Autobus a zero emissioni: troppo pochi in Ue
Solo tre Paesi europei raggiungono quote considerevoli di e-bus nelle loro flotte, altrove perdura un ritardo preoccupante.
In Europa il trasporto pubblico locale urbano ed extraurbano su ruote continua a favorire i combustibili tradizionali di origine fossile, principalmente: diesel, benzina, metano e GPL con pochissime quote afferenti al comparto dell’elettrico che, pur, tuttavia, sta timidamente prendendo campo.
Non solo, se si analizza la geografia europea nel settore si può notare che pochissimi Paesi hanno creduto negli autobus a emissioni zero in un contesto internazionale già di per se problematico dal punto di vista della vetustà del parco mezzi circolante.
Proprio ieri ACEA – European Automobiles Manufacturer Association ha pubblicato il Rapporto “Vehicles in use – Europa 2021” che contiene una disamina dell’insieme dei mezzi a motore circolanti nell’Europa a 27 prendendo in considerazioni i dati di tutti i settori (automobili e veicoli commerciali) riferiti al 2019 con il confronto agli anni precedenti.
Nel rapporto si legge che al 2019 circolavano 692.207 autobus sulle strade europee (+ 1,7% rispetto al 2018), con le flotte maggiori concentrate in Polonia (122.604), Italia (100.149) e Francia (94.371) e un’età media di 11,7 anni. Va specificato, tuttavia, che tale età media è il risultato della media aritmetica delle diverse vetustà dei parchi circolanti dei diversi Paesi che, di fatto risultano significativamente differenti con picchi virtuosi come Austria (4,8), Lussemburgo (5,2), Svezia (6,6), Francia (7,2), Germania (8,5), Paesi Bassi (9,3) contro una diffusa anzianità a due cifre che in alcuni casi supera la media UE, come nel caso della Polonia (15,6), del Portogallo (15,1) della Grecia (19,1), della Repubblica Ceca (14,5) e anche del nostro Paese (12,8).
Sempre scorrendo le tabelle che costituiscono il cuore del Rapporto, alla voce “alimentazioni” si può osservare che, anche per gli autobus, è il diesel ad andare per la maggiore (94,5%) con percentuali appena più rilevanti per le alimentazioni più green (0,6% elettrico a batteria; 0,7% ibrido elettrico), che comunque restano inferiori alla benzina (0,8%) e al metano (2,7%).
Accanto a questa “fotografia”, in data 15 gennaio la Federazione Europea dei Trasporti e dell’Ambiente, Transport & Environment aveva già pubblicato un report basato sulle immatricolazioni di nuovi autobus nel 2019 dal quale emerge che nonostante la crescita della domanda di nuove alimentazioni elettriche negli altri settori, quello dei bus è sostanzialmente al palo con tutti i principali mercati europei: Francia (9,2%), Spagna (8,5%) Germania (6,3%), Italia (5,4%) che offrono un’immagine piuttosto deludente e decisamente distante dalle percentuali a due cifre dei Paesi più virtuosi.
Sul podio troviamo Danimarca (78%), Lussemburgo (67%) e Paesi Bassi (66%) dove le immatricolazioni di nuovi autobus a basse emissioni sono decisamente alte, ma anche Svezia (26%), Norvegia (24%) e Finlandia (23%) non si piazzano male.
Ora, va considerato che nell’ultimo decennio l’Unione s’è data obiettivi ambiziosi per quanto riguarda l’abbattimento dell’inquinamento atmosferico e il conseguente contenimento del cambiamento climatico; obiettivi che indicano la necessità di raggiungere la neutralità climatica al 2050 anche come importante fattore di sviluppo sociale ed economico.
In questo senso, la decarbonizzazione del trasporto pubblico gioca un ruolo decisivo e i Paesi potrebbero anche colmare i loro gap in materia usufruendo dei finanziamenti che la Commissione ha messo a disposizione per le misure di ripresa dalla crisi della pandemia.
T&E ricorda che, ad esempio, la Germania ha già fatto importanti passi in avanti già nel 2020 finanziando una buona parte del locale costo di acquisto di e-bus e la Polonia (che ha il parco autobus circolante più consistente d’Europa), ha annunciato l’elettrificazione dei trasporti pubblici al 2030 nelle città a partire da e sopra i 100.000 abitanti.
“Le flotte di autobus urbani percorrono milioni di chilometri ogni anno“, ha ricordato James Nix, responsabile merci presso Transport & Environment. “Se vogliamo decarbonizzare le nostre città, questi veicoli devono diventare privi di emissioni il prima possibile“.
Con lo scopo di guidare i decisori politici delle comunità locali e gli operatori del trasporto pubblico verso questa ineludibile transizione, T&E, in collaborazione con la società di ricerche Eunomia Research and Consulting ha pubblicato una ricerca basata su alcuni case history in altrettanti Paesi e città dell’Unione (per l’Italia figurano anche Asti, Cuneo, Alessandria, Torino e Milano) cercando di identificare i fattori comuni di successo per la diffusione degli e-bus che includono:
– l’importanza di una leadership politica che porta alla condivisione delle conoscenze, alla collaborazione e alla costruzione di alleanze necessarie per mettere in circolazione gli autobus elettrici;
– il sostegno finanziario, fondamentale per il lancio di e-bus, sottolineando altresì che una analisi dei costi lungo l’intera vita operativa degli e-bus mostra possibilità di costi di vita inferiori rispetto a veicoli a combustibili fossili comparabili;
– la necessità di effettuare prove, monitoraggi e valutazioni per garantire che la tecnologia funzioni in modo ottimale durante la sua vita e raggiunge i risultati desiderati;
– la necessità di appalti proattivi e innovativi per gettare le basi per un’implementazione efficace ed economicamente vantaggiosa degli e-bus;
– una progettazione ponderata e integrata dei servizi di e-bus, che sia completa, pratica e incentrata sull’utente.
“Gli autobus urbani a emissioni zero ci aiutano a combattere l’inquinamento atmosferico, a contrastare i cambiamenti climatici, a ridurre il rumore e a ridurre i costi totali rispetto agli autobus diesel nel corso della loro vita – ha concluso James Nix – Gli stati membri dell’UE devono garantire che i piani di recupero Covid che stanno attualmente scrivendo finanzino la sostituzione degli autobus fossili con quelli a emissioni zero“.
Ci auguriamo che anche il nostro Paese sappia cogliere le opportunità di investire in questa direzione.