Platino: in Europa se ne recupera troppo poco e molto va disperso
Circa il 40% del platino Ue usato nei catalizzatori delle auto non viene recuperato; sotto la lente le dispersioni nella filiera ELV.
Si scrive platino e subito la mente dei più va a sontuosi manufatti di oreficeria di altissimo livello, vista la preziosità della materia prima, il suo colore, la sua lucentezza; tuttavia, questo metallo è anche utilizzato come componente delle normalissime marmitte catalitiche che fungono da abbattitore delle emissioni nocive di gas di scarico del motore, favorendone la completa ossidazione e riduzione.
Le sue caratteristiche chimico-fisiche, la sua scarsità in natura, le complessità legate ai processi di estrazione, ne fanno una materia prima di grande valore dati i suoi utilizzi che vanno dall’oreficeria, appunto, all’odontotecnica, fino ai processi industriali e all’automotive.
Non a caso risulta una delle 27 materie prime essenziali per l’economia dell’unione così come indicato dalla Commissione UE.
Il suo approvvigionamento è quindi altrettanto prezioso per l’industria così come il suo recupero/riciclo.
Ebbene, un recente Studio francese ha stimato che il 39% del platino, importato ed utilizzato per il 69% per la costruzione dei catalizzatori delle auto, si disperde lungo la catena del valore per un quantitativo di 14,2 tonnellate, di cui i 2/3 nel fine vita dell’auto!
Circa il 40% del platino usato in Europa per le marmitte catalitiche non viene recuperato tramite il riciclaggio e si “perde” per sempre.
Lo Studio, dal titolo “Closing the loop on platinum from catalytic converters: Contributions from material flow analysis and circularity indicators” è stato realizzato da un gruppo di ricercatori coordinati dal Laboratorio di Ingegneria Industriale dell’Istituto di Ingegneria CentraleSupélec, considerato il migliore istituto universitario francese per la formazione degli ingegneri e successivamente pubblicato sul numero di ottobre 2019 del Journal of Industrial Ecology.
Occorre, dunque, affermano i ricercatori, potenziare i processi di economia circolare per il platino, allo scopo di ridurne le importazioni dal momento che il 98% del platino è attualmente importato per lo più da Russia e Sudafrica.
Non solo, puntare sul recupero/riciclo significherebbe per l’industria automotive Ue, una maggior diponibilità di materiale necessario per soddisfare la domanda di catalizzatori guidata dalla necessità di rispondere agli standard di emissioni di gas delle norme Euro VI per i veicoli pesanti, già obbligatori, e quelle che entreranno in vigore dal 2020 per i veicoli da costruzioni; senza contare il mercato emergente rappresentato dai mezzi ibridi.
V’è poi la non secondaria questione ambientale legata al consumo energetico e alle emissioni derivanti dalla produzione del platino secondario che sono di 20 volte inferiori rispetto alla produzione da minerale grezzo.
Il lavoro degli ingegneri francesi ha il pregio di aver mappato la catena del valore di platino primario dalla miniera alla produzione per l’utilizzazione nei convertitori catalitici, fino al trattamento e riciclaggio delle auto a fine vita, calcolando i quantitativi persi in ogni anello della catena stessa fino al riciclo degli ELV (lo studio analizza dati del 2017 acquisiti da rapporti tecnici, industriali e di mercato, pubblicazioni accademiche e rapporti delle agenzie ambientali e governative di 28 Paesi membri UE).
Ebbene, in estrema sintesi, lo Studio ha fatto emergere che circa 14,2 tonnellate di platino si disperdono lungo la catena di valore, corrispondenti a circa il 39% di tutto il platino primario che è entrato, pari a 36,6 tonnellate.
Gli ingegneri francesi evidenziano che la quantità maggiore di platino perso (9,2 t circa i 2/3 del totale delle perdite) si verifica nella fase ELV allorché, evidentemente, tali rifiuti non vengono adeguatamente trattati negli impianti autorizzati.
In questo senso i ricercatori puntano il dito su inefficienti sistemi di raccolta dei catalizzatori esausti e sulle esportazioni illegali di ELV, per lo più verso i Paesi dell’est Europa e del nord Africa.
Altre cause di perdita si sono evidenziate nelle diverse fasi di: utilizzo del catalizzatore (dal momento che usura e reazioni chimiche sono responsabili della perdita di 3,5 t); smontaggio e frantumazione (1,1 t) e riciclaggio (0,4 t).
Urgono, dunque, conclude lo studio, azioni mirate nella direzione di un aumento dei tassi complessivi di raccolta, recupero e ingresso di platino secondario per garantire: maggiori quantità di materiale disponibile, riduzione della dipendenza dalle importazioni, risposta positiva alla domanda di nuove generazioni di convertitori catalitici e di celle a combustibile.
Allo stesso tempo, occorre agire lungo tutti gli anelli della catena del valore del platino limitando le dispersioni e le opacità che si dovessero riscontrare.