L’ACCUMULO DI RIFIUTI DIVERSI SUL SUOLO È MISCELAZIONE E COSTITUISCE REATO

A stabilirlo è una sentenza della Suprema Corte di Cassazione che si rifà al Regolamento 1013/2006/CE

Cosa succede quando un operatore, autorizzato alla gestione di una certa tipologia di rifiuti, come quelli ferrosi derivanti dalla demolizione di autoveicoli a fine vita, procede all’accatastamento degli stessi con altrettanti rifiuti di medesima natura, ma provenienti da altri beni, per il trattamento dei quali non si possiede autorizzazione? È consentito l’accatastamento di diversi tipi di rifiuti (con codici identificativi diversi) sulla stesa area? È possibile miscelare tra di loro tipologie diverse di rifiuti. A rispondere a questi quesiti, colmando al contempo, un notevole “vuoto” nella normativa italiana di riferimento, ci ha pensato la Suprema Corte di Cassazione, sentenziando sul caso di un autodemolitore autorizzato che, sulla stessa area produttiva, aveva proceduto all’accatastamento di altre tipologie di rifiuti ferrosi e non (vasche da bagno, termosifoni, elettrodomestici, ecc.). Di fatto il D. Lgs. 152/2006 “Testo Unico Ambientale”, vieta la miscelazione tra rifiuti pericolosi diversi e fra questi e i non pericolosi, tuttavia, così come il precedente Decreto “Ronchi”, non specifica in cosa consista la “miscelazione” stessa.

Tuttavia, come ha dedotto la Suprema Corte di Cassazione, nel Regolamento Europeo concernente la spedizione transfrontaliera di rifiuti, si riporta espressamente una definizione della “miscelazione” ed è proprio da questa definizione che la Cassazione italiana ha desunto, per analogia, il chiarimento che, di fatto, va a colmare una lacuna dell’ordinamento nazionale. Riportiamo, di seguito, a maggior informazione del Lettore, il testo della sentenza dell’8 maggio 2009 n. 19333 Repubblica Italiana In nome del Popolo Italiano La Corte Suprema di Cassazione, III Sezione Penale Udienza Camera di Consiglio del 11/03/2009 Composta dai Sigg.ri Magistrati: Dott. Onorato Pierluigi Dott. Petti Ciro Dott. Teresi Alfredo Dott. Marmo Margherita Dott. Marini Luigi Presidente; Consigliere; Consigliere; Consigliere; Consigliere ha pronunciato la seguente Sentenza sul ricorso proposto dal difensore Cantatore Andrea (omissis), avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bari del 25 marzo 2008; (omissis) In fatto La Corte d’Appello di Bari, con sentenza del 25 marzo del 2008, in parziale riforma di quella resa dal Tribunale di Trani il 28 febbraio 2007, assolveva Cantatore Andrea dal reato ascrittogli al capo d) e, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, riduceva a mesi 4 di arresto ed euro 1.800 di ammenda, la pena che gli era stata irrogata quale responsabile del reato di cui all’articolo 51, comma 5 del D. Lgs. n. 22 del 1997, per avere effettuato attività non consentita di miscelazione dei rifiuti. Fatto accertato in Risceglie il 4 novembre del 2003. Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata in sede di sopralluogo al suolo gestito da Cantatore Andrea si era accertato che il predetto, autorizzato alla raccolta, messa in sicurezza e demolizione di veicoli fuori uso e loro parti, aveva raccolto e miscelato anche rifiuti di diverso genere. Ricorre per Cassazione il prevenuto per mezzo del proprio difensore denunciando: l’erronea applicazione della norma sulla miscelazione, travisamento della prova e violazione dell’articolo 521 c.p.p.: assume che i giudici del merito avevano confuso la nozione di miscelazione di rifiuti di vario genere con la semplice presenza di rifiuti diversi sulla medesima area ed avevano desunto la miscelazione dalla presenza sul terreno di tracce di olio e di altri liquidi e dalla presenza di strutture idonee a convogliare le acque meteoriche; in- vece le tracce di olio si trovavano solo nell’area adibita allo smontaggio dei motori e alla carenza di strutture non si era fatto riferimento nel capo d’imputazione. Il ricorso era ulteriormente illustrato con memoria del 19 febbraio del 2009, con cui si eccepiva la prescrizione del reato. In diritto – il ricorso va respinto perché infondato. L’articolo 9 del D. Lgs. n. 22 del 1997, introdotto in applicazione dell’art. 2 comma secondo della Direttiva 91/689/CEE, sostanzialmente riprodotto nell’art. 187 del D. Lgs. n. 152 del 2006, vietava la miscelazione tra rifiuti pericolosi appartenenti alla categoria ed ai tipi generici di cui all’allegato G, o la miscelazione tra rifiuti pericolosi e non pericolosi. Siffatto divieto è stato ulteriormente ribadito nell’articolo 18 della Direttiva CEE 2008/98. La disposizione non chiariva in cosa consistesse l’operazione di miscelazione, la quale non era indicata neppure nell’arti- colo 6 del Decreto n. 22 del 1997 relativo alla definizione. La stessa lacuna si riscontra nel D. Lgs. n. 152 del 2006. Nell’ambito del Regolamente CE n. 1013 del 2006, a proposito della spedizione di rifiuti, nell’articolo 2 n. 3 si parla di “miscela di rifiuti” e si stabilisce che detta “miscela” consiste “nei rifiuti che risultano dalla mescolanza intenzionale o involontaria di due o più tipi di rifiuti diversi quando per tale miscela non esiste una voce specifica negli allegati II, IIIB, IV e IVA”. Tale definizione può, in via analogica, essere applicata anche alla normativa generale sui rifiuti e quindi la miscelazione potrebbe essere definita come l’operazione consistente nella mescolanza, volontaria o involontaria, di due o più tipi di rifiuti aventi codici identificativi diversi in modo tale da dare origine ad una miscela per la quale non esiste uno specifico codice identificativo. Nella fattispecie la prova della miscelazione è stata legittimamente desunta dal processo verbale di constatazione e dalla disposizione dei verbalizzanti. Si è infatti accertato che alcuni spazi erano occupati, non solo da materiale ferroso proveniente dalla demolizione di autoveicoli, attività per la quale l’imputato era autorizzato, ma anche da rifiuti, ferrosi e non, di altro tipo, quali, ad esempio, vasche da bagno, termosifoni, elettrodomestici, ecc. Inoltre su tutto il suolo ed in modo particolare nella zona adibita allo smontaggio dei motori si erano riscontrate tracce di olio e di altri liquidi. Tale accatastamento di vari rifiuti e la presenza di tracce di diversi liquidi dimostra la configurabilità del reato posto che si sono comunque mescolati rifiuti anche pericolosi aventi codici identificativi diversi. Nella sentenza impugnati si è inoltre sottolineato che la commistione tra liquidi diversi era favorita dal fatto che, pur con la presenza di due cisterne, v’era carenza di strutture che permettessero un adeguato convogliamento delle acque meteoriche. Le tracce di liquidi diversi contrariamente a quanto affermato dal ricorrente sono state rinvenute su tutta l’area anche se in misura prevalente nella zona adibita allo smontaggio dei motori. Il mancato riferimento alle carenze strutturali nella conte- stazione non ha inciso sul principio di correlazione tra fatto contestato e fato per il quale è stata affermata la responsabilità, in quanto il prevenuto è stato condannato per la miscelazione tra rifiuti diversi, come da contestazione e non per la mancanza di strutture, la quale mancanza costituisce solo una delle cause che ha favorito la miscelazione tra rifiuti liquidi. Il reato non si è prescritto perché la regola contenuta nell’articolo 159 comma terzo in forza della quale, in caso di sospensione per impedimento dell’imputato o del suo difensore, l’udienza non può essere differita oltre i sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento non è applicabile alla fattispecie, giacchè deve essere applicata la disciplina previdente a norma del’articolo 10 della Legge n. 251 del 2005, perché i termini prescrizionali erano più brevi. Una volta individuata la disciplina più favorevole riferibile alla fattispecie, questa deve essere applicata per intero, non essendo consentito un’applicazione mista della vecchia e della nuova a seconda della convenienza per l’imputato, perché in tal modo si applicherebbe una terza disciplina, non prevista dal legislatore, diversa sia da quella precedente che da quella attuale (cfr da ultimo Cassazione nn. 2126, 21744 del 2008). Computando per intero il periodo di sospensione (dal 9 marzo del 2005 al 28 settembre del 2005, e dal 28 settembre del 2005 al 13 dicembre del 2006) la prescrizione maturerà l’8 febbraio del 2010. P.M.Q. La Corte, letto l’articolo 620 C.p.p. rigetta il ricorso e con- danna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, l’11 marzo del 2009.


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