6.000 DECESSI ALL’ANNO PER POLVERI SOTTILI
Gli studi di ricerca di Nomisma sottolineano un quadro tragico e preoccupante sul Pm10 in Italia
Le elevate concentrazioni di Pm10 (le polveri sottili) in atmosfera sono responsabili di 5.876 decessi all’anno. È quanto si legge nella relazione di Nomisma su “Green economy e innovazione, i filtri anti- particolato per la qualità dell’aria nelle aree urbane”. Il Rapporto riporta i dati sui valori medi di concentrazione di polveri sottili nel triennio 2006-2008 delle prime 15 città italiane per popolazione: Roma (40,4) ha la imbarazzante leadership seguita da Milano (49,2), Torino (56,5), Bologna (41,3), Verona (47), Padova (46,7). Come è facile da ipotizzare sono le regioni del Nord, soprattutto quelle comprese nella zona della Pianura Padana, quelle che presentano i dati peggiori relativi al PM10. Torino si conferma la città italiana più inquinata con una media urbana pari a 56,5 _g/ m3, seguita da Milano con 49,2 e Padova con 46,7 _g/m3. La città con la più bassa media urbana risulta Trieste con 27,8 micron di Pm10 per metro cubo, seguita da Catania con 29,3 e da Messina con 32 _g/m3.
Ad un quadro ambientale così compro- messo corrisponde uno scenario sanitario critico nei principali contesti urbani. Il burden of disease (il peso della malattia) derivante dall’inquinamento da PM10 è un fenomeno complesso che comprende com- ponenti molto diverse sia sotto l’aspetto individuale e familiare, che per la collettività nel suo complesso. Gli elevati livelli di PM10 causano una forte riduzione della speranza di vita, rilevanti perdite di produttività economica, nonché incrementi dei costi per i ricoveri ospedalieri, i quali vanno a peggiorare l’efficienza del sistema sanitario nel suo complesso. Gli effetti sanitari attribuibili all’inquinamento dell’aria variano dagli effetti subclinici quali: l’alterazione delle funzionalità polmonari e la riduzione di alcune capacità fisiche, in un crescendo di patologie sempre più gravi che virano a fenomeni di asma e la bronchite (specie nella popolazione infantile) e ai ricoveri ospedalieri a seguito di malattie cardio-respiratorie. Nel peggiore dei casi, possono essere imputati anche effetti letali. Il risultato è che, sulla base di dei dati con- tenuti nella Ricerca, si riscontrano, in Italia, quasi 6.000 decessi imputabili alla scarsa qualità dell’aria. La città dove le presunte morti da eccessivo inquinamento dell’aria sono maggiori è Roma (1.508), seguita da Milano (906) e Torino (813). In coda a questa classifica delle vittime da polveri sottili ci sono Bari (130 morti), Messina (124), Catania (110). (vedi tab.2 pagina seguente). Le cause di morte considerate tengono conto della sola popolazione oltre i 30 anni di vita ed escludono le cause accidentali. Di questi decessi 534 sono riferibili ai tu- mori maligni della laringe, della trachea, dei bronchi e dei polmoni, mentre se si considerano gli effetti acuti relativi a malattie del sistema circolatorio e respiratori, il numero sale a 953. L’80% di questo decessi è ascrivibile a patologie di carattere circolatorio, mentre il restante 20% è amputabile a malattie del sistema respiratorio. Relativamente ai ricoveri ospedalieri a Milano i casi di morbosità attribuibili a Pm10 sono 398 nel 2007 per una spesa di 1,6 milioni di euro. A Bologna 138 casi per un costo di 575 mila euro e a Roma 635 con una spesa superiore ai 3 milioni di euro. Sommando questi numeri con gli extra costi delle terapie, perdita ore di lavoro e calo della produttività si raggiungono in totale 6,4 milioni di euro solo per queste tre città. Nomisma spiega che “i costi dovrebbero esse- re tenuti in debito conto dal decisore pubblico una volta che questi si appresti ad adottare specifiche misure verso il contenimento delle emissioni in ambito urbano”. L’indagine chiarisce il concetto di particulate matter (PM), le polveri sottili, ovvero quell’insieme di particelle solide e liquidi che si trovano nell’aria e sono responsabili dell’incremento di decessi e patologie di carattere respiratorio. I dati analizzati sulla base del SINA (Sistema Informativo Nazionale Ambientale) e dei dati forniti da Legambiente raccontano che i limiti previsti dalla normativa sul PM10 sono stati superati in 57 capoluoghi sugli 88 considerati, ben il 65%. La pericolosità del particolato diviene rilevanti quando le particelle sono piccole, al di sotto di 10micron (da cui PM10). Lo studio Nomisma rileva come il trasporto veicolare sia il settore al quale si attribuisce il 47% delle emissioni di PM10. All’interno del settore dei trasporti si rileva come i veicoli a maggior impatto di emissioni siano quelli a gasolio ed in particolare i veicoli commerciali leggeri e gli autobus. Questo perché per motivazioni di pubblico servizio hanno accessi privilegiati agli ambiti urbani, dove la minaccia sanitaria è più elevata, sono spesso datati e con bassi livelli di adeguamento agli standard ambientali. Onde migliorare le qualità dell’aria e la diminuzione dei rischi per la salute dei cittadini, le regioni italiane dovrebbero seguire appositi Piani redatti in applicazione alla Direttiva europea 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell’aria ambiente; detti Piani, dovrebbero essere tarati sulle singole esigenze dei diversi territori, pur mirando, agli stessi obiettivi generali: • risanamento della qualità dell’aria nelle zone dove si sono superati i limiti previsti dalla normativa o vi è un forte rischio di superamento; • mantenimento della qualità dell’aria nel restante territorio. Le modalità attuative scelte dalle diverse Regioni sono varie (coinvolgimento delle Province, costituzione di Tavoli interregionali, ecc.) così come sono diversificati gli strumenti e le misure di contenimento e di riduzione delle emissioni attivati nei diversi territori. Per conciliare la crescente domanda di mobilità con la salvaguardia ambientale e la tutela della salute, Nomisma individua nei filtri antiparticolato (FAP) la soluzione migliore in gradi di rispondere “meglio alle esigenze di immediatezza che l’emergenza ambientale prescrive”. Questo genere di filtri, osserva Nomisma, è in grado abbattere il 90-95% delle emissioni di paticolato, il 50 per cento di quelle di biossido di azoto (sistemi retrofit chiusi) “migliorando la capacità di abbattimento” nel caso di filtri aperti tra il 20 e il 30 per cento (nei casi di veicoli dotati di stop and go) e di utilizzo prolungato delle marce basse. Tuttavia, se si considera la città di Milano, spiega Nomisma, l’adeguamento (in 12-18 mesi) con filtri antiparticolato solo per gli autobus costerebbe circa 30 milioni di euro. Per dotare di filtri chiusi l’intera totalità dei veicoli diesel milanesi non commerciali sarebbero necessari invece 1,5 miliardi di euro, mentre circa 800 milioni sarebbero necessari per “retrofittare i soli veicoli commerciali” con un abbattimento, però, del 60% del particolato atmosferico. Per i suoi livelli di Pm10 troppo alti, l’Italia rischia di dover pagare all’Europa una multa tra gli 1,8 e i 2 miliardi di euro. “La procedura di infrazione contro l’inquinamento del nostro Paese a giorni entrerà nella fase più concreta ed è necessario evitare di arrivare a questo -ha detto il Ministro dell’Ambiente e dellaTutela delTerritorio e del Mare, Stefania Prestigiacomo – l’Italia non è l’unico Paese a rischio sanzioni ma noi siamo in testa sia come numero di sforamenti che per l’ampiezza del territorio coinvolto”. Il Ministero ha creato un piano articolato fatto di regole, interventi amministrativi e linee guida come sostegno agli enti locali. “Un piano su cui il Ministero – ha sottolineato l’On. Prestigiacomo – ha fatto un grande sforzo in termini di finanziamento e prevede 200 milioni di euro differenziati tra le misure, tra queste 70 milioni di euro come incentivo ai filtri antiparticolato per il trasporto pubblico locale ma anche elettrificazione delle banchi- ne dei porti per le grandi navi”. “Sono risorse già disponibili -ha detto il Ministro dell’Ambiente – per l’ammodernamento del Paese.” Il piano è stato illustrato al Consiglio dei Ministri ed è stato diramato a tutti i Ministeri. Non ci resta che attendere, con l’augurio che l’attesa non sia vanificata dai tagli della manovra economica e dalla prossima Finanziaria; anche perché, il rapporto costi/ benefici dell’eventuale inversione di rotta, determinerebbe, non solo un migliora- mento della qualità della vita, ma anche un contenimento delle spese sanitarie.