Mercato auto Italia: dicembre in calo per la sesta volta: -27,5% sul 2020
Il volume nazionale delle immatricolazioni si è chiuso alla fine del 2021 con una leggera crescita del 5,5% rispetto al 2020, ma la realtà è quella del -23,9% sul 2019.
All’inizio del nuovo anno, in data 3 gennaio, il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili ha reso noti i dati relativi al mercato auto nazionale riferiti al mese di dicembre evidenziando l’ennesimo, pesante, calo mensile consecutivo (il sesto per l’esattezza), che decisamente non ha consentito di chiudere l’anno con quelle prospettive di ripresa da molti auspicate, ma sulle quali gli addetti ai lavori non avevano alcuna illusione.
Ebbene, il dodicesimo mese del 2021 ha chiuso con 86.679 immatricolazioni; una variazione percentuale in negativo del -27,5% rispetto a dicembre 2020 allorquando le unità immatricolate erano state 119.620.
Con l’ultimo dato di dicembre il volume immatricolato dell’intero anno sale a quota 1.457.952 unità che rappresentano una crescita di appena il 5,5% in più rispetto al consuntivo annuale 2020.
Tuttavia, il risultato non deve lasciare intravedere chissà quale ripresa dal momento che il confronto con i numeri dell’ultimo anno precedente la pandemia mostra un impietoso decremento che sfiora il -24% (460.000 unità perse).
Invariata la tendenza degli ultimi mesi che vede sempre più ridursi la quota di mercato e di rappresentatività delle auto ad alimentazione tradizionale benzina e diesel rispetto a quelle ad alimentazione alternativa ibride ed elettriche che continuano a guadagnare punti percentuali.
Invariate, altresì, le doglianze dei produttori che rimarcano ancora una volta gli effetti negativi della crisi dei semiconduttori e le relative conseguenze sulla produzione e la consegna di veicoli nuovi, così come la mancanza, in Italia, di una strategia di sostegno di lungo periodo in grado di coniugare la prospettiva di una maggior stabilità della filiera automotive con l’esigenza di svecchiare il parco auto circolante (che ricordiamo essere fra i più vecchi d’Europa) e transitare l’intero settore verso quella transizione ecologica che nessuno vorrebbe rimanesse solo un bello slogan.
Tanto più se si considerano gli allarmi seguiti alla comunicazione del CITE – Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica in occasione della quarta riunione nella prima metà di dicembre, che ha deciso, in linea con la maggior parte dei Paesi avanzati, di fissare al 2035 il phase out per le auto a combustione interna e al 2040 per i furgoni e i veicoli da trasporto commerciale leggeri (per approfondire l’argomento si legga l’articolo dedicato qui).
E se l’anno appena trascorso ha significato per il settore automotive nazionale un confronto impari con una congiuntura particolarmente negativa dovuta alla somma degli effetti della pandemia sulla fiducia dei consumatori, sugli ostacoli all’approvvigionamento delle materie prime per le industrie, sull’aumento del costo dell’energia (soprattutto nell’ultima parte dell’anno); quello che s’apre non sembra così foriero di cambiamenti positivi.
“Purtroppo, inspiegabilmente, la Legge di Bilancio 2022 approvata lo scorso 30 dicembre non prevede alcuna misura pluriennale di incentivazione all’acquisto di autovetture a zero e a bassissime emissioni né altre misure a supporto della graduale ripresa del comparto e, soprattutto, della transizione ecologica ed energetica che sta affrontando”, ha criticato dall’ANFIA il Presidente Paolo Scudieri.
“Finora, le pur scarse risorse destinate con interventi “stop and go” hanno avuto un impatto positivo nel promuovere la mobilità elettrica: le immatricolazioni di veicoli full-electric, plug-in hybrid e hybrid sono, infatti, aumentati del 274% nell’ultimo anno e mezzo, con indubbio impatto positivo sul rinnovo del parco e sulla riduzione emissioni”, gli ha fatto eco il Presidente UNRAE, Michele Crisci.
Tuttavia, ha poi proseguito nel Comunicato di commento dei dati di dicembre: “L’assenza di una strategia almeno di medio periodo, con un piano di interventi organico farà ricadere i costi economici della transizione sui consumatori, e i costi sociali sui lavoratori di un comparto che genera un fatturato commisurabile al 20% del Pil”.
E nel rimarcare ancora il peso in termini di benefici sulla filiera automotive italiana che hanno avuto gli incentivi 2021, il Presidente dell’ANFIA ha sottolineato che: “sono state prodotte negli stabilimenti italiani il 21% delle auto incentivate della fascia 61-135 g/Km di CO2, il 23% delle auto BEV e PHEV e poco meno del 20% dei veicoli commerciali leggeri, con un fatturato generato dalla componentistica italiana di 280 milioni di euro — su ogni vettura realizzata in Italia, infatti, si contano circa 5.500 € di componenti realizzati qui, mentre si arriva a 1.000 € di impatto positivo a vettura, per l’indotto italiano, per le auto non prodotte in Italia”.
Di qui la necessità, manifestata da molti, di proseguire nell’attività di interlocuzione con le istituzioni nazionali al fine di addivenire ad un superamento delle logiche di sostegno “una tantum” per un più organico progetto di accompagnamento all’elettrico sviluppato su più anni che preveda adeguati incentivi per l’acquisto di auto a basse o bassissime emissioni di CO2, così come appropriate e congruenti risorse per lo sviluppo della rete infrastrutturale di ricarica, senza contare tutto ciò che riguarda la necessità di provvedere ad una filiera della produzione energetica coerente con gli obiettivi di decarbonizzazione.
La sfida non è solo per un settore industriale di spicco o per l’ambiente; in gioco ci sono anche la tenuta sociale (considerando il grande numero di persone impiegate direttamente e indirettamente nell’automotive) e il futuro della mobilità di merci e di persone, quindi dell’economia nella sua accezione di sostenibilità.