva adibito un’area di circa 26.000 mq. a discarica di rifiuti speciali (rottami di autovetture complete di parti interne, plastica, gomme, ferro età).
Avverso tale pronuncia il predetto proponeva ricorso per cassazione.
Con un unico motivo deduceva la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando che i giudici del merito avevano errato nel ritenere la sussistenza del reato di discarica abusiva potendosi, al più, inquadrare la condotta contestagli nell’ambito della gestione illecita di cui all’art. 256, comma 1, in quanto i materiali rinvenuti nell’area sequestratagli non erano abbandonati nè, tanto meno, egli intendeva disfarsene, trattandosi dell’oggetto della sua attività di autodemolitore, ancorchè abusivo.
Aggiungeva che anche l’ipotesi contravvenzionale di cui al comma 1, della menzionata disposizione non era comunque applicabile perchè la stessa Corte territoriale, dissequestrando progressivamente detti materiali, ne aveva implicitamente escluso la natura di rifiuti pur pervenendo, successivamente, all’errata e contraddittoria conclusione di ritenere fondata l’ipotesi accusatoria già confermata dal primo giudice.
Lamentava, inoltre, la mancanza di motivazione in ordine alla negata concessione delle attenuanti generiche, che non potevano essergli negate avendo egli proceduto alla bonifica dell’area ed evidenziava che, in ogni caso, era maturata la prescrizione del reato.
Insisteva, pertanto, per l’accoglimento del ricorso. Motivi della decisione Il ricorso è inammissibile perchè basato su motivi manifestamene infondati.
Occorre preliminarmente osservare che, in generale, non può esservi alcun dubbio sul fatto che i veicoli fuori uso siano qualificabili, a tutti gli effetti, come rifiuti. 2 Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-11-2011) 16-01-2012, n. 1188.
Per l’inquadramento della relativa disciplina deve farsi riferimento al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 231, ed al D.Lgs. 24 giugno 2003, n. 209, come corretto ed integrato dal D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 149.
Dei rapporti tra la disciplina generale in materia di rifiuti e il D.Lgs. n. 209 del 2003, si è peraltro occupata, in più occasioni, la giurisprudenza di questa Corte, precisando che esso non contiene norme più favorevoli e, all’art. 3, considera il veicolo “fuori uso” un rifiuto, sia con riferimento al veicolo di cui il proprietario si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi, sia a quello destinato alla demolizione, ufficialmente privato delle targhe di immatricolazione, anche prima della consegna ad un centro di raccolta, nonchè quello che risulti in evidente stato di abbandono ancorchè giacente in area privata” (Sez. 3^ n. 21963, 4 marzo 2005; Sez. 3^ n. 33789 23 giugno 2005; Sez. 3^ n. 23790 18 giugno 2007; Sez. 3^ n. 27074, 4 luglio 2008; Sez. 3^ n. 22035, 10 giugno 2010).
Il menzionato D.Lgs. sottopone a specifica disciplina anche l’attività dei centri di autodemolizione, come emerge dalla lettura dell’art. 6 e dell’Allegato 1.
Analogamente, non pare possa escludersi, alla luce dei contenuti della impugnata decisione, la natura di rifiuto degli altri materiali descritti nell’imputazione.
Il ricorrente contesta, tuttavia, che l’attività da lui svolta possa essere inquadrata nell’illecita realizzazione o gestione di discarica abusiva, consistendo nella mera gestione illecita di rifiuti.
Va a tale proposito ricordato che una definizione giuridica di discarica è rinvenibile nel D.Lgs. n. 36 del 2003, art. 2, comma 1, lett. g), ove si afferma che per tale deve intendersi un’area “adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonchè qualsiasì area ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno”.
Aggiunge la richiamata disposizione che “sono esclusi da tale definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo inferiore a un anno”, consentendo così, grazie all’indicazione del dato temporale, di distinguere la discarica da altre attività di gestione (anche se lo stesso, come si è ritenuto nel caso di protrazione del deposito dei rifiuti per un periodo superiore all’anno in Sez. 3^ n. 9849, 4 marzo 2009, non individua un elemento costitutivo della fattispecie).
La giurisprudenza di questa Corte, inoltre, si è ripetutamente impegnata nella individuazione del concetto di discarica con riferimento al reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, sottolineandone, ad esempio, la differenza con la nozione di “smaltimento” e rilevando che trattasi di due attività diversamente disciplinate, perchè pur avendo in comune talune operazioni (quali il conferimento dei materiali e la loro deposito), si differenziano radicalmente: nello smaltimento i rifiuti vengono interamente sfruttati a scopo di profitto con specifiche modalità (cernita, trasformazione, utilizzo e riciclo previo recupero), nella discarica, invece, i beni non ricevono alcun trattamento ulteriore e vengono abbandonati a tempo indeterminato, mediante deposito ed ammasso. 3 Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-11-2011) 16-01-2012, n. 1188. Si ha quindi discarica abusiva “tutte le volte in cui, per effetto di una condotta ripetuta, i rifiuti vengono scaricati in una determinata area, trasformata di fatto in deposito o ricettacolo di rifiuti con tendenziale carattere di definitività, in considerazione delle quantità considerevoli degli stessi e dello spazio occupato” (v. ad es. Sez. 3^ n. 27296, 17 giugno 2004).
Anche la differenza con il mero abbandono di rifiuti è stata individuata evidenziando la natura occasionale e discontinua di tale attività rispetto a quella, abituale o organizzata, di discarica (Sez. 3^ n. 25463, 15 aprile 2004).
La discarica abusiva dovrebbe presentare, tendenzialmente, una o più tra le seguenti caratteristiche, la presenza delle quali costituisce valido elemento per ritenere configurata la condotta vietata: accumulo, più o meno sistematico, ma comunque non occasionale, di rifiuti in un’area determinata; eterogeneità dell’ammasso dei materiali; definitività del loro abbandono; degrado, quanto meno tendenziale, dello stato dei luoghi per effetto della presenza dei materiali in questione.
Si è ulteriormente precisato che il reato di discarica abusiva è configurabile anche in caso di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche, non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell’area su cui insistono, anche se collocata all’interno dello stabilimento produttivo (Sez. Ili n. 41351, 6 novembre 2008; n. 2485, 17 gennaio 2008; n. 10358, 9 marzo 2007).
Date tali premesse, deve rilevarsi che, con accertamento in fatto del tutto logico e coerente e, in quanto tale, insindacabile in questa sede di legittimità, i giudici dell’appello hanno evidenziato che la destinazione dell’area a discarica era dimostrata dalla documentazione fotografica e dalle dichiarazioni testimoniali. Una conferma ulteriore viene fornita dalla Corte territoriale laddove si specifica l’irrilevanza della circostanza, addotta dalla difesa, circa la idoneità dell’area ad essere destinata a discarica e viene dato atto della completa bonifica della stessa, attività che non sarebbe stata necessaria nel caso in cui il terreno fosse stato adibito ad altri scopi, compreso il mero svolgimento dell’attività di rottamazione e non fosse degradato dalla costante presenza dei rifiuti.
La qualificazione giuridica del fatto contestato al ricorrente appare, conseguentemente, corretta.
Anche la infondatezza dell’ulteriore motivo di ricorso concernente la mancata concessione delle attenuanti generiche appare di macroscopica evidenza.
I giudici del gravame hanno chiaramente specificato che la presenza di precedenti specifici per altre violazioni delle disposizioni ambientali era ostativa alla concessione delle richieste attenuanti.
A tale proposito occorre ricordare che per la concessione delle attenuanti generiche il giudice non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti o risultanti dagli atti, ben potendo fare riferimento esclusivamente a quelli ritenuti decisivi o, comunque rilevanti ai fini del diniego delle attenuanti generiche (v. Sez. 2^ n. 3609, 1 febbraio 2011; Sez. 6^ n. 34364, 23 settembre 2010) con la conseguenza che la motivazione che appaia congrua e non contraddittoria non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità neppure quando difetti uno specifico apprezzamento per ciascuno dei 4 Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 29-11-2011) 16-01-2012, n. 1188, reclamati elementi attenuanti invocati a favore dell’imputato (Sez. 6^ n. 42688, 14 novembre 2008; Sez. 6^ n. 7707, 4 dicembre 2003).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e tale declaratoria non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, per cui non può tenersi conto della prescrizione del reato che venga eventualmente a scadere in epoca successiva alla pronuncia della sentenza impugnata ed alla presentazione dell’atto di gravame (S.U. n. 32, 21 dicembre 2000).
Alla declaratoria di inammissibilità – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonchè quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.