ROTTAMI FERROSI: RIFIUTI O MATERIE PRIME SECONDARIE?

La definizione di rifiuto del Decreto Ronchi Come è noto la lettera a) dell’art. 6 del D.Lgs. 22/97 (c.d Decreto Ronchi) trasporta nell’ordinamento legislativo nazionale la definizione comunitaria di rifiuto come: ” qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell’allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”; tale definizione va letta unitamente all’art. 8 relativo alle “esclusioni”. I rottami metallici (rottami ferrosi e non) pur rientranti nella definizione di rifiuto del Ronchi, in quanto materiali riconducibili alle categorie elencate nell’allegato A e pur costituendo beni di cui l’originario detentore ha provveduto a disfarsene, hanno avuto una tortuosa collocazione giuridica per i tentativi operati dal legislatore nazionale di inserirli nella definizione delle “materie prime secondarie” e ciò in evidente contrasto con la normativa europea.

A distanza di dieci anni dalla definizione di rifiuto operata dal Ronchi e dopo diverse sentenze emanate da organi giurisprudenziali volti a definire l’appartenenza dei rottami metallici, le nuove disposizioni operate dal D. Lgs. 152/2006 non determinano quella certezza che gli operatori di settore richiedono. Tuttavia per comprendere il percorso occorre andare per ordine. Le prime sentenze della Corte Europea emesse in merito (causa S-359/88del 28.03.90 7 e causa C- 129/96 del 18.12.97), hanno evidenziato che i rottami in specie, provenienti da demolizioni o residui di lavorazioni, sono materiali di cui l’originario detentore ha provveduto a disfarsi, avviandoli ad una attività di recupero, anche se (direttamente o indirettamente) ancora suscettibili di riutilizzazione economica in un ulteriore processo di lavorazione industriale e, pertanto, assoggettati alle disposizioni dei rifiuti. Legge 178/2002.- Interpretazione autentica In presenza di contestazione da parte della Comunità Europea, il legislatore nazionale, avrebbe potuto inserire i rottami metallici tra le esclusioni di cui all’art. 8 del Decreto Ronchi, tuttavia la scelta intrapresa è stata quella dell’interpretazione autentica della definizione di rifiuto, mediante l’approvazione della legge 8 agosto 2002, n. 178, per arrivare ad affermare, indirettamente, che i residui di lavorazione, anche quando sottoposti ad operazioni di recupero preliminari, possono essere avviati alle acciaierie come materia prima secondaria e non come rifiuti. Anche in questo caso la Corte di Giustizia Europea, con sentenza 11 novembre 2004, causa C-457/02, in sede di interpretazione dell’art. 14 della legge 178/2002, ha ritenuto lo Stato italiano responsabile di aver formulato una interpretazione della definizione di rifiuto più estensiva rispetto alle disposizioni comunitarie. La legge delega Ancora una volta lo Stato Italiano, anziché disapplicare l’art. 14 della Legge 178/2002, ha preferito includere, con effetto immediato, nell’ambito della così detta Legge delega ambientale (legge 15 dicembre 2004 n. 308) il seguente comma: “In attesa di una revisione complessiva della normativa sui rifiuti che disciplini in modo organico la materia, alla lettera a) del comma 29, sono individuate le caratteristiche e le tipologie dei rottami che, derivanti come scarti di lavorazione oppure originati da cicli produttivi o di consumo, sono definibili come materie prime secondarie per le attività siderurgiche e metallurgiche, nonché le modalità affinché gli stessi siano sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti.”. La stessa Legge 308/2004 prevede, tra l’altro, di aggiungere al Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, la seguente definizione: “q-bis) materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche: rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero e rispondenti a specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali, nonché i rottami scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle specifiche sopra menzionate.” In presenza di tale definizione è lecito chiedersi quali sono le “specifiche CECA, AISI, CAEF, UNI, EURO o ad altre specifiche nazionali e internazionali”, che devono avere i rottami ferrosi per essere considerati materia prima secondaria? La risposta è che non esistono: le uniche indicazioni riguardano le dimensioni e la pezzatura. A tale conclusione arriva anche la Regione Lombardia che, dopo aver preso atto che le norme CECA e CAEF individuano esclusivamente la pezzatura del rottame al fine di poterlo immettere nel forno fusorio e che non esistono norme AISI, EURO, UNI o specifiche nazionali o internazionali che individuano quali caratteristiche chimico – fisiche devono avere tali materiali per essere considerati materia prima secondaria, con de- liberazione di Giunta adottata in data 20 ottobre 2005, n. 8/866 , si stabilisce di: “…dover procedere al controllo delle aziende siderurgiche lombarde, affiancando a tale operazione uno studio scientifico che definisca i requisiti di non pericolosità e di assenza di radioattività, al fine di destinare tali materiali alla fusione, comportando il minor impatto possibile su matrici ambientali quali aria, acqua e suolo.” La predetta deliberazione prosegue: “Considerato che qualora il rottame ferroso non abbia le caratteristiche di materia prima secondaria dovrà essere avviato ad impianti di smaltimento di rifiuti esterni o rinviato al produttore”. Pertanto con tale deliberazione la Regione Lombardia commissiona uno studio scientifico per determinare le caratteristiche chimico – fisiche dei rottami da tenere in evidenza in occasione del rilascio dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) da effettuarsi entro il mese di ottobre 2007 a favore delle acciaierie rientranti nelle disposizioni di cui al D. Lgs. 59/2005. D. Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 (c.d. T.U. Ambientale) Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 152 del 3 aprile 2006 (c.d. T.U. ambientale) viene abrogato il D.Lgs. 22/97 e all’art. 183 lettera u) è riportata (ancora una volta e in modo diverso da quanto formulato con la Legge delega) la definizione di “materia prima secondaria per attività siderurgiche e metallurgiche, la cui utilizzazione è certa e non eventuale: 1) rottami ferrosi e non ferrosi derivanti da operazioni di recupero completo e rispondenti a specifiche Ceca, Aisi, Caef, Uni, Euro o ad altre specifiche nazionali e internazionali, individuate entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro delle attività produttive, non avente natura regolamentare; 2) i rottami o scarti di lavorazioni industriali o artigianali o provenienti da cicli produttivi o di consumo, esclusa la raccolta differenziata, che possiedono in origine le medesime caratteristiche riportate nelle specifiche di cui al numero 1). I fornitori e produttori di materia prima secondaria per attività siderurgiche appartenenti a Paesi esteri presentano domanda di iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, ai sensi dell’articolo 212, comma 12, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al numero 1)” Il Legislatore nazionale preso atto della mancanza di norme rispondenti a specifiche Ceca, Aisi, Caef, Uni, Euro o ad altre specifiche nazionali e internazionali, sembra intenzionato a porre rimedio prevedendo, entro centoventi giorni dalla entrata in vigore del D. Lgs. 152/2006 (termine ampiamente trascorso), la emanazione di un apposito Decreto Ministeriale capace di individuare le specifiche affinché i rottami in questione possano essere classificati come materia prima secondaria. Infine il comma 12 dell’art. 212 del D.Lgs. 152/2006 prevede: “È istituita, presso l’Albo, una Sezione speciale, alla quale sono iscritte le imprese di paesi europei ed extraeuropei che effettuano operazioni di recupero di rottami ferrosi e non ferrosi, elencate nell’articolo 183, comma 1, lettera u), per la produzione di materie prime secondarie per l’industria siderurgica e metallurgica, nel rispetto delle condizioni e delle norme tecniche nazionali, comunitarie e internazionali individuate con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio. Sino all’emanazione del predetto decreto continuano ad applicarsi le condizioni e le norme tecniche riportate nell’Allegato 1 al decreto del Ministro dell’ambiente 5 febbraio 1998”. Il punto 3 dell’Allegato 1 del D.M. 5 febbraio 1998 (modifi- cato recentemente dal D.M. 5 aprile 2006, n. 186) prevede le tipologie dei rifiuti speciali non pericolosi costituiti da metalli e loro leghe che possono essere recuperati avvalendosi delle procedure semplificate. Ciascuna tipologia riporta: i codici CER, la provenienza, le caratteristiche del rifiuto, l’attività di recupero e le caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti. Ma quali sono le condizioni e le norme tecniche da prendere come riferimento? Quelle riportate nella descrizione “caratteristiche del rifiuto” o quelle riportate nella descrizione “caratteristiche delle materie prime e/o dei prodotti ottenuti”? Riteniamo che la definizione operata dall’art. 183 lettera u) in merito alle “materie prime secondarie per attività siderurgiche e metallurgiche” rappresenti una fattispecie diversa rispetto alla definizione operata dal medesimo articolo alla lettera q) in merito alle “materie prime secondarie”. Pertanto, le condizioni e le norme tecniche perché i materiali in questione possano essere considerati materie prime secondarie per l’attività siderurgica, sono desumibili dalla lettura delle caratteristiche del rifiuto (riportate al punto 3… 2 di ciascuna tipologia). Conclusione. In accoglimento del parere motivato della Commissione UE (in sede di esame della Legge delega 308/2004), notificato alla Repubblica italiana in data 19/12/2005, con il quale l’esclusione dei rottami ferrosi e non dall’ambito della disciplina dei rifiuti è stata ritenuta difforme alle Direttive comunitarie, la preposta Commissione Ministeriale, istituita per revisionare il D.Lgs. 152/2006, ha sottoposto, in data 15 marzo 2007, all’esame della Conferenza Stato Regione una bozza di modifica. Da un primo esame della corposa documentazione i materiali ferrosi e non tornano ad essere assoggettati alla normativa che disciplina i rifiuti. In attesa che le modifiche di cui sopra trovino giusta collocazione nella normativa italiana, i rottami ferrosi e non per essere considerati materia prima secondaria per le attività siderurgiche dovrebbero possedere le caratteristiche chimico – fisiche di cui al D.M. 5.2.1998 oltre che essere conformi alla pezzatura prevista dalle norme CECA e CAEF. I soggetti che trasportano i rottami in questione non sono sottoposti alla normativa sui rifiuti: la relativa documentazione di accompagnamento dovrebbe prevedere nel “documento beni viaggianti” o nella scheda tecnica, la descrizione delle caratteristiche chimico-fisiche dei materiali ed il riferimento di conformità alle norme CECA e CAEF. Naturalmente, il condizionale è d’obbligo in quanto l’eventualità di una sentenza di condanna da parte della Corte di Giustizia Europea per la definizione troppo restrittiva della nozione di rifiuto operata dallo Stato italiano avrà ripercussioni dirette nei confronti degli operatori e delle imprese. Oltre tutto la Magistratura nazionale, così come in passato, potrebbe disapplicare sin d’ora le definizioni ritenute in contrasto e sanzionare i comportamenti ritenuti difformi rispetto alla normativa europea.

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