Car sharing comunitario: una declinazione del servizio amico dell’ambiente
Alla scoperta del servizio di condivisione dei veicoli tra gli abitanti di uno stesso condominio o tra i residenti di uno stesso quartiere. Esistono già esperienze in tal senso in Germania e nei Paesi Bassi; anche in Italia iniziano a germogliare progetti, a Roma e Milano.
L’espressione inglese “car sharing” è ormai entrata, oltre che nel nostro dizionario, anche nel linguaggio comune. In pratica, è la possibilità di condividere un’auto fra più persone che sia a noleggio oppure in multiproprietà, al fine di ridurre i costi legati al possesso di un mezzo e al contempo, rivolgere un occhio agli urgenti problemi ambientali e alla pressante questione della viabilità urbana.
Una nuova declinazione di questo utile servizio potrebbe essere: il car sharing comunitario.
Abbiamo tutti davanti agli occhi i problemi legati al numero spropositato di mezzi che circolano su strada. I parcheggi sono diventati un miraggio, specie nelle grandi città, mentre le auto in doppia e tripla fila o sui marciapiedi sono una desolante realtà, per non parlare delle strade congestionate e dei livelli di CO2 sempre più elevati, che minacciano seriamente la nostra salute.
In numerose città esiste già un servizio pubblico di car sharing, dove chiunque può accedere a veicoli utilizzando una app. In Germania, il numero di utenti che fa uso di tale tipo di condivisione è in costante aumento, di pari passo con la percentuale di auto disponibili per la condivisione. Però, l’idea di non avere un mezzo di proprietà e di dover condividere un veicolo con degli sconosciuti è ancora un forte deterrente per molti.
Una valida alternativa che sta iniziando a riscuotere un certo successo è il “community car sharing”, cioè la possibilità di condividere delle auto, coinvolgendo un gruppo limitato e definito di persone che si conoscono.
Questo tipo di car sharing comunitario rappresenterebbe una soluzione intermedia tra l’auto di proprietà e il car sharing comune aperto a tutti, una soluzione che potrebbe conquistare anche i più scettici. La condivisione dei veicoli in questi casi avviene tra i residenti di una casa o tra persone che abitano nella stessa strada o nel medesimo quartiere oppure tra i residenti di uno stesso condominio.
Molte persone vogliono sapere con chi condividono un veicolo e non apprezzano che possa guidarlo chiunque. Con il car sharing comunitario, chi partecipa alla condivisione ha la sensazione che il veicolo sia in parte una sua proprietà e non un mezzo pubblico, perché ogni utente che ha accesso al veicolo ha un certo controllo su di esso, ad esempio, è sempre possibile conoscere chi sta usando i veicoli in comune e anche chi li ha usati di recente. Anche questo tipo di car sharing è gestito tramite una app.
Ad Amsterdam, nel quartiere residenziale “The David” nel distretto di Nieuw West, che in precedenza era un vasto agglomerato per uffici, è stato realizzato un servizio di car sharing comunitario.
Dal 2020, gli inquilini del complesso residenziale possono accedere ad auto elettriche e a una stazione di ricarica. La scelta di condividere veicoli tra più persone implica una notevole riduzione del numero di auto in circolazione e questo, per la città comporta meno spazio pubblico occupato per i parcheggi e al contempo, protezione delle risorse ambientali, mentre per i residenti virtuosi significa pagare meno tasse e tutti i costi legati alla manutenzione e all’assicurazione dei veicoli saranno ridotti, in quanto suddivisi tra tutti gli utilizzatori dei mezzi.
Le opportunità di condivisione sono molte e si possono applicare su più fronti: tra gli stessi membri di una famiglia oppure tra un gruppo di amici o di vicini che si conoscono e decidono di utilizzare in comunità una stessa auto.
I progetti che hanno come slogan “usare invece di possedere” mirano a un’idea di consumo efficiente e rispettoso dell’ambiente, senza limitare gli individui.
Nei Paesi Bassi sono molte le iniziative di car sharing comunitario; ci sono quasi duemila persone che si trovano a condividere oltre duecento auto, appoggiandosi a software sviluppati a tale scopo.
In Germania, sono le stesse imprese edili a incoraggiare questa tendenza, includendo nella pianificazione di nuovi quartieri residenziali, offerte di mobilità condivisa.
Il car sharing comunitario può essere gestito da un privato o da fornitori del settore. Le persone che partecipano alla condivisione pagano una tariffa associata all’uso che fanno dell’auto. Nei Paesi Bassi, le tariffe adottate dagli operatori sono applicate a fattori diversi, come l’orario e i chilometri percorsi oppure un mix dei due. Si possono anche scegliere tariffe forfettarie giornaliere o per il week-end.
La tariffa per un giorno intero, solitamente, si aggira attorno ai 30 euro, mentre per i fine settimana saliamo a circa 60 euro. Nel prezzo che gli utenti pagano, oltre ai chilometri percorsi, sono inclusi i costi della manutenzione dell’auto, il carburante e l’assicurazione. Gli utenti alla fine del mese si vedono recapitare una fattura, dove sono registrati tutti gli spostamenti effettuati.
I vantaggi del car sharing comunitario non sono pochi: chi lo utilizza non deve assumersi le spese di un’auto costosa, non deve pagare per intero tasse di circolazione e assicurazione del veicolo e non deve neppure preoccuparsi di questioni pratiche, come la sostituzione degli pneumatici invernali o di eventuali controlli periodici del mezzo.
Il car sharing comunitario per poter funzionare prevede che gli operatori possano accedere ai veicoli in modo digitale, affinché possano gestirli con i loro software e fornire il loro servizio che risponde al concetto “Vehicle-as-a-Service”, utilizzando una app che consente la condivisione.
Nelle auto condivise è presente un componente hardware al quale gli sviluppatori di software accedono mediante un’interfaccia. Gli utenti possono prenotare i veicoli, grazie a una app per smartphone che gli operatori forniscono loro al momento in cui aderiscono al servizio di condivisione.
Nei progetti più piccoli di car sharing comunitario, a disposizione degli utenti ci sono dalle tre alle cinque auto, mentre nei progetti di più ampio respiro si può arrivare anche a dieci auto.
La prima volta che un utente utilizza l’auto, una app effettuerà una scansione della sua patente di guida, per verificare che il soggetto sia autorizzato a guidare. In caso di risposta affermativa, l’utente potrà effettuare la sua prima prenotazione.
Le auto utilizzate per il car sharing comunitario sono a prova di furto, in quanto, solo persone verificate possono accedervi. In mancanza di una prenotazione valida sarà impossibile salire in auto e accendere il motore. Se invece si dispone di una prenotazione valida, si può aprire e chiudere il veicolo e anche avviarlo tramite la app.
Il car sharing comunitario può essere una soluzione valida anche per chi necessita di una seconda auto. In ambito urbano, gli utenti di solito usano solo il veicolo condiviso; nelle zone rurali, invece, molti utilizzano la condivisione al posto di una seconda auto, ad esempio, per andare in palestra oppure per fare shopping.
Un altro vantaggio del car sharing comunitario è la possibilità di accedere alla mobilità elettrica. Molti operatori di questo settore mettono a disposizione veicoli elettrici per diminuire le emissioni di CO2. In Germania, la percentuale delle auto elettriche condivise supera abbondantemente quella delle auto elettriche di proprietà.
Molte persone vorrebbero passare a veicoli a trazione elettrica, ma vi rinunciano a causa dei costi elevati di tali mezzi. Quindi, il car sharing pubblico e quello comunitario hanno un ulteriore pregio, quello di allargare il parco auto elettrico in città e dare di conseguenza una spinta sostanziale verso una mobilità sostenibile.
In Italia, il car sharing comunitario o condominiale ha preso il via attraverso un progetto pilota a Roma, nel quartiere Garbatella, mentre a Milano, è stato proposto per la prima volta un car sharing elettrico di condominio, in una zona periferica vicino all’ex sito Expo, dove sta nascendo un quartiere residenziale, in zona Cascina Merlata.
Di Anna Rita Rossi