Auto elettriche e batterie agli ioni di litio; serve una strategia politica e finanziaria dell’Ue
L’Europa è già sulla buona strada per l’eliminazione della dipendenza dalla Cina da materiali e tecnologie strategiche, ma occorre più coraggio in termini finanziari per evitare che gli investimenti delle imprese vadano altrove.
Mentre l’obiettivo europeo di decarbonizzare i trasporti entro il prossimo decennio si fa via via più vicino (in termini temporali), l’Unione, nonostante massicci investimenti per produrre in loco materiali e tecnologie strategiche, continua a fare i conti con la dipendenza dal gigante cinese per la fornitura di batterie agli ioni di litio, indispensabili per il funzionamento del parco auto elettrico in espansione.
Ora il nuovo Studio: “A European Response to US IRA how Europe can use its soft and financial powers to build a successful electric vehicle value chain” pubblicato da Transport & Environment e che, sostanzialmente analizza come una adeguata riposta dell’Europa alla legge statunitense sull’inflazione possa costituire la strategia giusta in termini di utilizzo dei poteri finanziari del Vecchio Continente per costruire una valida ed efficace catena del valore dei veicoli elettrici, prevede che già dal 2027 l’Ue potrebbe disinnescare questa dipendenza dal Dragone.
Già oggi, scrivono gli analisti di T&E l’Europa si è assicurata molti impegni e investimenti nel settore delle auto elettriche e delle batterie e “oltre la metà di tutte le batterie agli ioni di litio sul mercato Ue dello scorso anno sono state prodotte in Europa”, con la previsione che questa diventerà il secondo produttore mondiale di celle per batterie entro la fine del decennio.
La dipendenza dal colosso asiatico, potrebbe ridursi anche nella raffinazione e nella lavorazione dei metalli utilizzati nelle batterie. Secondo il rapporto, infatti, entro il 2030 oltre il 50% della domanda interna di litio raffinato potrà essere soddisfatta dai progetti continentali a partire da miniere estere o europee purché siano rispettati gli elevati standard ambientali e sociali, come previsto dallo EU Critical Raw Material Act attualmente in discussione a Bruxelles.
Tuttavia, avverte il Rapporto, l’ingresso della Legge sulla riduzione dell’inflazione varata lo scorso agosto dagli USA, sta mutando lo scenario e il rischio è quello che le agevolazioni fiscali e i sussidi previsti dalla misura USA per attrarre la produzione di green technologies e del valore economico conseguente, possa indurre le imprese a spostare oltreoceano i propri investimenti con l’effetto di ritardare gli obiettivi di produzione sul suolo europeo.
“Già oggi metà delle celle per batterie agli ioni di litio utilizzate nell’UE è prodotta nel Continente”, ha dichiarato Veronica Aneris, Direttrice di T&E Italia. “L’Inflation Reduction Act ha però cambiato le regole del gioco: per questo l’Europa deve garantire maggiori risorse se non vuole rischiare di perdere gli impianti produttivi già previsti e i relativi nuovi posti di lavoro a favore degli Stati Uniti. In questo quadro, per l’Italia è urgente sviluppare un piano atto a collocare la sua industria nazionale in una posizione strategica lungo la nuova catena del valore”.
A questo punto, secondo T&E, la risposta dovrebbe essere tutta politica dal parte dell’Ue, la quale, secondo la Federazione europea dei Trasporti e dell’Ambiente, dovrebbe puntare su un Fondo Sovrano Europeo per il sostegno alle tecnologie verdi da finanziare attraverso l’emissione comune di debito.
Una misura in questo senso darebbe garanzia di condizioni a tutti gli Stati membri scongiurando la possibilità che solo i Paesi più avvantaggiati in termini di risorse possano offrire cospicui aiuti pubblici alle loro aziende.
Non solo, rimarcano da T&E, una tale misura dovrebbe essere pensata solo per quei comparti produttivi verdi interessati dalle agevolazioni e sussidi previsti dalla normativa USA, come i veicoli elettrici, le batterie e le energie rinnovabili.
T&E sottolinea, poi che queste nuove risorse, A differenza dei finanziamenti previsti dal Next Generation EU, dovrebbero essere erogate direttamente alle imprese, velocizzando il processo di assorbimento dei fondi, risultato particolarmente lento nell’esecuzione del Recovery and Resilience Facility (RRF) europeo.
Tra l’altro, La spesa prevista dal RRF stesso, peraltro, risulta anche priva di un orientamento strategico, senza contare che i fondi tardano spesso a raggiungere le aziende e non possono essere utilizzati come garanzie bancarie a differenza di ciò che avviene con i finanziamenti IRA negli USA.
Infine, si auspica una doverosa semplificazione delle norme UE in materia di aiuti di Stato, al fine di consentire, come già avviene negli USA, che i progetti verdi possano accedere ai fondi per aumentare i volumi di produzione.
“L’Europa ha bisogno della potenza di fuoco finanziaria per sostenere le sue industrie verdi nella corsa globale con America e Cina”, ha dichiarato Julia Poliscanova, direttore senior per i veicoli e la mobilità elettrica presso T&E.
“Un Fondo di sovranità europeo sosterrebbe una vera strategia industriale europea e non solo paesi ricchi. Ma le regole di spesa devono essere semplificate in modo che la costruzione di un impianto di batterie non richieda lo stesso tempo di una centrale a carbone”.
“Un Fondo Sovrano Europeo sarebbe in grado di sostenere una strategia industriale comune per tutti i Paesi del Continente, non solo i più ricchi”, ha aggiunto Veronica Aneris.
“L’ESF però, non dovrà essere per l’Italia un’occasione persa in materia di mobilità elettrica come lo è stato il PNRR. I fondi dovranno essere indirizzati a quei settori strategici realmente capaci di salvaguardare il futuro dei posti di lavoro e la competitività industriale nazionale: veicoli elettrici, batterie ed energie rinnovabili. La nostra analisi dimostra che c’è ancora molto potenziale da catturare nella costruzione della nuova filiera automotive europea”.