L’Italia del Riciclo 2015: il focus sulle auto a fine vita
Mentre si consolida l’industria del riciclo nel Belpaese, per le auto a fine vita permane il problema delle radiazioni per esportazione
È stato presentato oggi, a Roma, presso la Sala Verdi dell’Hotel Quirinale nel corso del Convegno omonimo, l’annuale Studio: “L’Italia del Riciclo“, il Rapporto promosso e realizzato da FISE Unire (l’Associazione di Confindustria che rappresenta le aziende del recupero rifiuti) e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.
“Il Rapporto evidenzia come il riciclo in Italia sia riuscito a resistere alla recessione prolungata restando competitivo, pur in presenza di criticità e con elevati margini di crescita – ha dichiarato Anselmo Calò, Presidente di UNIRE – Per raggiungere i target fissati a livello europeo è necessario recuperare i ritardi esistenti in alcune zone del Paese, abbattendo lo smaltimento in discarica e migliorando la qualità dei materiali raccolti, nonché razionalizzando e semplificando il contesto normativo. Anche in considerazione dell’avvio della discussione sul nuovo pacchetto di direttive europee sui rifiuti e sull’economia circolare, è necessario superare i punti non chiari e conflittuali fra le diverse legislazioni, in modo da agevolare il riciclo di materiali che non comportano rischi ambientali effettivi“.
La presentazione dello Studio, che segue di pochi giorni l’uscita del nuovo Pacchetto sull’economia circolare presentato il 2 dicembre dalla Commissione Europea mostra che l’industria del riciclo rifiuti si conferma pilastro della circular economy, continua a crescere nel comparto degli imballaggi (nel 2014 il 66% è stato avviato a riciclo, +2% vs 2013), in quello dei RAEE, in quello della gestione della frazione organica e degli pneumatici. I rifiuti importati dall’Italia nel 2014 hanno raggiunto 5,9 milioni di tonnellate, in gran parte costituiti da rottami ferrosi, mentre 3,8 mln di tonn. sono stati quelli esportati. Il paradosso è che 450.000 tonnellate di rifiuti importati (circa l’8% di quelli trasportati nel nostro Paese per essere trattati) equivalgono, per volume e tipologia, a rifiuti italiani spediti all’estero, con costi per noi spesso esorbitanti.
“Sia pure in modo non omogeneo, perché permangono zone di arretratezza in alcune Regioni, il sistema del riciclo dei rifiuti in Italia è ormai decollato con numeri di livello europeo.” – ha affermato Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, “Ora però, con le modifiche proposte dalla Commissione europea a tutte le Direttive sui rifiuti e, a fronte dei nuovi obiettivi di riciclo più impegnativi al 2025 e al 2030, sarà necessario recuperare anche le zone ancora arretrate, aumentare e migliorare le raccolte differenziate, procedere a rafforzare industrializzazione e innovazione nel settore“.
Per i nostri Lettori abbiamo stralciato la parte del Summary dedicato all’analisi del comparto delle auto a fine vita.
“Superare il boom di radiazioni per esportazioni per centrare gli obiettivi di riciclo”
A livello europeo, rispetto ai quantitativi delle varie modalità di gestione, dopo il calo generale di ELV (End of Life Vehicles) registrato dal 2009 in poi, e dovuto in gran parte alla crisi che ha colpito il settore auto (con conseguente riduzione del numero di veicoli rottamati), si evidenzia una sostanziale stabilità dei quantitativi avviati in discarica, un aumento dei quantitativi destinati al reimpiego e al riciclaggio, mentre diminuiscono i quantitativi avviati a recupero di energia. Tuttavia per l’anno 2013, non sono ancora disponibili i dati relativi all’Italia.
A livello nazionale si registra che il numero dei veicoli (rientranti nel campo di applicazione del D. Lgs. n. 209/2003) è diminuito rispetto all’anno precedente di circa l’8% e l’età media del parco circolante è passata da 10 anni ad 11 anni (Fonte ISPRA). Le radiazioni di veicoli, dopo la sostanziale stabilità registrata negli anni 2012-2013, evidenziano nel 2014 una nuova consistente diminuzione, attestandosi a poco più di 1,5 milioni.
L’analisi dei dati relativi alle radiazioni dei veicoli secondo le principali cause evidenzia che la marcata diminuzione del numero totale di radiazioni relativo all’anno 2014 è dovuto principalmente alla diminuzione delle radiazioni per esportazione, che passano da oltre 750.000 a 560.000. Risulta solo leggermente in diminuzione, infatti, il numero di veicoli radiati per demolizione.
Tale evidenza è dovuta principalmente agli effetti iniziali della circolare dell’ACI del 14 luglio 2014 i cui effetti positivi sono stati dapprima sminuiti dalla previsione che, in attesa della reimmatricolazione all’estero, l’esportazione del veicolo potesse avvenire dietro presentazione della documentazione comprovante l’avvenuto trasferimento del veicolo (bolla doganale, documento di trasporto, fattura di vendita, etc.) e, con il passare del tempo, ulteriormente riassorbiti dall’individuazione di numerose pratiche scorrette che consentono ancora una volta di eludere una normativa carente e poco chiara a tutto svantaggio degli operatori del settore.
La costante diminuzione dei veicoli avviati a “demolizione” contro l’elevata quota dei veicoli “radiati per esportazione”, che negli ultimi quattro anni ha superato complessivamente la cifra di 2,5 milioni, costituisce uno dei principali nodi critici del settore. Il costante aumento di flussi di veicoli arrivati a fine vita che si riversano in Paesi esteri, se da un lato può celare comportamenti illegali – non sempre il veicolo radiato per esportazione viene reimmatricolato all’estero, in certi casi nemmeno esportato, andando ad eludere la normativa fiscale, di responsabilità civile ed ambientale – dall’altro sottrae grandi quantità di materiale destinato ai centri di demolizione che reimmettono nel mercato ricambi usati e centinaia di migliaia di tonnellate di rottami di ferro che necessitano all’industria siderurgica nazionale e che la stessa è poi obbligata ad importare da altri Stati. A ciò deve aggiungersi che negli ultimi mesi del 2014 si è assistito ad una profonda crisi del settore dell’acciaio: il prezzo del proler (il ferro derivante dalla frantumazione dei rottami metallici tra cui i veicoli fuori uso), secondo le rilevazioni ufficiali ha fatto registrare una diminuzione netta del 30%, anche a causa della forte decelerazione del tasso di crescita della produzione di acciaio in Cina (+0,1% rispetto a +12,4% nel 2013) che rappresenta circa il 50% della produzione globale, portandola da Paese importatore a uno dei primi Paesi esportatori in termini assoluti di volumi. Tale situazione sta generando fermi produttivi di numerosi poli siderurgici italiani nonché un continuo calo dei prezzi del rottame, determinando come naturale conseguenza enormi difficoltà di molte filiere del recupero, in quanto i costi di gestione dei rifiuti superano abbondantemente gli scarsi ricavi.
Oltre al trend negativo in termini quantitativi ed economici, si è rilevato un peggioramento anche a livello qualitativo del materiale in ingresso nei centri di demolizione: i veicoli che vengono conferiti negli impianti di autodemolizione e le relative parti di ricambio sono sempre meno recenti e di scarso valore. Per un’azienda che basa parte del proprio fatturato sulla vendita di ricambi usati – anche in considerazione del fatto che la normativa prevede che il detentore non debba sostenere i costi del trattamento del rifiuto – significa comprometterne la sostenibilità economica. Inoltre questi veicoli, sempre più spesso, giungono ai centri di raccolta autorizzati già cannibalizzati dei pezzi di ricambio. Lo smontaggio di pezzi di ricambio commercializzabili al di fuori di un impianto e senza le dovute cautele imposte dalla normativa, comporta un possibile danno ambientale cui si aggiunge il danno economico derivante dalla sottrazione di grandi quantità di materiale (legittimamente destinato ai centri di demolizione che re-immettono nel mercato i ricambi usati) che, attraverso tale pratica, vanno ad alimentare un mercato sommerso.
Inoltre, per quanto riguarda i frantumatori, vi è una ulteriore criticità dovuta al fatto che molti rifiuti metallici derivanti dal trattamento dei veicoli fuori uso, vengono ad oggi ancora consegnati e trattati in impianti di frantumazione o altro che non posseggono le migliori tecniche disponibili (best available techniques – BAT), quindi non performanti né da un punto di vista ambientale né tantomeno da un punto di vista di percentuali di recupero, generando così un car fluff, destinato a smaltimento, ma ancora contenente percentuali di metalli nobili.
Le criticità sopra esposte stanno mettendo a rischio la sostenibilità economica delle imprese del settore con gravi conseguenze sull’applicazione, nel nostro Paese, della Direttiva 2000/53/CE. Il settore necessita di urgenti interventi normativi capaci di: contrastare l’emorragia di veicoli all’estero; contrastare la diffusione di pratiche scorrette e illegali; garantire una stretta tracciabilità dei rifiuti derivanti dal trattamento dei veicoli stessi, passando attraverso la qualificazione dei soggetti che trattano tale rifiuto; premiare gli impianti performanti sia ambientalmente che in termini di obiettivi. L’analisi dei MUD presentati dai demolitori appartenenti ai Network delle Case, pur se espressione soltanto di una parte delle aziende di autodemolizione presenti sul territorio nazionale, evidenziano un trend negativo, determinato principalmente dalla vetustà dei veicoli. Nonostante i dati illustrati siano stati elaborati su basi differenti, essi sono comunque in linea.