Hard Brexit: l’industria automobilistica Ue fa quadrato contro l’ipotesi no deal
L’uscita senza accordi del Regno Unito dal mercato unico e dall’unione doganale preoccupa fortemente gli operatori per le conseguenze i termini di aumento dei costi, produttività, esportazioni e domanda da parte dei consumatori.
Manca poco più di un mese alla data fatidica che il Regno Unito – o almeno una sua parte – ha scelto per uscire dall’Unione Europea anche senza alcun accordo. Un’ipotesi che fa tremare i polsi al mercato internazionale giustamente preoccupato dagli effetti della conseguente reintroduzione delle barriere doganali.
Anche il settore automobilistico è in fibrillazione per le conseguenze che avrebbe nel settore una Brexit no deal e la temuta introduzione delle regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio almeno per quanto riguarda i rapporti commerciali da e con il Regno Unito, pertanto, i principali rappresentanti del settore automobilistico (ACEA in testa, poi l’Associazione europea dei fornitori di automobili – CLEPA e 21 Associazioni nazionali) hanno lanciato, in data 23 settembre, un appello congiunto al Regno Unito e all’Ue per scongiurare una uscita “senza accordi”.
L’industria automobilistica in Europa – ricorda ACEA l’Associazione europea dei produttori di automobili, contribuisce alla crescita e alla ricchezza dell’Unione, producendo 19,1 milioni di veicoli all’anno e impiegando 13,8 milioni di persone in tutto il settore, ovvero: 1 su 16 della forza lavoro dell’UE.
Non solo: l’11,4% dei posti di lavoro nell’industria manifatturiera dell’UE – circa 3,5 milioni – è nel settore automobilistico (dati ACEA); mentre i veicoli a motore rappresentano 428 miliardi di euro di tasse solo nei Paesi dell’UE-15 e il fatturato generato dall’industria automobilistica rappresenta oltre il 7% del PIL dell’UE.
Senza contare che con un investimento annuo di 57,4 miliardi di Euro in Ricerca e Sviluppo, il settore automobilistico è il maggiore contributo privato europeo all’innovazione, rappresentando il 28% della spesa totale dell’UE.
Naturalmente, per raggiungere tali risultati è stata fondamentale l’integrazione che ha cercato di massimizzare i vantaggi del mercato unico e dell’unione doganale a vantaggio delle imprese in tutta l’UE e quindi lo spettro dell’introduzione delle tariffe OMC su auto e furgoni – che, per inciso, potrebbero comportare miliardi di costi in più – agita il sonno dei costruttori che chiedono con forza un accordo al fine di salvaguardare l’industria automotive Ue con tutto quel che ne consegue in termini di produzione e lavoro.
Il verificarsi di una hard Brexit andrebbe ad innescare “un cambiamento sismico nelle condizioni commerciali, con miliardi di euro di tariffe che minacciano di influenzare la scelta dei consumatori e l’accessibilità economica su entrambi i lati della Manica. La fine del commercio senza barriere potrebbe comportare un’interruzione dannosa del modello operativo just-in-time del settore“; secondo i costruttori ogni interruzione alla produzione costerebbe al Regno Unito ben 50.000 sterline al minuto!
Senza contare che, nella malaugurata ipotesi di un no deal le tariffe OMC su auto e furgoni potrebbero aggiungere 5,7 miliardi di euro (5 miliardi di sterline) alla bolletta collettiva del commercio automobilistico UE-Regno Unito, aumentando i prezzi per i clienti qual ora i produttori non fossero in grado di assorbire il costo aggiuntivo.
“La Brexit non è solo un problema britannico – ha dichiarato Christian Peugeot, presidente della CCFA – Comitato dei costruttori automobilistici francesi – siamo tutti preoccupati per l’industria automobilistica europea e anche di più. Che si tratti di esportatori sul mercato britannico o di produttori locali, che siano entrambi, saremo inevitabilmente colpiti negativamente“.
“Dal punto di vista dell’industria automobilistica tedesca, è necessario fare tutto per mantenere la libera circolazione delle merci, dei servizi, la libertà di capitale e la libera circolazione dei lavoratori tra il Regno Unito e l’UE – gli ha fatto seguito Bernhard Mattes, presidente VDA – Associazione tedesca dell’industria automobilistica – Allo stesso tempo, riconosciamo che il mercato interno e la coesione dell’UE a 27 sono una priorità e una condizione preliminare“.
“L’industria automobilistica europea gestisce catene di approvvigionamento globali altamente integrate. Un singolo veicolo è costituito da circa 30.000 parti, molte delle quali attraversano più volte le frontiere” ha ricordato Sigrid de Vries, segretario generale CLEPA – Associazione europea dei fornitori automobilistici, sottolineando come: “Il commercio senza attriti e senza tariffe, nonché la certezza normativa, sono di vitale importanza…La Brexit ha un effetto negativo su tutti questi aspetti… in particolare una Brexit senza accordi, sarà gravemente dannosa per l’industria dei fornitori in Europa e nel Regno Unito e deve essere evitata“.
Anche i produttori italiani si sono aggiunti al coro delle critiche; Gianmarco Giorda, Direttore ANFIA – Associazione italiana dell’industria automobilistica ha dichiarato: “Il Regno Unito è il terzo mercato di destinazione di parti e componenti per autoveicoli e il quarto per le automobili, pertanto è rilevante per l’industria italiana, in particolare per i fornitori di componenti che rappresentano un importante interlocutore per i produttori locali. L’introduzione di nuove tariffe doganali, procedure di lunga durata e prezzi così più elevati potrebbe avere solo un effetto devastante sull’industria automobilistica, sia per quella italiana che per quella britannica“.
E se Sparta piange, Atene non ride… dalla Spagna, Mario Armero vicepresidente esecutivo dell’ANFAC – Associazione spagnola dei produttori di auto e camion ha voluto ricordare come il paese iberico sia principalmente un esportatore di veicoli verso l’Ue (2/3 della produzione locale è venduta oltre i confini nazionali) è, in questo senso, il Regno Unito è uno degli sbocchi principali di tali vendite.
“Da quando è stata votata la Brexit – ha rimarcato – le esportazioni sono diminuite in modo esponenziale. L’istituzione di tariffe e barriere commerciali ci preoccupa e nuoce alla competitività delle nostre fabbriche e allo sviluppo delle nostre catene di approvvigionamento altamente integrate. Una Brexit “no deal” peggiorerà ulteriormente questo commercio e danneggerà l’intera catena di produzione, in Spagna e in Europa“.
Staremo a vedere cosa ci riserva questa situazione, la cui soluzione, sembra ogni giorno più distante.