DAL 1° DICEMBRE È IN VIGORE IL TRATTATO DI LISBONA

L’Europa avrà finalmente gli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle esigenze dei cittadini

Dopo un iter di 8 anni, il 1° dicembre 2009 è ufficialmente entrato in vigore il Trattato di Lisbona. Nato dopo un processo lungo e fa- ticoso, iniziato nel 2001, quando al vertice di Leaken i Capi di Stato europei formalizzarono la Dichiarazione che fissava i punti su cui l’Unione Europea doveva agire per una svolta funzionale delle istituzioni e del suo ruolo internazionale. Il documento era necessario per dotare l’intero si- stema europeo di strumenti decisionali efficaci ed efficienti. La Costituzione europea, denominata “Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa” che doveva essere il naturale sbocco di questa esigenza, venne firmata da 24 Capi di Stato e di Governo dei Pa- esi membri a Roma, ma nel 2005 due Paesi fondatori (Francia e Olanda) vennero meno alla ratifica. Il testo, anticipatore di un’idea di integrazione, non trovò appiglio in quei Paesi fortemente nazionalisti.

Apportate le dovute modifiche, il 13 dicembre del 2007 il Trattato venne firmato a Lisbona. Nel frattempo ci fu l’opposizione dell’Irlanda. La procedura di ratifica si è conclusa il 3 novembre del 2009 con la firma del Presidente ceco Vaclav Klaus. Il 1° dicembre 2009, per l’entrata in vigore del Trattato, si tiene, a Lisbona, una cerimonia organizzata dal Governo portoghese, per porre l’accento su alcuni cambiamenti: per la prima volta nella storia, l’Unione Europea avrà una personalità giuridica unica. Viene di fatto superata la struttura nata con il Trattato di Maastricht, ponendo fine alla distinzione fra Comunità Euro- pea ed Unione Europea; i due Trattati fondamentali, il Trattato sull’Unione europea e il Trattato sul funziona- mento dell’Unione europea, vengono sostanzialmente modificati. Entra in vigore, inoltre, la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea, proclamata solennemente a Strasburgo il 12 dicembre 2007, che, seppur non inclusa nel Trattato, ha valore giuri- dico vincolante ed è esplicitamente richiamata dallo stesso. Cerchiamo di vedere in sintesi tutte le novità introdotte dal Trattato: Sono previste due nuove figure istituzionali: da un lato il Presidente dell’UE, dall’altro un Ministro degli Esteri. Il primo guida il Consiglio e viene nominato dallo stesso; resta in carica per due anni e mezzo ed è rinnovabile per un mandato, (la funzione è ora rivestita dal belga Van Rompuy). La britannica Catherine Ashton, invece, è il Ministro degli Esteri nominato dal Consiglio ed ha il duplice ruolo di altro rappresentante per le politi- che estere e di sicurezza, nonché di vicepresidente della Commissione con la responsabilità di coordinare tutti i servizi attivi nelle relazioni esterne, dal commercio alle politiche di sviluppo, senza tralasciare le relazioni politiche. Questa novità, rafforza la coerenza dell’azione esterna e consolida il pro- filo dell’UE nel mondo, consentendo di attribuirle un volto e di promuovere progressivamente l’interesse europeo. Maggior efficienza e trasparenza dei metodi di lavoro e del ruolo del Parlamento: con il Trattato, il voto a maggioranza qualificata viene esteso a nuovi ambiti politici, con il 90% delle materie sarà assoggettato al procedimento di codecisione, un processo decisionale più snello. A partire dal 2014 la maggioranza qualificata verrà calcolata sulla doppia maggioranza degli Stati membri e della popolazione che si considererà pertanto raggiunta quando una decisione sarà approvata da almeno il 55% degli Stati membri che rappresentano almeno il 65% della popolazione dell’UE. I Parlamenti nazionali disporranno, inoltre, di un meccanismo per contra- stare progetti di legislazione europea, con la Commissione obbligata a riesaminare ogni progetto che viene contrastato da un terzo dei voti attribuiti ai parlamenti nazionali, motivando l’eventuale rifiuto. L’unanimità viene mantenuta nei settori della politica fiscale, della politica estera, della difesa e della sicurezza sociale. Il principio di sussidiarietà I Parlamenti nazionali rappresentano il livello istituzionale più vicino ai cittadini, per questo sono i rappresentanti di tale principio. Tali istituzioni hanno il potere di intervenire nella fase inizia- le dell’iter legislativo europeo, prima che una proposta venga esaminata in dettaglio dal Parlamento europeo e dal Consiglio dei Ministri. Inoltre, potranno bloccare l’iter amministrativo qualora le proposte avanzate non rispettino il principio di sussidiarietà. Ciò rafforza indirettamente il principio di attribuzione, secondo il quale tutte le funzioni non esplicitamente attribuite all’Unione appartengono agli Stati membri. Migliorare e tutelare l’ambiente
Uno degli obiettivi è operare per uno sviluppo sostenibile dell’Europa, sul- la base di un elevato livello di tutela e miglioramento qualitativo dell’ambiente. Sebbene l’idea dello sviluppo sostenibile figuri anche negli attuali trattati, il Trattato di Lisbona la rafforza e ne precisa la portata. L’art. 11 cita: “Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”. Un intero Titolo, il XX, artt. 191-193, è dedicato all’ambiente e sancisce: 1. La politica dell’Unione, in materia ambientale, contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tute- la e miglioramento della qualità della vita; protezione della salute umana; utilizzo accorto e razionale delle risorse naturali; promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi a livello regionale o mondiale, e in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica dell’Unione…mira ad un elevato livello di tutela tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Essa è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva…dei danni causati all’ambiente. In tal contesto le misure di armonizzazione rispondenti ad esigenze di protezione dell’ambiente comporta- no…una clausola di salvaguardia che autorizza gli stati membri a prendere, per motivi ambientali di natura non economica, misure provvisorie soggette ad una procedura di controllo dell’Unione. 3. Nel predisporre la sua politica in materia ambientale l’Unione tiene conto: dei dati scientifici e tecnici disponibili; delle condizioni dell’ambiente nelle varie regioni dell’Unione; dei vantaggi e degli oneri che possono derivare dall’azione o dall’assenza di azione; dello sviluppo socio-economi- co dell’Unione nel suo insieme e dello sviluppo equilibrato delle singole regioni. 4. Nell’ambito delle rispettive competenze, l’Unione e gli Stati membri collaborano con i Paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell’Unione possono formare oggetto di accordi tra questa ed i terzi interessati. Il comma precedente non pregiudica la competenza degli stati membri a negoziare nelle sedi internazionali e a concludere accordi internazionali”. L’UE interviene, quindi, con obiettivi chiari: perseverare, tutelare e migliora- re la qualità dell’ambiente; proteggere le salute; incoraggiare un uso raziona- le delle risorse naturali; promuovere misure internazionali per affrontare problemi ambientali di portata regionale o mondiale. Finalmente l’ambiente e i cambiamenti climatici che costituiscono oggi una delle maggiori sfide ambientali, sociali ed economiche per l’umanità, divengono obiettivo specifico dell’UE. Una nuova politica energetica Un capitolo specifico del Trattato definisce gli ambiti e gli obiettivi relativi l’approvvigionamento energetico; si definisce il funzionamento del mercato energetico, l’efficienza energetica, il risparmio energetico, lo sviluppo di fonti energetiche nuove e rinnovabili; tutto ciò tenendo conto del principio di solidarietà, ovvero se un Paese ha difficoltà per l’approvvigionamento energetico potrà contare sull’aiuto degli altri Stati membri. Viene istituita l’iniziativa popolare al fine di accrescere la partecipazione popolare. I cittadini europei, secondo questa disposizione di democrazia partecipativa, possono prendere l’iniziativa di invitare la Commissione a presentare una proposta su questioni per le quali reputano necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione del Trattato di Lisbona. Il diritto si applica con l’acquisizione di un milione di firme, poche per una dimensione come quella comunitaria di 500 milioni di persone. È in corso una consultazione che porterà alla definizione di un apposita normativa determinante le regole di funzionamento di questo strumento. Aumentano i diritti e le liberta Il Trattato conferisce valore giuridico alla Carta dei Diritti Fondamentali. I sei capitoli della Carta riguardano molteplici aspetti, dignità, uguaglianza, solidarietà: tutti diritti derivanti da altri strumenti internazionali fra cui la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Le Istituzioni europee sono così tenute al rispetto dei diritti sanciti dalla Carta e lo stesso vale per gli Stati membri quando attuano la legislazione dell’UE; la Corte Europea di Giustizia assume la competenza giurisdizionale per giudicare la corretta applicazione della Carta. Un intera sezione viene dedicata alla solidarietà intesa come diritti socia- li tra i quali vengono annoverati: il diritto all’informazione: il diritto di negoziare accordi collettivi; il diritto di accesso a servizi di collocamento gratuiti; la tutela contro il licenziamento ingiustificato; il diritto di accesso alla sicurezza sociale e all’assistenza. Ora si può attuare in maniera efficace una politica di crescita economica attenta e rispettosa delle esigenze sociali dei cittadini. Più sicurezza per tutti L’Unione ha maggior capacità d’azione in materia di sicurezza, può, in modo più incisivo, lottare contro la criminalità che favorisce l’immigrazione clandestina, contrastare il terrorismo congelando i proventi di attività illecite e promuovere azioni per prevenire atti delinquenziali. La nascita di un corpo volontario europeo Un gruppo di Stati membri, che lo desideri e che disponga delle necessarie capacità, potrà svolgere missioni di disarmo, aiuto umanitario, soccorso, consulenza militare e mantenimento della pace. Gli Stati membri inoltre possono mettere a disposizione dell’UE risorse civili e militari per la realizzazione delle operazioni della politica di sicurezza e difesa comune. Ciascun Paese conserva il diritto di opporsi a tali operazioni e tutte le capacità militari restano nelle mani degli stati membri poiché non è prevista la creazione di un esercito, ma solo di un corpo volontario di aiuto umanitario a fronte di calamità naturali e guerre. Nuove relazioni con i paesi beneficiari della cooperazione allo sviluppo e degli aiuti umanitari Viene introdotta per la prima volta una base giuridica specifica per l’aiuto umanitario, in cui si evidenziano le specificità di questa politica e l’applicazione dei principi del diritto umanitario internazionale, specie quelli di imparzialità e di non discriminazione. Il Trattato ha come obiettivo principale la lotta alla povertà. Rispetto a cooperazione allo sviluppo e aiuti umanitari, l’UE conduce una politica autonoma che non impedisce agli Stati membri di esercitare le loro competenze. Il contributo del Trattato consiste nell’aver trovato un equilibrio nella ripartizione dei poteri tra gli Stati membri e le Istituzioni interne dell’Unione, per evitare che l’Europa appaia debole sulla scena internazionale. I suoi membri devono, quindi, essere uniti, così da poter vedere in un ottica generale le varie opportunità, dall’allargamento alla Turchia alla capacità di attirare capitali esteri da investire nell’ambiente, nell’energia, nelle infrastrutture, sottraendo così l’Unione da una prospettiva di crescita economica pari all’1%. L’acquisizione di nuove risorse permetterebbe al bilancio europeo di dedicare più del 40% delle risorse (circa l’1% del Pil), allo sviluppo rurale, economico, occupazionale, tecnologico e informativo. Il Trattato, complicato e di difficile lettura, è comunque un buon Trattato, una sorta di scatola da riempire di idee e volontà, soprattutto a livello politico, affinché i “giochi” fra le personalità politiche non blocchi la capacità dell’Unione di dedicarsi pienamente alla ricerca di una via d’uscita dall’attuale crisi economica e finanziaria e di portare avanti le strategie UE 2020 per una crescita più ecologica. Non resta che sperare che dalle parole si passi ai fatti, così che finalmente venga portata una ventata di novità e freschezza in istituzioni che ne hanno veramente bisogno.


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