Mal’Aria 2019: il 2018 è stato un anno da “codice rosso” per la qualità dell’aria
Uscito oggi l’annuale Dossier di Legambiente che restituisce la fotografia dell’inquinamento atmosferico in Italia. Pesano le emissioni del traffico.
Puntuale, come ogni anno, è uscito oggi Mal’Aria di Città, Dossier di Legambiente che per questa edizione puntualizza, nel sottotitolo: “La mobilità urbana al centro del risanamento“.
È una fotografia con molte ombre e poca luce, quella scattata dall’Associazione ambientalista per l’Italia e che si riferisce all’anno appena concluso; ne emerge l’immagine di un Paese soffocato dallo smog e invaso dalle auto private. E se, onestamente, il Dossier fa riferimento anche ad altre fonti di emissioni inquinanti per l’atmosfera (riscaldamento domestico, industrie, pratiche agricole), è pur vero che la voce traffico automobilistico pesa in maniera considerevole.
Dai dati di Mal’Aria 2019 emerge che in Italia circolano 38 milioni di auto private che rappresentano il 17% dell’intero parco circolante del continente europeo e soddisfano più del 65% degli spostamenti nazionali, la maggior parte dei quali (75%) è inferiore ai 10 Km di tragitto, mentre il 25% è addirittura inferiore ai 2 Km. Vuol dire che la maggior parte degli abitanti dei centri urbani potrebbe tranquillamente lasciare l’auto a casa e spostarsi a piedi o con mezzi alternativi come avviene in altre città europee riducendo considerevolmente il carico di emissioni pericolose.
Se si confronta il tasso di motorizzazione nazionale (una media di circa 65 auto ogni 100 abitanti) con quelli di alcune capitali europee c’è di che riflettere: a Parigi ci sono 36 auto ogni 100 abitanti così come a Londra e a Berlino; a Barcellona si scende a 41/100 e a Stoccolma e Vienna solo 38/100. E la tendenza, per l’Italia è a crescere!
Ombre anche sui sistemi di trasporto alternativi: la rete ferroviaria suburbana e metropolitana nazionale dispone di solo 41 linee contro le 81 della Germania e le 68 del Regno Unito, mentre le linee metropolitane sono appena 14 contro le 44 della Germania, le 30 della Spagna e le 27 della Francia.
Vero è che da noi i bus vanno forte, coprendo il 64% della quota di traffico (più che il doppio di quella tedesca ed inglese dove predominano le rotaie), tuttavia l’altra faccia della medaglia è rappresentata dal fatto che il 55% del parco autobus circolante procede con standard emissivi inferiori all’Euro4 alimentando il mercato delle fonti fossili e contribuendo ad apporti giornalieri di CO2 e particolato atmosferico.
La stessa estensione di metropolitane nel nostro Paese la dice lunga appena 250 Km che sfigurano di fronte ai 291,5 Km della sola Madrid, ai 464,2 di Londra e ai 221,5 di Parigi! Una situazione, la nostra, che invece di sviluppare attrattiva nei confronti degli utenti finisce per allontanarli.
Facendo riferimento al mix di concause di cui si cennava poc’anzi, del quale, con i numeri succitati non si può non riconoscere il peso dovuto alla voce mobilità insostenibile, il Dossier illustra gli effetti in termini dell’inquinamento atmosferico dovuto a polveri sottili ed ozono.
In ben 55 capoluoghi di provincia sono stati superati i limiti di legge giornalieri previsti (35 giorni per il Pm10 e 25 per l’ozono). In 24 dei 55 capoluoghi il limite è stato superato per entrambi i parametri, con la conseguenza diretta, per i cittadini, di aver dovuto respirare aria inquinata per circa 4 mesi nell’anno.
La città che lo scorso anno ha superato il maggior numero di giornate fuorilegge è Brescia (Villaggio Sereno) con 150 giorni (47 per il Pm10 e 103 per l’ozono), seguita da Lodi con 149 (78 per il Pm10 e 71 per l’ozono), Monza (140), Venezia (139), Alessandria (136), Milano (135), Torino (134), Padova (130), Bergamo e Cremona (127) e Rovigo (121). Tutte le città capoluogo di provincia dell’area padana (ad eccezione di Cuneo, Novara, Verbania e Belluno) hanno superato almeno uno dei due limiti.
La prima città non ubicata nella pianura padana è Frosinone, nel Lazio, con 116 giorni di superamento (83 per il Pm10 e 33 per l’ozono), seguita da Genova con 103 giorni (tutti dovuti al superamento dei limiti dell’ozono), Avellino con 89 (46 per il Pm10 e 43 per l’ozono) e Terni con 86 (rispettivamente 49 e 37 giorni per i due inquinanti).
“In Italia – ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – continua a pesare enormemente la mancanza di una efficace strategia antismog e il fatto che in questi anni l’emergenza inquinamento atmosferico è stata affrontata in maniera disomogenea ed estemporanea“.
Sottolineando gli scarsi effetti scaturiti dai Piani anti smog in Nord Italia scattati il primo ottobre 2018 con il blocco, parziale della circolazione per i mezzi più inquinanti, ha aggiunto: “L’inquinamento atmosferico ad oggi continua ad essere un’emergenza costante nel nostro Paese non più giustificabile con le avverse condizioni meteo-climatiche della Pianura Padana o legate alla sola stagionalità invernale“.
9 le proposte che Legambiente suggerisce ai Lettori e ai decisori politici per uscire dall’emergenza:
– puntare alla drastica riduzione del tasso di motorizzazione;
– limitare l’accesso alle vetture nei centri urbani;
– introdurre target di mobilità vincolanti in tutte le città italiane;
– far leva su pedaggi elevati per l’ingresso a determinate aree centrali implementando differenti politiche tariffarie sulla sosta e destinando i ricavi all’efficientamento del trasporto pubblico locale (TPL);
– utilizzare bene gli strumenti dei Piani Urbani di Mobilità Sostenibile creando zone urbane con limite massimo di velocità a 30Km/h e prevedendo l’implementazione di spazi verdi;
– potenziare le piste ciclabili;
– potenziare il TPL con mezzi a emissioni quasi zero;
– ripensare il meccanismo di incentivazione acquisto auto su base sociale (paga meno chi ha un reddito più basso) prevedendo un bonus rottamazione che premi chi rottama le vecchie auto inquinanti anche senza l’acquisto di nuove per ridurre il parco circolante;
– pensare ad una Roadmap per la mobilità sostenibile al 2050 con step intermedio al 2030 con l’obiettivo della decarbonizzazione del settore trasporti.
Ovviamente non c’è la bacchetta magica per realizzare miracolosamente tutto questo: servono investimenti (parecchi) e azioni di politica industriale precise e meditate dal momento che il settore automotive in Italia è secondo per fatturato in Ue dopo il colosso tedesco). Servono altresì azioni di sostegno agli Enti locali e campagne in grado di spostare verso modalità più green gli stili di mobilità degli italiani, sempre tenendo conto della sostenibilità sociale di tali accorgimenti.
La sfida non è solo ambientale ed economica: 422.000 persone muoiono prematuramente ogni anno in UE per le conseguenze dell’inquinamento atmosferico; 60.600 nel nostro Paese (dati 2015, Fonte AEA), ne va, soprattutto, della nostra salute.