ABBANDONO DI RIFIUTI
Permangono le disposizioni sanzionatorie previste dall’art. 51 dell’ex. Decreto “Ronchi”
Le disposizioni sanzionatorie previste dall’articolo 51 del D. Lgs. 22/1997 (altrimenti noto come: “Decreto Ronchi”), permangono nell’articolo 256 del D. Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale) A stabilirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26953 del 2 luglio 2009, con la quale conferma la condanna a carico di un privato per “abbandono di rifiuti”, ex articolo 51, comma 2, D. Lgs. 3 febbraio 1997, n. 22. Nella fattispecie, il ricorrente, aveva impugnato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata che aveva accertato la raccolta di rifiuti speciali non pericolosi, consistenti in pneumatici usati, cerchioni deteriorati ed altre parti di autovetture, il tutto sparso sul piazzale antistante l’attività esercitata dall’imputato. La sentenza della Cassazione segue i principi generali dell’ordinamento, i quali prevedono che nella successione delle leggi vada applicata la disposizione più favorevole all’imputato e quindi, nel caso specifico, l’articolo 51 del D. Lgs. 22/1997 (vigente fino al 28 aprile 2006), rispetto all’articolo 256 del Dlgs 152/2006 (vigente a partire dal 29 aprile 2006).
Di seguito pubblichiamo il testo dell’intera sentenza per meglio favorire il lettore nella comprensione dei fatti. La Corte Suprema di Cassazione Terza Sezione Penale Composta dai Signori: 1 Dr. Pierluigi Onorato 2 Dr. Ciro Petti 3 Dr. Alfredo Teresi 4 Dr. Amedeo Franco 5 Dr. ssa Guicla I. Mulliri all’esito dell’udienza pubblica del 7 aprile 2009 ha pronunciato e pubblicato mediante lettura del dispositivo la seguente SENTENZA Sul ricorso proposto da: Sicignano Gennaro, nato a Sant’Antonio Abate il 20.12.62 imputato art. 51 co. D. Lg.vo 22/97 Avverso la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, sez dist. di Gragna- no in data 14.3.08 Sentita la relazione del cons. Guicla I. Mulliri; sentito il P.M., nella persona del P.G. Dr. Giovani D’Angelo, che ha chiesto il rigetto del ricorso; osserva 1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso Con la sentenza impugnata, il giudice di merito ha condannato il Sicignano alla pena di 3000 euro di ammenda, con il beneficio della non menzione della condanna, avendolo ritenuto responsabile della violazione dell’art. 51, co. 2 D. Lg. Vo 22/07, così riqualificata l’originaria rubrica contenente la contestazione del co. 1 lett a). La condotta accertata, infatti, era stata quella di una raccolta di rifiuti speciali non pericolosi consistenti in pneumatici usati, cerchioni deteriorati ed altre parti di vetture; il tutto sparso su un piazzale antistante l’attività di autoriparazione e gommista esercitata dall’imputato. Il giudice aveva, quindi ritenuto di ricondurre tale condotta in quella di abbandono di rifiuti. Avverso tale decisione, ha proposto ricorso l’imputato deducendo: 1)Inosservanza delle norme processuali (art. 606 lett c) c.p.p in rel. Agli artt. 178 lett. C) e 460 c.p.p. nonché 141 co. 3 D. Lg.vo) in quanto, nel decreto penale di condanna, non era stata fatta menzione della facoltà, per l’imputato, di definire il procedimento con oblazione. Tra l’altro, dopo l’emissione del decreto penale, era stata modificata la normativa dal sopraggiungere del D. Lg.vo 152/06 che aveva abrogato l’art. 51 e previsto l’applicazione delle sanzioni di cui agli artt. 255 e 256. Per tale ragione, il ricorrente, non solo non aveva potuto adire la via dell’ablazione, ma aveva anche dovuto proporre opposizione con la quale aveva chiesto una declaratoria di nullità del decreto di giudizio immediato e la restituzione degli atti al G.i.p. per l’emissione di un nuovo decreto indicante la qualificazione corretta; 2)Inosservanza o erronea applicazione della legge penale (art 606 lett b) c.p.p.) perché erroneamente il giudicante ha condannato l’imputato per la violazione dell’art. 51 co. 2 D. Lg vo22/97 considerato che tale norma non è più in vigore e che, anzi, la condotta contestata costituiva solo una violazione amministrativa; 3)Mancanza di motivazione (art. 606 lett e) c.p.p) per non avere il giudicante detto alcunché in ordine alla richiesta di sospensione condizionale. Il ricorrente conclude invocando l’annullamento della sentenza impugnata. 2. Motivi della decisione Il ricorso è sostanzialmente infondato anche se merita accoglimento l’ultmo motivo relativo alla sospensione condizionale. Ed infatti, il primo motivo è destituito di fondamento, sia, perché smentito per tabulas dal resto del decreto penale di condanna ove è ben presente l’avvertimento circa la possibilità di definire il procedimento con oblazione; sia perché, in ogni caso, l’assenza dell’avviso di cui alla lett a) del comma 1 dell’art. 460 c.p.p., non avrebbe dato luogo ad una nullità assoluta. In ordine al secondo motivo, deve ritenersi che, sebbene, effettivamente, l’art. 51 del D. L. vo 22/97 non sia più in vigore, è anche vero che la disposizione permane, in continuità normativa, nell’art. 256 D. L. vo 152/06. D’altro canto, nella successione delle leggi sostanziali, è principio generale che vada applicata la disposizione più favorevole qua- le è, per l’appunto, l’art. 51 rispetto all’art. 256. Come detto in premessa, è invece, da accogliere il terzo motivo. Risulta, infatti che il ricorrente, sul punto, aveva formulato eccezioni in udienza e, comunque, aveva concluso chiedendo i “benefici”. La Corte, invece si è limitata ad affermare che “sussistono i presupposti di legge per concedere all’imputato il beneficio della non menzione” nulla replicando alla chiara richiesta del ricorrente di ottenere anche la sospensione condizionale della pena. Né può avere rilievo la mera ipotesi che la Corte abbia deciso di non concedere tale beneficio sul presupposto che, trattandosi solo di sanzione pecuniaria, il ricorso a tale beneficio non sarebbe stato “conveniente” per l’imputato, posto che “la mera opportunità di riservare il beneficio a future condanne eventualmente più gravi non può assumere quella rilevanza giuridica richiesta per considerare la concessione come pregiudizievole” (Sez. III, 25.9.00, Buzzi, Rv. 217991). Fermo restando che la reiezione della parte restante di ricorso comporta la conferma della sentenza in punto di responsabilità, resta da rivalutare la decisione relativa alla mancata pronuncia sulla sospensione condizionale. E, solo a tali fini, la sentenza va annullata con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata perché si conformi alla presente decisione fornendo una risposta sulla richiesta di concessione dell’ulteriore beneficio di cui all’art. 163 c.p.. P.Q.M Visto gli artt. 637 e ss. C.p.p. annulla la sentenza impugnata limitatamente all’omessa statuizione sulla sospensione condizionale della pena con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata; rigetta il ricorso nel resto Così deciso in Roma nella pubblica udienza del 7 aprile 2009