VADEMECUM CIRCA L’ORGANIZZAZIONE D’IMPRESA DI UN CENTRO DI RACCOLTA MODELLO ORGANIZZATIVO IDONEO ALLA PREVENZIONE DEI REATI
Nel caso in cui un centro di raccolta effettui un deposito incontrollato di rifiuti, lo stesso può essere sanzionato pecuniariamente ad elevatissime sanzioni . Attraverso il Decreto Legislativo 7 luglio 2011, n. 121 intitolato Tutela penale dell’ambiente si è ampliato il sistema di repressione penale degli illeciti ambientali, introducendo nuove fattispecie incriminatrici e una nuova disciplina in materia di responsabilità delle persone giuridiche, antecedentemente assente per i reati contro l’ambiente, estendendo i reati previsti a carico delle persone giuridiche, come disposto dal Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
Per eliminare la responsabilità penale dell’impresa è necessario adempiere agli adempimenti legislativi e scegliere, prima della commissione del fatto, modelli organizzativi e gestionali adatti a prevenire i reati stessi. L’impresa deve individuare, attraverso la c.d. “analisi dei rischi”, le aree più soggette alla commissione dei reati. Prevedere, nei protocolli che disciplinano i processi c.d.” a rischio”, gli obblighi d’informazione all’Organismo di Vigilanza; ipotizzare specifici protocolli diretti a pianificare la realizzazione e l’esecuzione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati. Inserire specifici protocolli in grado di regolare i processi sottoposti alle c.d. “aree di rischio” ed determinare norme comportamentali specifiche, allegate in un “Codice Etico” che qualsiasi dipendente o collaboratore deve rispettare; puntualizzare modalità di gestione delle risorse finanziarie capaci d’ostacolare la commissione di reati. Gestire le risorse finanziarie attraverso il “Codice Etico” e Protocolli, anche relativi alla c.d. Corporate Governance. L’impresa si deve, infine, dotare di un sistema disciplinare che sanziona le trasgressioni del “Codice Etico”, dei Protocolli e delle misure di gestione del Modello Organizzativo.
La maggior organizzazione aziendale in materia di prevenzione dei reati è gestita attraverso il sistema della delega di funzioni in campo ambientale. E’ opportuno chiarire che se per “delega di funzioni” s’intende comunemente il trasferimento degli obblighi dal soggetto su cui gravano ex lege ad un’altra persona incaricata del loro soddisfacimento in sua vece. La delega di funzioni assolve il compito di consentire il decentramento funzionale dell’organizzazione aziendale.
La delega per essere efficace dovrà essere puntuale ed espressa senza che siano trattenuti in capo al delegante poteri discrezionali di tipo decisionale; il soggetto preposto deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; il trasferimento di funzioni deve essere giustificato in base alle esigenze organizzative della impresa; unitamente alle funzioni devono essere trasferiti i poteri decisionali e di spesa; l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo; la delega non deve riguardare le attività concernenti l’assetto organizzativo della impresa, che fa capo ai vertici della stessa, e non sono trasferibili a soggetti diversi. Altresì deve essere approvata dagli organi statutari; effettiva e liberamente accettata dal delegato; il delegato sia dotato di effettiva autonomia gestionale.
Se il delegato dovesse commettere dei reati l’imprenditore ( titolare del centro di raccolta ) , quale delegante, è esonerato da responsabilità in tutti i casi, a meno che l’inquinamento sia riconducibile a cause strutturali dovute a scelte generali tipicamente imprenditoriali.
L’adozione del modello organizzativo comporta dei vantaggi, l’esonero della responsabilità della società per gli illeciti cagionati da amministratori e dipendenti.
Il legislatore ha previsto diverse tipologie di sanzioni, le quali possono essere pecuniarie, interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza di condanna.
Le sanzioni pecuniarie sono stabilite dal giudice in sede di giudizio tramite valutazione bifasica per azioni che non superano un milione e mezzo di euro.
Per quanto riguarda le sanzioni interdittive sono applicate per i reati giudicati dal legislatore gravi in quanto sono inflitte anche congiuntamente alle sanzioni pecuniarie. Tali sanzioni possono essere la confisca del profitto, la quale non ha valori massimi valutativi e il commissariamento dell’ente, se il giudice reputa che vi siano possibilità per il recupero dell’ente.
Il legislatore ha mantenuto le sanzioni pecuniarie in quote (ogni quota varia da un minimo di 258 euro a un massimo di 1.549). In relazione ai reati ambientali, per esemplificare, verranno applicate le seguenti sanzioni pecuniarie:
– per l’“Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”: attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote. La realizzazione o la gestione di una discarica non autorizzata, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote, per i rifiuti pericolosi la sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote;
– in materia di “Bonifica dei siti”: per aver cagionato dell’inquinamento del suolo, sottosuolo, acque superficiali o sotterranee, la sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote, se l’inquinamento è provocato da sostanze pericolose, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote;
– in caso di “Violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari”, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote, se trasportano i rifiuti senza formulario o indicano nello stesso dati incompleti.
– per il “Traffico illecito di rifiuti” la sanzione pecuniaria varia da centocinquanta a duecentocinquanta quote;
– per quanto riguarda la violazione del “Sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti”, la sanzione pecuniaria da centocinquanta a duecentocinquanta quote.
Le sanzioni sono ridotte della metà nel caso d’inosservanza delle prescrizioni contenute o nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richieste per le iscrizioni o comunicazioni.
Per garantire una difesa ottimale successivamente la contestazione dell’illecito, il difensore può chiedere il dissequestro dell’area per il ripristino delle medesime, per non arrecare maggior pregiudizio all’ambiente per l´esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l´ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale, dimostrando che l’impresa si è attivata per non generare un danno ambientale. L’ art. 303 lettera c) del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 rubricato “Esclusioni” sancisce che la parte sesta del decreto “Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente” non si applica alle situazioni di inquinamento per le quali siano effettivamente avviate le procedure relative alla bonifica, o sia stata avviata o sia intervenuta bonifica dei siti nel rispetto delle norme vigenti in materia, salvo che ad esito di tale bonifica non permanga un danno ambientale.
Si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione, con Sentenza n. 6248 del 16 febbraio 2012, la quale ha stabilito che per escludere l’applicazione della misura cautelare va dimostrato che l’ente ha posto a disposizione dello Stato il profitto conseguito e che ha adottato un modello organizzativo idoneo alla prevenzione dei reati.
Avv. Rosa Bertuzzi Consulente Ambientale – ambienterosa@libero.it