SOLITI VENDITORI DI FUMO… O DI AUTO?

Informazioni su consumi ed emissioni, obbligatori per legge, del tutto assenti oppure illeggibili. È il trucco di una pubblicità che non informa

È un’auto che sfreccia alla ricerca di prestigio, successo, forza, avventura, autonomia e indipendenza quella immortalata nei cartelloni pubblicitari che invadono le nostre città e nelle inserzioni che affollano le pagine dei giornali. Dal forte impatto emotivo, dal potere evocativo e dalla forma poetica, la pubblicità dell’auto, oggi, sempre più accantona la sua funzione informativa e si abbandona alla poesia, alle suggestioni, alle emozioni: la pubblicità non parla dunque di emissioni, consumi e smog, ma di emozioni, stili di vita, modelli individuali. L’auto nella pubblicità viene decontestualizzata e snaturata. E d’improvviso viene “rinaturalizzata”. Altro che fumi, code, traffico e inquina- mento. Nella pubblicità l’auto sfreccia verso foreste selvagge, prati verdi e deserti incontaminati. Alla faccia dello smog, il cielo è sempre azzurro. Sono pubblicità “idilliache”, quelle da cui veniamo continuamente bombar- dati, ma allo stesso tempo illegali e ingannevoli. Sempre più lontana dalla realtà, sospesa tra identificazione e aspirazione, la pubblicità dell’auto infatti non informa, ma lancia suggestioni.

Non comunica le reali caratteristiche dell’auto e le sue performance, ma suggerisce caratteristiche sociali e culturali “conquistabili” proprio grazie all’auto (prestigio, co- raggio, forza, indipendenza…). Di qui la loro natura ingannevole. Di qui l’il- legalità. La legislazione di riferimento del marketing pubblicitario sulle automobili parla chiaro. A tutelare il “fondamentale diritto ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità” da parte del consumatore-automobilista è il D.P.R. n. 84 del 17 febbraio 2003 che recepisce la Direttiva Europea 1999/94/CE del 13 dicembre 1999, Disciplina delle Informazioni fornite ai consumatori circa il risparmio nel consumo di carburante e le emissioni prodotte di CO2 dalle automobili. Il principio ispiratore della norma è quello della “pari evidenza” delle in- formazioni sulle emissioni di CO2 e sui consumi e della “facilità di lettura rispetto alle informazioni principali fornite nel materiale promozionale”. E non solo. Tali informazioni “devono essere facilmente comprensibili anche ad una lettura superficiale”. Consumi ed emissioni, fattori che han- no un notevole impatto sulla salute e sull’ambiente, devono avere dunque rilevanza e visibilità all’interno del- la pubblicità e non possono essere ignorati, né tantomeno “occultati”: la pubblicità di autovetture (ossia “tutto il materiale a stampa utilizzato per la commercializzazione, pubblicizzazione e promozione al grande pubblico dei veicoli”) “deve contenere i valori ufficiali relativi al consumo ufficiale di carburante e alle emissioni specifiche ufficiali di CO2 dei veicoli cui si riferisce”. Insomma, tali informazioni non solo devono esserci per legge, ma devo- no essere anche chiaramente visibili e quindi leggibili. Seppur incompleta e lacunosa, specie nella parte relativa alle sanzioni, la legge c’è. Eppure nessuno la rispetta. Basta rimpicciolire i caratteri e il gioco è fatto: le informazioni su consumi ed emissioni diventano illeggibili. Alla faccia della pari rilevanza! Se il “trucco” funziona nelle inserzioni dei giornali, funziona ancora di più nella cartellonistica. Per non parlare della TV. Ecco allora il dilagare della pubblicità illegale, come denuncia l’Associazione ambientalista “Terra!” che nel Rapporto “Venditori di fumo” punta il dito contro le pubblicità delle auto e snocciola dati allarmanti e allo stesso tempo disarmanti: il 91% delle pubblicità analizzate sono illegali, ossia in violazione al DPR n. 84. Anche il Codice della Comunicazione Commerciale, adottato dall’Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), è chiaro: “la comunicazione commerciale deve evitare ogni dichiarazione o rap- presentazione che sia tale da indurre in errore i consumatori, anche per mezzo di omissioni, ambiguità o esagerazioni non palesemente iperboliche, specie per quanto riguarda le caratteristiche e gli effetti del prodotto”. Eppure la “miopia” delle case automobilistiche che propongono pubblicità ingannevoli è sconcertante. A finire nel mirino dell’Associazione Terra!, sono le pubblicità di auto su carta stampata (Quotidiani, Periodici), riviste specializzate e cartelloni. Qui le violazioni della legge sono eclatanti: “Su un campione di 492 inserzioni pubblicitarie – si legge nel Rapporto – si evidenzia come solo il 9% può essere considerato conforme alla normativa, riportando in maniera corretta le informazioni sui consumi e sulle emissioni di CO2 dei veicoli reclamizzati. Il 5,68% delle pubblicità esaminate non riporta alcuna informazione su emissioni e consumi, mentre la stragrande maggioranza, l’85,6%, le riporta con modalità e dimensioni ben lontano dall’essere di facile lettura o della stessa evidenza rispetto alle informazioni principali fornite nel materiale”. Insomma, la violazione della regola diventa la norma, più che l’eccezione. Sul banco degli imputati finiscono la quasi totalità delle case automobilistiche. Tra le 38 case automobilistiche censite, ben 15 (circa il 40% del totale), almeno in una delle proprie pubblicità, non ha riportato alcun dato circa le emissioni e i consumi. Rare eccezioni si sono invece registrate tra alcune case automobilistiche che, pur non rinunciando ad una quota di pubblicità ingannevole (dal 14% al 50%), hanno quantomeno investito una parte del loro fatturato in pubblicità conforme alla legge. Di certo non lo hanno fatto per “spirito civico”, quanto piuttosto perché i modelli pubblicizzati correttamente sono modelli a basse emissioni. Ma al di là dei dati, che ripropongono tuttavia la stessa situazione allarmante fotografata da un’altra inchiesta simile battezzata “Rapporto Pubblicità & Regresso”, realizzato nel maggio 2008 dagli Amici della Terra-Italia, la denuncia di Terra! non si limita alle parole, ma ai fatti. Oltre alla protesta delle macchine di cartone, disseminate in Piazza Venezia, davanti l’Altare della Patria, a suon di slogan “Stop alla pubblicità illegale” o “Vietato calpestare il pianeta”, l’Associazione ha dato corso ad un vero e proprio esposto presso l’Istituto della Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), la Unioncamere e le Camere di Commercio delle città sede dell’indagine (autorità indicate quale responsabili dell’attuazione della legge sulla pubblicità dell’auto), per denunciare 96 differenti pubblicità illegali facenti riferimento ad altrettanti modelli di automobili, censite in 450 inserzioni pubblicitarie. Oltre alla denuncia e protesta, dall’associazione ambientalista viene anche la proposta. L’obiettivo è migliorare il decreto attuativo D.P.R. n. 84 del 17 febbraio 2003, renderlo più esplicito e inequivocabile, per evitare ogni tentativo di aggiramento. Ma al di là delle lacune della legge, secondo Terra!, dietro la trasgressione di massa in campo pubblicitario, c’è ben altro. La pubblicità illegale è infatti solo un segnale dell’arroganza di un’industria che fattura in Europa 551 miliardi di euro l’anno, che rappresenta il 5% del PIL dell’UE e che per questo pretende di fare “il bello e il cattivo tempo”. Lo si è visto lo scorso dicembre con l’approvazione da parte del Parlamento europeo del “Pacchetto Clima”, il cosiddetto Pacchetto “20-20-20” che, dopo mesi di trattative e di forti pressioni da parte dell’industria automobilistica, ha stabilito una sorta di “impegno al ribasso” da parte del comparto, il quale è riuscito a ritardare, oltre che indebolire, gli obiettivi proposti. L’accordo raggiunto è così in realtà un compromesso: “L’accordo – denuncia il rapporto di Terra! – prevede che l’obiettivo previsto per il 2012 (riduzione a 130 grammi di CO2 per chilometro), sia norma di legge solo a partire dal 2015. Non solo, le sanzioni entreranno pienamente in vigore solo dal 2019. Insomma, la legge sarà piena- mente applicata solo fra dieci anni con l’aggravante di una combinazione di scappatoie e di sanzioni tanto basse, da non essere minimamente dissuasive. Sarà molto difficile in queste condizioni, raggiunge- re l’obiettivo di riduzione di 130 g/km anche dopo il 2015. Sebbene il compromesso fina- le abbia fissato un secondo obiettivo di riduzione, a 95 grammi di CO2 per chilometro per il 2020, il linguaggio poco chiaro utilizzato, difficilmente renderà questo obiettivo vin- colante. In definitiva, quello che poteva essere un accordo storico è diventato un pacchetto fatto di buone intenzioni diluite nel tempo e di scarsa credibilità”. La valanga di pubblicità illegale è così solo un sintomo di un atteggiamento più generale dell’industria automobilistica, poco rispettosa dell’ambiente e orientata solo al business. Se ancora oggi, strategie volte alla riduzione dei consumi e delle emissioni stentano a decollare e veicoli altamente energivori continuano ad essere lanciati sul mercato, perché la pubblicità non sia un boomerang, ma un volano, l’unica alternativa è l’illegalità. Se si analizzano poi i dati sull’emissioni climalteranti, la “miopia” dell’industria automobilistica è ancora più evidente: mentre il totale delle emissioni di tutti i gas a effetto serra in Europa registra un calo (-9,3%), quelle dei trasporti su strada aumentano del 24,7% nel periodo 1990-2007. E in Italia tale “miopia” sembra più accentuata che altrove. A denunciarlo è sempre Terra! nel Rapporto: “Proprio in Italia, paese ad alta intensità automobilistica, le emissioni di gas serra sono aumentate del 7,1%, invece di diminuire, in controtendenza rispetto alla maggioranza dei paesi europei. Il dato preoccupante è rappresentato proprio dai trasporti su strada, responsabili di quasi il 70% dell’aumento di emissioni tra il 1990 e il 2007”. I numeri parlano chiaro. E non solo quelli relativi alle emissioni, ma anche quelli relativi agli autoveicoli in circolazione: oltre 35 milioni (58 ogni 100 abitanti). E il parco auto è in continua espansione. Se non è possibile mettere un freno a monte del dilagare di auto ed emissioni, tanto vale cominciare a valle, ovvero dalla pubblicità. Che per lo meno sia corretta, chiara e trasparente per quanto riguarda le informazioni sui consumi di carburante e sulle emissioni. Di qui la proposta di Terra! di integrare la legislazione vigente con una serie di misure: 1) Requisiti minimi obbligatori e uniformi per la visualizzazione di informazioni relative ai consumi di carburante (l/100 km) e alle emissioni di CO2 (g/km) delle auto in tutta la letteratura commerciale e promozionale prescrivendo uno spazio minimo del 20% dedicato alla comunicazione di tali informazioni nelle inserzioni pubblicitarie su carta stampata, o per lo meno con l’utilizzo di un formato grafico specifico che ne garantisca la leggibilità. 2) Rendere obbligatoria l’etichettatura dei consumi e delle emissioni di CO2, renderla intuitiva e immediata- mente comprensibile, secondo una scala di efficienza energetica graduata a colori A-G simile a quella usata per informare sull’efficienza degli elettrodomestici. 3) Estensione dell’informazione a tutti i mezzi di comunicazione, includendo quelli attualmente esclusi: TV, radio e web. 4) Previsione di sanzioni adeguate e dissuasive per le case automobilistiche, di carattere economico, che includano la rimozione immediata delle pubblicità non conformi alla legge, divieto per l’industria automobilistica incorsa nell’infrazione di produrre altre campagne pubblicitarie per periodi limitati nel tempo. Di queste sanzioni, al momento non c’è traccia. Ecco allora che, senza il deterrente delle “multe”, le auto nella pubblicità continuano a “sfrecciare”, incuranti dei “limiti” fissati dalla legge.

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