Animali randagi: le nuove norme in caso di investimento
Arrivano le vacanze e purtroppo aumentano gli animali domestici abbandonati in strada. Un grave problema per gli automobilisti e soprattutto un serio rischio alla sicurezza della viabilità. A tal proposito due recenti pronunciamenti della Cassazione tornano di massima attualità stabilendo i nuovi responsabili.
Con l’avvicinarsi delle vacanze estive e la chiusura delle scuole sale il picco di abbandono degli animali domestici che, scaricati sulle strade, costituiscono un serio rischio alla sicurezza della viabilità e di conseguenza un grave problema per gli automobilisti.
Secondo i dati pubblicati da Legambiente nel IV Rapporto nazionale sui servizi e le attività dei Comuni capoluogo di provincia e delle Aziende sanitarie locali per gli amici a quattro zampe dal titolo “Animali in città”, oggi nello Stivale i “randagi” raggiungono circa 150.000 esemplari. Sottoponendo uno specifico questionario a tutte le Amministrazioni e agli Enti locali, è emerso che sono pochissimi quelli in grado di assicurare servizi di qualità agli animali (canili rifugio, pensioni, canili sanitari, gattili, anagrafe canina, ecc.) e corrette informazioni ai cittadini che se ne prendono cura; sono pochi anche i controlli e le politiche a riguardo ancora troppo disomogenee o addirittura ignorate.
Per questo sono da accogliere con estremo favore le recenti ordinanze della Giurisprudenza, tornate di attualità con l’acuirsi degli abbandoni, che prevedono sia il gestore della strada (cioè lo Stato, la Regione, la Provincia o una società di autostrade) a rifondere eventuali danni a persone o cose in caso di investimento di animale.
Lo scorso 12 febbraio, infatti, la Corte di Cassazione (sentenza numero 2741/15) ha stabilito la responsabilità di un Comune (oltre che dell’Azienda sanitaria competente) per la caduta in città di un centauro provocata da un randagio. Per un investimento avvenuto in autostrada, invece, la Terza Sezione Civile del Tribunale di Taranto (sentenza numero 8/2015) ha condannato la società di gestione che non aveva provveduto a realizzare un’adeguata protezione delle corsie onde evitare la possibile invasione di animali. Secondo la Suprema Corte, infatti, la responsabilità è evitabile solo per “caso fortuito” (sentenza numero 11517/2013), ovvero se il gestore della strada dimostra di aver posto in essere tutte le cautele necessarie a scongiurare l’ingresso in carreggiata di animali.
“Per quel che riguarda il randagismo, negli ultimi anni il fenomeno si è contratto in valore assoluto – ha dichiarato Antonino Morabito, responsabile della tutela della fauna e del benessere animale di Legambiente – Oggi siamo lontani dai 900.000 esemplari abbandonati nel 1999, ma la situazione resta critica, anche per gli alti costi che implica”.
Il fenomeno riguarda anche gli animali con pedigree. Fabrizio Crivellari, direttore generale dell’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana), impegnato in questi giorni nell’organizzazione del World Dog Show 2015 (Milano, 11-14 giugno), ha sottolineato a tal proposito: “Chi accoglie in casa un cane di razza, di solito lo fa dopo una scelta ponderata e adotta l’amico a quattro zampe pensando a una vita in comune. Eppure c’è chi nel corso dei mesi sembra ripensarci, decidendo di lasciare il nuovo compagno in strada”.
Per arginare l’abbandono restano importanti le campagne di sensibilizzazione. Carla Rocchi, presidente dell’ENPA (Ente Nazionale Protezione Animali), nell’apprestarsi a lanciare quella del 2015 dal titolo “Chi abbandona si abbandona”, evidenzia l’importanza delle ultime modifiche al Codice della Strada (art. 189 C.d.S, comma 9bis): “Esse prevedono in caso di investimento di un animale le seguenti regole per gestire al meglio l’emergenza: innanzitutto la messa in sicurezza della carreggiata, utilizzando l’apposito triangolo per segnalare l’incidente ed evitare così il tamponamento di altre vetture. Poi contattare nell’immediato il veterinario e le Forze dell’Ordine (Corpo forestale dello Stato, Carabinieri, Polizia di Stato). Occorre precisare che se l’animale investito è domestico e quindi appartenente ad una famiglia, in caso di danni alla propria autovettura il risarcimento dovrà essere versato dal proprietario dell’animale come prescritto dall’articolo 2052 del Codice Civile. Per l’omessa custodia si può anche andare incontro ad una multa ai sensi dell’articolo 672 del Codice Penale”.
“Se invece l’animale investito è selvatico – ha concluso Rocchi – il risarcimento andrà richiesto all’Ente gestore della strada sulla quale è stato fatto l’incidente nel rispetto delle recenti normative. In ogni caso, prestare soccorso all’animale investito è un obbligo. L’articolo 189 del D.L. 285 del 1992 impone di fermarsi e porre in atto ogni misura idonea ad assicurare un tempestivo intervento. Chi non lo fa incorre in sanzioni salate: multa dagli 80 ai 318 euro come specificato dal Codice della Strada oppure conseguenze penali ai sensi dell’articolo 544-ter del Codice Penale”.
“Con il IV Rapporto nazionale Animali in Città – ha dichiarato la direttrice generale di Legambiente Rossella Muroni – vorremmo dare un contributo concreto alla crescita della corretta gestione dei milioni di amici a quattro zampe e dell’effettivo rispetto del loro benessere. Per far ciò, è evidente che le politiche del settore in Italia devono saper passare da una fase pioneristica, dove solo alcune realtà hanno saputo costruire esperienze positive, ad una in cui tali esperienze diventino patrimonio diffuso e pratica viva in tutto il Paese”.