Veicoli elettrici ibridi plug-in: emissioni di CO2 più alte?
Una serie di test indipendenti su strada commissionati da T&E ha evidenziato emissioni climalteranti maggiori di quanto dichiarato dalle Case costruttrici.
Un nuovo scandalo sembra profilarsi nel mondo automotive dalle parti del comparto di quei veicoli che, finora sono stati presentati come più ecologici e meno impattanti a livello di emissioni.
A comunicarlo è la nota Federazione Europea dei Trasporti e dell’Ambiente, più conosciuta come Transport & Environment che ha pubblicato i risultati di una serie di test condotti su alcuni modelli di veicoli elettrici ibridi plug-in (PHEV), dai quali emerge che tali veicoli emettono molta più CO2 di quanto dichiarato dalle Case automobilistiche.
Una brutta tegola per l’ambiente e i consumatori perché le vendite di questa tipologia di autoveicoli sono schizzate in tutta Europa e quest’anno, pur con la crisi pandemica in atto, sono previste mezzo milione di unità vendute.
Tra l’altro, proprio a gennaio è entrato in vigore il nuovo standard di emissione europeo 2020/2021 cui le stesse Case produttrici devono adeguarsi e la vendita di veicoli a basse emissioni rientra in questa strategia.
Tuttavia, non tutto è come sembra.
T&E ha commissionato una serie di test indipendenti prendendo come riferimento tre dei modelli più venduti scoprendo che, quandanche avviati con la batteria carica, i tre veicoli hanno emesso, su strada, più di quanto dichiarato dai produttori.
In sostanza, scrivono da T&E: “il modello BMW X5 (l’ibrido plug in con la gamma EV più lunga disponibile), la Volvo XC60 e la Mitsubishi Outlander hanno emesso tra il 28-89% in più di CO2 rispetto a quanto pubblicizzato, con batteria completamente carica e in condizioni ottimali. Con la batteria scarica, invece, hanno emesso dalle tre alle otto volte in più rispetto ai valori ufficiali. Se guidati con la batteria in ricarica, cosa che potrebbe diventare comune tra gli automobilisti, che la ricaricano prima di utilizzare la modalità elettrica nelle zone a basse emissioni, i veicoli PHEV emettono da tre a 12 volte di più“.
Secondo i dati emersi dai test commissionati da T&E, quando la batteria si scarica, i modelli testati possono percorrere in modalità motore solo per 11-23 Km prima di superare le emissioni ufficiali di CO2/Km, contraddicendo quindi la narrativa delle Case automobilistiche secondo la quale tali modelli PHEV sarebbero adatti per lunghi viaggi.
Non solo, a differenza delle auto elettriche a batteria, che percorrono circa 300 Km con una singola ricarica, di fatto devono essere ricaricati molto più frequentemente.
Se la risposta della Case produttrici vede il problema nell’eccessivo utilizzo del motore da parte dei clienti, T&E ricorda che i modelli PHEV in vendita oggi spesso non dispongono della potenza elettrica, dell’autonomia o della velocità di ricarica necessaria.
“Due delle tre auto testate, la BMW X5 e la Volvo XC60, non si ricaricano rapidamente e, stando al manuale dell’Outlander, il motore potrebbe avviarsi se il sistema PHEV è troppo caldo o troppo freddo, in caso di rapida accelerazione o se l’aria condizionata in funzione“.
A questo punto, secondo la ONG, non solo sarebbe necessario che l’Ue in fase di revisione degli obiettivi 2025/2030 ponesse un freno ai meccanismi di regolamentazione che attribuiscono crediti aggiuntivi ai PHEV (ragione per cui le Case produttrici ne spingono la vendita visto che, in questo modo possono raggiungere più facilmente gli standard emissivi europei), ma sarebbe altresì doveroso che i governi europei ponessero uno stop alle misure di sussidio all’acquisto e alle agevolazioni fiscali per i PHEV.
Nel commentare la notizia, Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di T&E, ha dichiarato: “I test effettuati confermano che le auto ibride plug-in sono solo finte auto elettriche che fanno molto poco per il clima, ricevendo al contempo un’enorme quantità di sussidi. La Finanziaria 2021 dovrebbe mettere fine a questo spreco di soldi pubblici, che sarebbero molto meglio utilizzati se investiti nello sviluppo di una capillare ed efficiente rete di ricarica per veicoli elettrici puri. Questo è ciò di cui l’Italia ha bisogno ora per permettere alle soluzioni realmente a zero emissioni di accedere al mercato di massa“.
Un commento ulteriore è arrivato da Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club che ha dichiarato: “Mentre si è appena formato il raggruppamento Zero Emission Transportation Association (ZETA), 28 società che spingono perchè negli Usa dal 2030 si vendano solo auto elettriche, e mentre gli UK hanno bloccato la commercializzazione di nuove auto a benzina e diesel dopo il 2030, occorre che la transizione europea verso l’elettrico acceleri. Non si dovrebbero quindi favorire modelli ibridi plug-in che, come confermano le misurazioni di T&E, comportano emissioni di CO2 molto maggiori di quanto dichiarato dalle case automobilistiche testate“.