Inquinanti atmosferici: le emissioni sono diminuite in Europa, nel 2018
Per l’Agenzia Europa dell’Ambiente sono costanti, ma ancora troppo lenti, i progressi compiuti in questo settore dai vari Paesi membri.
L’aria che si respira in Europa è un po’ più pulita del recente passato e tale risultato non è solo l’effetto (peraltro molto casuale e limitato nel tempo) dei fermi provocati dal lockdown generale dei mesi scorsi, bensì frutto di un costante, ma ancora troppo lento lavoro di riduzione delle emissioni da parte dei Paesi membri in ottemperanza alle norme comunitarie.
Lo afferma l’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA) che la scorsa settimana ha pubblicato e diramato il Rapporto “European Union emission inventory 1990-2018“, inviato all’UNECE – Commissione Economica per l’Europa delle Nazioni Unite nell’ambito della Convenzione sull’inquinamento atmosferico transfrontaliero a grande distanza (CLRTAP) in base ai requisiti del Protocollo di Göteborg (adottato per la prima volta nel 1999 e successivamente “revisionato” nel 2012), che mira a limitare e, per quanto possibile, ridurre e prevenire gradualmente l’inquinamento atmosferico.
Ebbene, secondo le ultime stime dell’AEA (che monitorano, nel complesso 26 tipologie di inquinanti), le emissioni dei cinque composti più dannosi, tra cui il particolato (PM), gli ossidi di azoto (NOx) l’ammoniaca (NH3), i composti organici volatili non metanici (NMVOC) e gli ossidi di zolfo (SOx) sono diminuite in tutta l’Unione europea nel periodo compreso tra il 2017 e il 2018.
Il trend in discesa conferma l’impegno assunto dai vari Paesi Ue (incluso il Regno Unito per il periodo in cui era membro dell’Unione) sin dal 1990 per ridurre le emissioni degli inquinanti atmosferici di origine antropica, derivati, cioè da attività industriali e artigianali, dal settore dei trasporti e della mobilità, dall’agricoltura e dal riscaldamento delle abitazioni. Un impegno, questo, che si è tradotto in effetti concreti, costanti, ma ancora troppo lenti!
Nel periodo preso in esame, complessivamente, le emissioni di NOx sono diminuite nell’Ue del 4,1%; quelle dei NMVOC del 2%; quelle degli ossidi di zolfo del 6,7%, quelle relative al particolato fine (PM 2,5 il più insidioso per la capacità di penetrazione nei polmoni), del 3,8%; mentre il monossido di carbonio (CO) e l’ammoniaca (NH3), sono diminuiti, rispettivamente, del 4,3% e dell’1,6%. Tuttavia, a livello puntuale, ogni singolo Paese Ue ha registrato differenze più o meno ampie relativamente all’aumento delle emissioni di alcuni specifici inquinanti.
Se si guarda ai principali indiziati per la produzione delle emissioni dannose per ambiente e salute, il 2018 ha visto il settore residenziale e domestico fra i principali responsabili delle emissioni di numerosi inquinanti: l’AEA ha evidenziato che il settore ha emesso nell’aria il 61% di tutti gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA), il 51% di tutti i PM 2,5 primari e il 41% di tutte le diossine e furani nell’UE.
Come già avvenuto negli anni precedenti, è il settore agricolo il maggior responsabile di tutte le emissioni di ammoniaca nell’aria (circa il 93%); mentre al trasporto stradale, nel 2018, va imputata la produzione del 39% di tutte le emissioni di ossidi di azoto (seguito tuttavia dai settori della produzione e distribuzione di energia, responsabili del 16% delle emissioni totali e dai settori commerciale, istituzionale e delle famiglie che ne scontano il 14%.
Produzione e distribuzione di energia (ivi comprese le emissioni prodotte dalle centrali elettriche, sono state responsabili anche del 41% di tutto il mercurio e del 48% degli ossidi di zolfo immessi in atmosfera.
L’AEA ricorda che l’inquinamento atmosferico è il singolo più grande rischio ambientale per la salute umana in Europa, contribuendo a malattie croniche e gravi come asma, problemi cardiovascolari e cancro ai polmoni e contribuendo , altresì, alla riduzione della durata della vita media.
Non a caso, a ottobre 2019, l’ultimo Rapporto sulla qualità dell’Aria, sempre a firma dell’AEA, mostrava dati allarmanti con numeri ancora troppo alti per morti premature derivate dall’esposizione a biossido di azoto.