Emissioni diesel: sotto accusa i sistemi di rigenerazione dei filtri
Nuovi test commissionati dalla Federazione europea dei trasporti e l’ambiente su due modelli diesel Euro 6 fra i più venduti in Ue, mostrano che anche le auto più nuove continuano a violare i limiti di legge sulle emissioni di polveri sottili.
Anno nuovo, problemi vecchi!
Si torna a parlare ancora delle emissioni di particolato inquinante prodotte dalle auto ad alimentazione diesel grazie ad una serie di recenti test commissionati dalla Federazione europea dei trasporti e l’ambiente, Transport & Environment che ha messo sotto osservazione gli scarichi di due modelli Euro 6 fra i più venduti in Europa.
Ebbene, dai risultati emergono dati interessanti, ancorché piuttosto inquietanti: anche dai veicoli più recenti e più performanti escono emissioni che arrivano a superare di 1.000 volte i valori considerati standard!
Non solo, se si osservano le misurazioni relative alle cosiddette polveri ultrafini, ovvero del diametro inferiore a 10 nm (peraltro non regolamentate), i test evidenziano “un aumento delle emissioni totali tra l’11 e il 184% rispetto alle misurazioni delle sole particelle regolamentate“.
Ma andiamo con ordine.
T&E ricorda che a seguito del noto scandalo Dieselgate, la fiducia dei consumatori europei è crollata trascinandosi dietro un notevole calo delle vendite, peraltro inasprito dalle norme locali di limitazione alla circolazione nei contesti urbani.
Nel frattempo le Case automobilistiche hanno cercato di rimediare e recuperare gli investimenti nel settore puntando su nuove tecnologie diesel più pulite.
T&E, promuovendo una serie di test indipendenti ha evidenziato che “i più stretti controlli dell’UE sull’inquinamento delle vetture non riescono comunque a impedire l’emissione da parte delle automobili diesel di grandi quantità di polveri sottili pericolose… che rappresentano un grave pericolo per la salute“.
Alla sbarra il fatto che i filtri antiparticolato (DPF – attualmente la migliore tecnologia di controllo dell’inquinamento disponibile): “devono essere puliti regolarmente e questo fa sì che i veicoli diesel riversino grandi quantità di sostanze inquinanti all’incirca ogni 480 Km. I test mostrano che questi picchi possono verificarsi nelle aree urbane e durare anche 15 km, durante i quali le emissioni di polveri sottili pericolose aumenta di oltre 1.000 volte rispetto al normale“.
Scorrendo il testo del “riassunto non tecnico”, “New diesel, new problems” pubblicato on line da T&E, si legge che: “Tale difetto è omesso nei test UE sulle emissioni: quando si verificano picchi estremi di polvere sottili, i limiti vengono ignorati e i test rifatti, sebbene una più rigorosa regolamentazione sia già stata discussa nel 2007. T&E stima che, in Europa, sono più di 45 milioni le automobili dotate di tale tecnologia, con picchi di emissioni inquinanti che si verificano, in media, una volta ogni due settimane. I risultati dimostrano che, contrariamente a quanto afferma l’industria automobilistica, i più recenti modelli diesel Euro 6d-temp non sono puliti, e le nuove politiche contro l’inquinamento e soprattutto i nuovi standard post-Euro 6 dovrebbero tenerne conto“.
Argomentazione di non poco conto se si considera che il particolato atmosferico, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), rappresenta il sesto fattore di rischio decesso al mondo, nonché l’agente inquinante più nocivo al quale il 77% della popolazione urbana europea è quotidianamente esposto oltre i limiti indicati dall’OMS.
Considerando, altresì che l’esposizione prolungata al particolato atmosferico fino e, tanto più a quello ultrafino (che ha maggiori capacità di penetrazione nell’organismo), è strettamente associato all’insorgenza di patologie cardiovascolari e polmonari (alcune anche particolarmente gravi).
I test, effettuati evidenziano che all’interno dei DPF la rigenerazione che evita l’intasamento del filtro antiparticolato può verificarsi in tutte le condizioni di guida, incluse quelle nelle aree urbane. Nei test, il numero delle particelle di particolato è rimasto più elevato durante la guida urbana per 30 minuti dopo la fine della pulizia.
Entrambi i modelli testati hanno rispettato invece i limiti previsti per l’NOx.
Le conclusioni del test adombrano, pertanto l’efficacia definitiva dei DPF quali soluzioni per superare il problema dell’abbattimento del particolato atmosferico, dal momento che durante il loro funzionamento, possono causare gravi picchi di emissioni durante le condizioni di guida reali.
“Questi test – ha dichiarato Anna Krajinska ingegnere delle emissioni T&E – dimostrano che i nuovi diesel non sono ancora puliti. Emettono ogni giorno livelli estremamente pericolosi di particolato nelle nostre città e strade. Si semplifica il compito delle case automobilistiche, ma sono i nostri polmoni a pagarne le conseguenze“.
A latere della pubblicazione dell’analisi la Federazione europea per il trasporto e l’ambiente si è poi chiesta quanto sia opportuno che i decisori politici europei continuino ad incentivare l’utilizzo di veicoli endotermici tradizionali invece di puntare su mezzi di trasporto interamente elettrici o almeno ibridi (sui primi, tuttavia, pesa sempre l’incognita rappresentata dall’esiguità dei punti di ricarica).
Ma lo scoglio da superare rimane, comunque, sempre lo stesso: normative vincolanti e stringenti per quanto riguarda i limiti di emissione comprese le fattispecie inquinanti ancora non regolamentate.
In questo senso T&E sollecita la nuova Commissione Ue – sulla scia di quanto avviene in USA grazie alla locale Agenzia per la protezione dell’ambiente – affinché anche in Europa le autorità di omologazione abbiano la possibilità di controllare le performance delle auto su strada, anche dopo la vendita.
In fin dei conti ne va della salute, di tutti!