L’impatto della Brexit sul settore dei componenti auto

Produttori e fornitori europei di componentistica per auto in fibrillazione per gli effetti sul business in un settore strategico per l’Ue ove si profila l’assenza futura di accordi condivisi.

Brexit

L’Uscita del Regno Unito dall’Unione europea, ovvero il processo che porrà fine all’adesione del Regno Unito all’Unione europea, secondo le modalità previste dall’articolo 50 del Trattato sull’Unione europea potrebbe avere conseguenze nefaste anche sul settore automobilistico, in particolare, sulla logistica dei trasporti di componenti per auto.

A lanciare l’allarme: ACEAEuropean Automobile Manufacturers Association e CLEPAEuropean Association of Automotive Suppliers che a Bruxelles si sono incontrate il 17 ottobre scorso in vista del summit dei negoziatori sull’uscita dell’UK dall’Ue per sottolineare i possibili impatti di un mercato senza regole chiare nel settore di riferimento.

L’Europa, fino ad oggi è anche questa: oltre 3.000 aziende impegnate nella fornitura di componenti all’avanguardia e tecnologicamente innovativi per il settore automotive con uno sguardo alla mobilità sicura, intelligente e sostenibile e un investimento complessivo in ricerca e sviluppo che supera i 20 miliardi di euro l’anno; senza contare l’impatto sul lavoro che, in questo settore garantisce (dati CLEPA – Associazione europea dei fornitori automobilistici) l’impiego di quasi 5 milioni di persone nel continente.

Eppure, con la Brexit qualcosa potrebbe cambiare e le previsioni dei Produttori e dei fornitori di componentistica per auto sono tutt’altro che rosee.

L’ACEA che rappresenta i 15 maggiori produttori di automobili, furgoni, camion e autobus in Europa (BMW Group, DAF Trucks, Daimler, Fiat Chrysler Automobiles, Ford Europa, Honda Motor Europe, Hyundai Motor Europe, Iveco, Jaguar Land Rover, Gruppo PSA, Gruppo Renault, Toyota Motor Europe, Gruppo Volkswagen, Volvo Cars e Volvo Group), ha scritto una nota nella quale cerca di esplicitare i propri timori relativamente al fatto che ogni giorno, in Ue gli impianti di produzione automobilistica ricevono e montano milioni di pezzi negli autoveicoli affidandosi per le consegne a tir e camion.

Nel solo Regno Unito, ad esempio, ogni giorno giungono dal continente oltre 1.100 camion che attraversano la Manica per consegne puntuali. Cosa accadrà, si chiedono, in ACEA quando anche solo brevi sequestri alla dogana causeranno enormi problemi logistici, interrompendo il processo di produzione e generando costi significativi?

I nostri membri stanno già facendo piani di emergenza e stanno cercando spazi per immagazzinare parti e componenti – ha dichiarato Erik Jonnaert, segretario generale ACEA – Tuttavia, lo spazio richiesto per accumulare oltre un breve periodo sarebbe assolutamente enorme e costoso.” “Alcuni dei nostri membri stanno anche pianificando un arresto temporaneo della produzione post-Brexit. Ma il fatto grave è che nessuna pianificazione di emergenza può realisticamente coprire tutte le lacune lasciate dal ritiro del Regno Unito dall’UE sulle condizioni dell’Organizzazione Mondiale del Commercio“.

Secondo le regole del World Trade Organisation, infatti, verrebbe applicata una tariffa del 10% a tutte le auto scambiate tra l’Europa e il Regno Unito e il Segretario ACEA su questo punto è certo: “Non possiamo dimenticare che i margini di profitto nel nostro settore sono significativamente inferiori al 10%. Alla fine questi costi aggiuntivi dovranno essere trasferiti al consumatore o essere assorbiti dai produttori“.

Il suo omologo Sigrid de Vries, Segretario generale CLEPA gli ha fatto eco dichiarando: “È necessario fare tutto il possibile per garantire un futuro scambio di beni, servizi e persone senza frizioni. I componenti automobilistici spesso attraversano i confini diverse volte prima che il prodotto finale raggiunga il cliente e ciò include i passaggi del canale. Qualsiasi cambiamento nel livello di integrazione della catena del valore avrà un effetto negativo sulla competitività delle singole aziende e del settore nel suo insieme“.

Il pericolo maggiore, ha sottolineato, è per le piccole e medie imprese che, in caso di mancanza di accordi favorevoli dovranno attrezzarsi per sostenere costi ulteriori in termini di personale, software e tempistiche burocratiche. “Le società più piccole che costituiscono elementi costitutivi importanti della catena di approvvigionamento – ha dichiarato De Vries – non dispongono dei sistemi interni, delle piattaforme informatiche o del personale incaricato di gestire dichiarazioni doganali, classificazione tariffaria, valutazione doganale o calcoli basati sull’origine del contenuto… Saranno costrette ad affrontare almeno alcune di queste questioni se vogliono continuare a commerciare e servire i loro clienti, affrontando ulteriori rischi finanziari e logistici“.

Rimuovere le incertezze è il feedback che i membri CLEPA hanno inviato ai responsabili delle politiche: “Resta di fondamentale importanza fornire chiarezza il più rapidamente possibile sul futuro rapporto con il Regno Unito, a partire da un accordo di recesso in modo da evitare uno scenario al limite del precipizio“.

Ricordiamo che secondo i dati forniti da ACEA 13,3 milioni di persone – ovvero il 6,1% della popolazione occupata dell’UE – lavorano nel settore automobilistico; i 3,4 milioni di posti di lavoro nella produzione automobilistica rappresentano quasi l’11% dell’occupazione manifatturiera dell’UE e che gli autoveicoli rappresentano circa 413 miliardi di euro di contributi fiscali nei 15 maggiori Paesi europei; senza contare che l’industria automobilistica genera un’eccedenza commerciale di 90,3 miliardi di euro per l’UE.

Ci auguriamo che negoziatori e quanti sono attualmente impegnati nel difficile percorso che porterà il Regno Unito fuori dall’Europa possano agire saggiamente nell’interesse comune.

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