PRONTO IL SISTEMA DI GESTIONE CHE ANCORA ATTENDE IL DECRETO ATTUATIVO
Forte interesse da parte del settore ELV e dall’intero comparto del riciclo
Gli obiettivi di riciclaggio che l’Unione Europea impone ai Paesi membri per quel che riguarda quella particolare tipologia di prodotti che rientra nella categoria degli autoveicoli, sono molto ambiziosi (95% del peso al 2015) e da alcune indiscrezioni che filtrano dagli ambienti di Bruxelles sembra che la Commissione stia valutando l’ipotesi di anticipare i tempi di raggiungimento dei target. Ora, già più volte, su queste pagine, abbiamo discusso di quanto sia difficile, per l’intera filiera ELV, destinare alcune tipologie di materiali (plastica, gomma, vetro) che rientrano nella componentistica degli autoveicoli.
Non solo risultano più appetibili per il mercato i rottami ferrosi e metalli- ci in generale (a parte le fluttuazioni dei sistemi economici, che mai, come nell’ultimo periodo hanno determinato crolli dei prezzi, sovragiacienze e diminuzione della domanda), ma per le altre tipologie di materiali si assiste ad un sostanziale “fermo” dei flussi che si traduce inevitabilmente nello smaltimento in discarica sotto forma di fluff e anche da questo punto di vista i problemi non mancano, dal momento che la Direttiva “Discariche” ne vieta il conferimento e, d’altro canto, troppi interessi economici spingono verso la risoluzione termica mascherata da valorizzazione energetica (ma anche in questo caso una considerevole parte di scorie andrebbe conferita in discarica). A questo punto la strada da intra- prendere per raggiungere gli obiettivi indicati dall’UE e da un crescente buonsenso, dovrebbe essere quella del Life Cycle Assesment (LCA) laddove, già in fase di progettazione ci si interroga sui possibili rutilizzi dei materiali intervenendo, alla fonte, sulla riduzione dei rifiuti prodotti; mentre, a valle, si dovrebbero aprire tutte le opportunità possibili alla effettiva circuitazione e commercializzazione delle materie derivate dal trattamento dei prodotti a fine vita. Nel caso degli autoveicoli, lo accennavamo poc’anzi, un materiale emblematico è costituito dalle gomme presenti nei pneumatici fuori uso (PFU), nei quali il processo fisico della “vulcanizzazione” rende inscindibili i legami fra le diverse tipologie di gomme e polimeri, di fatto impedendo ogni forma di riciclo tradizionale, inteso come riutilizzo tal quale nel ciclo produttivo originale. Eppure i materiali derivati dal trattamento meccanico (granulazione, chipping e polverizzazione) hanno caratteristiche intrinseche tali da farne un materiale “pregiato”: – resistenza agli agenti atmosferici e ai batteri; – resistenza a solventi e agenti chimici; – resistenza allo stress meccanico; – stabilità nel tempo; – elasticità e flessibilità; – capacità di drenaggio; – basso perso specifico apparente. Tutte specificità che possono essere valorizzate opportunamente (fondi per campi da calcio, pavimenti, isolamento acustico, bitumi modificati e manti stradali di nuova concezione), senza contare che il potere calorifico sviluppato è paragonabile a quello del carbone. Infatti, già da tempo, i granuli da PFU sono utilizzati nei forni dei cementifici o per la produzione di energia elettrica da vapore. Ma i PFU hanno anche, per loro natura una “seconda vita” direttamente imputabile al mercato della ricambistica, ci riferiamo qui alla ricostruzione e al riutilizzo, laddove possibile. Ma cerchiamo di analizzare insieme i numeri e la portata della gestione dei PFU in Italia e in Europa, Secondo Ecopneus Spa, ogni anno, in Italia, sono generate statisticamente circa 350.000 tonnellate di PFU. Di queste circa la metà è destinata al recupero energetico; il 20% viene recuperato come materia prima seconda negli utilizzi che si accennavano poc’anzi; il restante 25% circa, vie- ne disperso in traffici non censiti e pratiche illegali (fra cui si sottolinea l’abbandono indiscriminato sul suolo pubblico e l’incenerimento illegale). In Europa, 90 impianti producono ogni anno 335 milioni di pneumatici, che rappresentano il 24% della produzione mondiale. I dati 2007 indicano che il Vecchio continente ha generato 2,7 milioni di tonnellate di PFU di cui il 91% è stato avviato a recupero, confermando l’Europa quale una tra le aree più virtuose nel recupero di questa tipologia di rifiuti. Tra l’altro, è interessante notare che se le pratiche della ricostruzione e del recupero energetico mostrano una sostanziale costanza nel tempo, rispettivamente del 12% e del 32% circa, dal 1994, ciò che è aumentato sensibilmente è il recupero del mate- riale, passato dal 6% del ’94 al 39% del 2007. Ecnopneus, ricorda che in Europa con- vivono 3 diversi modelli di gestione dei PFU, così concretizzati: Sistema a tassazione (Danimarca, Slovacchia e Slovenia) Ciascun Paese è responsabile per il recupero e il riciclo dei PFU; i Produttori pagano una tassa allo Stato che è responsabile globalmente dell’organizzazione e remunera gli Operatori della filiera del recupero. La tassa, successivamente, viene applicata al consumatore. Libero mercato (Austria, Bulgaria, Croazia, Germania, Irlanda, Svizzera e Regno Unito). La legge stabilisce gli obiettivi da raggiungere ed i referenti per i singoli settori di attività, ma non prevede il responsabile di filiera. In tal modo tutti gli operatori stipulano contratti secondo le condizioni del libero mercato e agiscono conformemente alla locale legislazione sui rifiuti. Responsabilità del produttore (Norvegia, Paesi Bassi, Svezia, Belgio, Finlandia, Estonia, Francia, Polonia, Portogallo, Ungheria, Romania, Spagna, Grecia e Italia). In questo caso la legge definisce l’assetto legale e conferisce la responsabilità ai Produttori di organizzare la gestione dei PFU. È prevista la possibilità di costituzione di una società senza scopo di lucro per gestire i PFU attraverso le soluzioni più economi- che. I produttori hanno l’obbligo di monitorare e rendicontare alle autorità nazionali. Purtroppo, in Italia, perdura l’attesa di un Decreto attuativo che definisca modalità e tempi di attuazione del sistema integrato che dovrebbe coinvolgere tutti gli attori della filiera e tale mancanza ha ingenerato nel tempo una situazione di criticità che si manifesta: – nel mancato controllo sui flussi dei PFU; – sull’insufficiente implementazione dell’utilizzo dei PFU e dei suoi derivati; – sull’assenza di una razionalizzazione tra le varie componenti del sistema (raccolta, trasporto, recupero e reimpiego). In realtà qualcosa, si sta muovendo. Infatti, nel 2009 è nata Ecopneus Spa, Società consortile creata da Bridgestone, Continental, Goodyear Dunlop, Marangoni Michelin e Pirelli per gestire il rintracciamento, la raccolta, il trattamento e la destinazione finale dei PFU in Italia, sulla base del riferimento normativo rappresentato dall’art. n. 228 del D. Lgs. 152/2006, Testo Unico Ambientale. Di tutto questo e delle prospettive del neonato sistema si è parlato durante il Convegno nazionale a cura di Ecopneus Spa: Gestione dei Pneumatici Fuori Uso: un sistema al nastro di partenza (ECOMONDO – Fiera di Rimini, 30 ottobre), che ha visto la prestigiosa presenza di tutti gli attori del settore insieme al Ministero dell’Ambiente: Corrado Scapino – Presidente FISE-UNIRE, Fazilet Cinaralp – Segretario Generale ETRMA, European Tyre & Rubber Manufacturers Association, Ettore Musacchi – Presidente Consorzio ARGO, Roberto Quaranta – Presidente ASSORIGOM, Renzo Servadei – Segretario Generale FEDERPNEUS, Paola Ficco – Responsabile attività normativa Fondazione Sviluppo Sostenibile, Salvatore Di Carlo – Responsabile ELV Fiat Group Automobiles. Nel corso del convegno Massimo Lepri, membro della Segreteria Tecnica del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ha an- nunciato l’ormai prossima emanazione del Decreto, avviato alle fasi conclusive dell’iter formale previsto. Il sistema che sarà attuato è fondato sul principio della “responsabilità del Produttore”, secondo il quale le aziende che producono o importano e distribuiscono pneumatici sono responsabili della raccolta e recupero del prodotto a fine vita, un approccio che in Europa ha già portato a risultati importanti di recupero di questo prezioso materiale. I Produttori/Importatori saranno dunque tenuti ogni anno a gestire (assicurando raccolta, trasporto, recupero e smaltimento) una quantità di PFU equivalenti a quanto immesso nel mercato del ricambio nell’anno precedente. Date ed obiettivi del sistema: entro il 31 dicembre 2010 dovrà essere controllato dal sistema almeno il 35% dei PFU immessi nel mercato; entro il 31 dicembre 2011 dovrà essere raggiunto il target del 100%. Il sistema sarà finanziato attraverso un contributo ambientale (comma 2, articolo 228 del D. Lgs. 152/06) che, come avviene già oggi, sarà pagato al momento dell’acquisto dei nuovi pneumatici; l’importo sarà indicato in modo trasparente e chiaro sulla fattura di acquisto. Si tratterà di un sistema senza fini di lucro, che punta ad una progressiva ottimizzazione di tutti i costi di sistema. Eventuali risorse disponibili saranno destinate ad attività negli anni successivi, e per il 30%, potranno essere utilizzate dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare per la bonifica e recupero di siti dove esistono stock storici abbandonati, una realtà presente un po’ in tutta Italia. Nel corso del convegno, Giovanni Corbetta, Direttore Generale Ecopneus, ha illustrato gli obiettivi prioritari sui quali sarà impegnato il sistema Ecopneus: “Anzitutto combattere l’illegalità, raccogliendo alla fonte, controllando le destinazioni e monitorando ogni passaggio del sistema; quindi incrementare il recupero di materiale, sviluppando nuove applicazioni; commplessivamente, dunque, riequilibrare il tutto attivando controlli efficaci”. L’obiettivo più generale sarà quello di valorizzare un materiale prezioso versatile e dalle eccellenti potenzialità di riutilizzo, quale è il pneumatico fuori uso, oggi ancora largamente disperso nell’ambiente ed esposto al rischio di incendi. Assicurare la raccolta e invio a recupero del 100% dei PFU in Italia, renderà dunque disponibile una materia prima seconda preziosa, permetterà il consoldiamento e sviluppo di un intero settore industriale e potrà prevenire gravi rischi ambientali.