ANCORA UNA PRECISAZIONE DELLA CASSAZIONE SUI ROTTAMI FERROSI
Precisato, inoltre quando l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti
Che “I rottami ferrosi rientrano nel campo di applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e non pericolosi e relativo regolamento, assumendo in tal caso la qualificazione di materia prima secondaria” era un assunto già espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza n, 833 del 4 dicembre 2008. Tale decisione andava ad integrare quanto precedentemente affermato in tema di stoccaggio di rifiuti ferrosi con sentenza n. 35911 del 25 giugno 2008, allorché si specificava che: “i predetti materiali non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto non rilevando la loro riutilizzazione da parte di terzi acquirenti, né gli stessi sono classificabili come materie prime secondarie ovvero sottoprodotti, essendosi il detentore disfatto di tali materiali”.
E ancora, per quanto riguarda l’attività di trasporto, il 7 aprile 2009, con sentenza n. 202449 si è specificato che: “l’attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti, a condizione, da un lato che il soggetto sia in possesso del titolo abilitativi per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante e, dall’altro, che si tratta di rifiuti che formano oggetto del suo commercio”. Tali motivazioni, costituiscono il fondamento di questa ennesima pronuncia della Corte di Cassazione Penale, sezione III, sentenza del 12 ottobre 2009 n. 39727, della quale forniamo il testo a maggior informazione dei Lettori. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE TERZA SESSIONE PENALE (omissis) Ha pronunciato la seguente SENTENZA Sul ricorso proposto da: 1) Gabriele Antonio avverso la sentenza del 20.1.2008 del GIP del Tribunale di Sulmona sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano sentite le conclusioni del P.G., dr Alfredo mon- tagna, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso OSSERVA 1) Con sentenza del 20.11.2008 il GIP del Tribunale di Sulmona dichiarava Gabriele Antonio colpevole del reato di cui all’art. 256 comma 1 lett.a) D.L.vlo 152/2006 per aver effettuato attività di trasporto di rifiuti ferrosi (tra cui rete metallica da recinzione, rete metallica per letto, stufa) in assenza della prescritta autorizzazione e, previa applicazione della diminuente per la scelta del rito, lo condannava alla pena di euro 1.200,00 di ammenda; con confisca e distruzione del materiale ferroso oggetto di sequestro probatorio. Riteneva il GIP che dalla descrizione contenuta nel verbale di sequestro e dalla documenta-zione fotografica emergesse, in modo in equivoco, che il materiale sequestrato fosse da considerare rifiuto insuscettibile di riutilizzazione. Risultando pacificamente che l’imputato non era munito di autorizzazione al trasporto di detto materiale, era configurabile il reato contestato. 2) Propone ricorso per cassazione il Gabriele, a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo la inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 256 comma1) lett. A) D.L.vo 152/2006. Il materiale rinvenuto non è riconducibile ad alcuna delle categorie di rifiuti indicate nell’all. A del D.L.vo in questione. La stessa sentenza impugnata nulla dice in proposito, limitandosi genericamente a richiamare il verbale di sequestro e la documentazione fotografica; non viene neppure descritto quantitativamente e qualitativamente il materiale (peraltro, come emerge dagli atti, oltre quello descritto nell’imputazione non vi era altro materiale). Ad evitare incertezza ed ambiguità la normativa contestata deve essere interpretata in modo rigoroso, per cui vanno considerati rifiuti solo quelli destinati a non essere più utilizzati (nel caso di specie invece si trattava di materiale usato che poteva ancora essere utilizzato). Con il secondo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 181 bis comma 1 D.L.vo 152/2006, non potendo il materiale trasportato essere ricondotto ai criteri, requisiti e condizioni previsti dalla norma (altrimenti ogni materiale usato potrebbe astrattamente essere qualificato come rifiuto). Né si è tenuto conto della distinzione, contenuta nell’art. 183 e nell’allegato D, tra il concetto di rifiuto e quello di sotto- prodotto. Con il terzo motivo denuncia l’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 183 D.L.vo 152/2006. Il Tribunale ha apoditticamente qualificato come rifiuti il materiale trasportato, senza tener conto che la norma attribuisce rilevanza penale al trasporto solo con riferimento alla raccolta e smaltimento/recupero (nella sentenza non vi è traccia di un obbligo per l’imputato di disfarsi di merce che era invece suscettibile di riutilizzo). Con il quarto motivo denuncia l’inosservanza ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 178 comma 3 e 188 comma 1 D.L.vo 152/2006, potendo il trasportatore di rifiuti essere chiamato a rispondere solo per fatti che siano riconducibili direttamente alla sua attenzione od omissione. Con il quinto motivo denuncia la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla qualificazione come rifiuto del materiale trasportato. Il Tribunale non ha tenuto minimamente conto che il materiale in questione poteva essere riutilizzato (l’imputato ricavava il necessario per la propria sussistenza dalla raccolta di materiale abbandonato, riutilizzandolo per fini di piccolo commercio). Chiede pertanto l’annullamento della sentenza impugnata. 3) Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto. 3.1) Con accertamento di fatto, argomentato ed immune da vizi, come tale non sindacabile in sede di legittimità, il Tribunale, sulla base delle risultanze del verbale di sequestro e della documentazione fotografica allegata, ha ritenuto che il materiale trasportato (nella imputazione si fa riferimento a rete metallica da recinzione, rete metallica per letto, stufa) fosse da considerare “rifiuto”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, l’accertamento della natura di un oggetto quale rifiuto… costituisce una quaestio facti demandata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione esente da visi logici o giuridici (cfr. Cass. Sez. 9.4.2002 n. 14762). 3.2) A norma dell’art. 183 comma 1 lett. a) si intende per rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A alla parte quarta del presente decreto e di cui il detentore si disfi o abbia deciso l’obbligo di disfarsi”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte “per rifiuto, ai sensi della normativa comunitaria o nazionale, deve intendersi qualsiasi sostanza od oggetto di cui il produttore o il detentore si disfi, restando irrilevante se ciò avvenga attraverso lo smaltimento del prodotto ovvero tramite il suo recupero e, inoltre, prescindendosi da ogni indagine sull’intenzione del detentore che abbia escluso ogni riutilizzazione economica della sostanza dell’oggetto da parte di altre persone” (cfr Cass. Pen. Sez. 3 n. 31011 del 18.9.2002). In motivazione si precisava che “tale impostazione oggettiva questa Corte ha mantenuto pure quando il legislatore con una serie di decreti legge reiterati e mai convertiti aveva introdotto la categoria dei residui, cioè riutilizzabili, richiedendo sempre la destinazione attuale, effettiva ed oggettiva al reimpiego produttivo, non essendo sufficiente una mera idoneità materiale al riutilizzo” (sent. N. 31011/2002 cit). Anche a seguito delle modifiche introdotte dal D. Lgs. 16 gennaio 2008 n.4 al D.L.gs. 152/2006 è stato riaffermato che “i rottami ferrosi rientrano nel campo di applicazione della disciplina dei rifiuti, salvo che gli stessi provengano da un centro autorizzato di gestione e trattamento di rifiuti e presentino caratteristiche rispondenti a quelle previste dai decreti ministeriali sul recupero agevolato di rifiuti pericolosi e relativo regolamento, assumendo in tal caso la qualificazione di materia prima secondaria” (Cass. Sez. n. 833 del 4.12.2008). Del materiale trasportato dal ricorrente, come lui stesso riconosciuto (assume che procedeva alla raccolta di materiale abbandonato, riutilizzandolo per fini di piccolo commercio), soggetti terzi si erano disfatti. 3.2.1) Né può, certamente farsi riferimento alla nozione di sottoprodotto, Secondo l’art. 183 lett. n) D.L.vo 152/2006 sono tali “i prodotti dell’attività dell’impresa che, pur non costituendo l’oggetto dell’attività principale, scaturiscono in via continuativa dal processo industriale dell’impresa stessa e sono destinati ad un ulteriore impiego e al consumo. Non sono soggetti alle disposizioni di cui alla parte quarta del presente decreto i sottoprodotti di cui l’impresa non si disfi, non sia obbligata a disfarsi e non abbia deciso di disfarsi ed in particolare i sottoprodotti impiegati direttamente dall’impresa che li produce o commercializzati a condizioni economicamente favorevoli per l’impresa stessa direttamente per il consumo o per l’impiego, senza la necessità di operare trasformazioni preliminari in un successivo processo produttivo” (da intendersi come qualsiasi operazione che faccia perdere al sottoprodotto la sua identità, ossia le caratteristiche merceologiche di qualità e le proprietà che esso possiede in un successivo processo produttivo). Né, in relazione alla fattispecie in esame hanno alcuna incidenza le modifiche apportate al D.L.vo 16.1.2008 n.4. Peraltro questa Corte, in tema di stoccaggio di rifiuti ferrosi, ha ribadito, di recente, che i “predetti materiali non si sottraggono alla qualificazione di rifiuto non rilevando la loro riutilizzazione da parte di terzi acquirenti, né gli stessi sono classificabili come materie prime secondarie, ovvero sottoprodotti, essendosi il detentore disfatto di tali materiali…” (Cass. Sez. 3 n.35911 del 25.6.2008). 3.2.2) Per quanto riguarda l’attività di trasporto, questa Corte ha costantemente affermato che l’ “attività di raccolta e trasporto dei rifiuti non pericolosi prodotti da terzi, effettuata in forma ambulante, non integra il reato di gestione non autorizzata di rifiuti, a condizione che , da un lato, il soggetto sia in possesso del titolo abilitativo per l’esercizio di attività commerciale in forma ambulante e, dall’altro, che si tratti di rifiuti che formano oggetto del suo commercio” (cfr. ex multis Cass.sez. 3 n. 20249 del 7.4.2009). Ma l’esistenza di un titolo abilitativo, oltre che non provata, non è stata neppure dedotta. P.Q.M Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 18 giugno 2009.