Giugno: cresce il mercato auto europeo, ma i volumi sono ancora al di sotto del 2019
L’Associazione dei Costruttori Europei di Autoveicoli (ACEA), ha diffuso i dati del mercato auto dello scorso mese e del cumulato semestrale.
Lo scorso mese di giugno il mercato auto dell’Europa Occidentale (Unione + Regno Unito + Paesi EFTA, ovvero: Islanda, Norvegia e Svizzera) ha registrato 1.282.503 nuove immatricolazioni, +13,3% rispetto a giugno 2020.
È il dato principale che risulta dalla consueta analisi mensile ACEA sull’andamento del mercato auto in Europa e nei singoli mercati dell’Unione da cui risulta anche che al giro di boa del primo semestre dell’anno il mercato auto dell’Europa occidentale, segna 6.486.351 nuove immatricolazioni, +27,1% rispetto al primo semestre 2020.
Guardando ai soli dati dell’Unione i risultati di giugno segnano +10,4% nel confronto con il sesto mese del 2020 (1.048.143 nuove immatricolazioni contro le precedenti 949.776), mentre il cumulato semestrale segna una crescita della domanda del 25,2% che equivale a 5.361.857 nuove immatricolazioni contro le 4.281.618 del primo semestre 2020.
Analizzando le performance dei principali mercati dell’Unione si osserva che, lo scorso mese, Germania, Spagna e Italia sono i Paesi che hanno visto crescere maggiormente la domanda (rispettivamente: +24,5%; +17,1% e +12,6%), la Francia, invece, ha visto contrarre il numero di immatricolazioni del -14,7% rispetto allo scorso anno.
Su base semestrale, ad eccezione della sola Romania (-4,9%), tutti i mercati dell’Unione hanno registrato una variazione percentuale positiva e nella classifica dei key-markets è l’Italia che ha raggiunto la crescita maggiore (+51,4%), seguita da Spagna (+34,4%), Francia (+28,9%) e Germania (+14,9%).
Ancora una volta, tuttavia, va detto che i risultati più che positivi dello scorso mese e del primo semestre 2021 sono frutto di un confronto con un anno eccezionalmente negativo allorquando, a causa delle restrizioni imposte dalle misure di contenimento della pandemia, si verificò un crollo inimmaginabile delle immatricolazioni e pertanto una fotografia più reale dello stato di salute del mercato auto europeo emerge dal raffronto con i risultati dell’ultimo anno normale prima della pandemia.
A questo punto, però, ci si accorge che il cumulato semestrale 2021, ancorché molto positivo, nasconde 1,5 milioni di unità in meno (-23%) rispetto al volume del primo semestre pre-covid e rivela una situazione di sofferenza del settore appena mitigato dalle misure di incentivazione all’acquisto messe in campo da alcuni Paesi fra cui il nostro.
Orbene, in una situazione di palese sofferenza del mercato si inserisce la proposta contenuta nel recente Pacchetto clima della Commissione europea che vorrebbe vietare la vendita di auto a benzina o diesel a partire dal 2035, proposta che non ha mancato di allarmare i produttori e che impone scelte importanti tanto dal punto di vista industriale quanto da quello logistico dei singoli Paesi, senza contare gli effetti sull’occupazione considerando che sono 14,6 i milioni di europei che lavorano direttamente e indirettamente nell’industria automobilistica pari al 6,7% di tutti i posti di lavoro dell’UE (dati ACEA) e che l’11,5% dei posti di lavoro nell’industria manifatturiera dell’UE – circa 3,7 milioni – è nel settore automobilistico.
“L’impegno per realizzare questo obiettivo, che sarà veramente efficace soltanto se l’Unione Europea riuscirà a convincere il resto del mondo a fare altrettanto (il che è tutt’altro che certo) – ha sottolineato Gian Primo Quagliano, presidente del Centro Studi Promotor nel commentare i dati di mercato europei – sarà colossale perché occorrerà comunque sostenere l’industria dell’auto chiamata ad investire ancora pesantemente, perché occorrerà creare un’efficiente e capillare rete di ricarica per le auto elettriche che dovrà dopo il 2035 convivere a lungo con i distributori di carburanti tradizionali per le auto non elettriche, (che non potranno più essere prodotte ma che continueranno a circolare per molti anni dopo il 2035), perché si dovrà affrontare un problema occupazionale, dato che la produzione dell’auto elettrica richiede meno lavoro di quella tradizionale, perché, per non vanificare l’intera operazione, l’energia elettrica dovrà essere prodotta da fonti rinnovabili e perché l’investimento complessivo sarà enorme e dopo la vicenda del gilet gialli non si potrà scaricare il costo sui consumatori, ma occorrerà prevedere incentivi generosi che dovranno essere finanziati dalla fiscalità generale e quindi sempre dai cittadini, ma, si spera, con prelievi ispirati a criteri di progressività”.