Emissioni auto: i costruttori potranno superare i limiti ufficiali di emissioni del 110%
Il Parlamento europeo ha deciso di non porre il veto all’aggiornamento dei limiti delle emissioni per i veicoli, ma il M5S punta a una class action.
Non ha ottenuto la maggioranza assoluta la risoluzione della commissione ambiente che raccomandava al Parlamento europeo di porre il veto al progetto di atto delegato della Commissione europea che istituisce la procedura per i test sulle emissioni degli autoveicoli in condizioni reali di guida (RDE).
Dopo lo scandalo VW, la Commissione ambiente, infatti, aveva proposto al CTVM, il comitato tecnico dei veicoli a motore composto dagli esperti rappresentanti dei governi insieme alla Commissione europea, di rivedere le procedure di omologazione con l’introduzione di dispositivi portatili che potessero rilevare su strada le reali emissioni delle vetture.
Il Comitato tecnico il 28 ottobre scorso aveva preso la decisione di innalzare notevolmente i limiti riguardanti gli ossidi d’azoto (NOx) emessi dai motori diesel.
I requisiti proposti saranno introdotti in due fasi:
– nella prima fase, i produttori delle autovetture dovranno ridurre il divario a un “fattore di conformità” di massimo 2,1 (110%) per i nuovi modelli entro settembre 2017 (e per i nuovi veicoli entro settembre 2019), e
– nella seconda fase, il divario dovrebbe essere ridotto fino a un fattore di 1,5 (50%), considerando i margini di errore tecnici, entro gennaio 2020 per tutti i nuovi modelli (ed entro gennaio 2021 per tutte le nuove macchine).
Un fattore di conformità per il numero di particelle (PN) deve ancora essere definito, così come la data dell’entrata in vigore della norma del 2007 di 80 mg/km.
La proposta di risoluzione della Commissione ambiente che avrebbe dovuto annullare tale decisione è stata respinta dal con 323 voti contrari, 317 in favore e 61 astensioni.
La decisione di aumentare temporaneamente i limiti delle emissioni è stata giustificata dalla necessità di considerare i dubbi tecnici relativi all’uso dei nuovi dispositivi portatili di misurazione delle emissioni, così come i limiti tecnici per il miglioramento nel breve termine della performance, in condizioni reali di guida, del rilevamento delle emissioni per le autovetture a diesel attualmente prodotte.
“Una trattativa intensa ha avuto luogo con i governi e la Commissione europea, dopo che la commissione ambiente ha sostenuto l’obiezione, alla quale poi la Commissione europea ha effettivamente dato seguito – ha dichiarato il Presidente della commissione ambiente Giovanni La Via – Ora abbiamo impegni chiari presi dalla Commissione europea: una clausola di revisione, con un calendario preciso, al fine di abbattere i valori massimi di emissione ai livelli che sono stati concordati dai co-legislatori e, nel lungo termine, una proposta di riforma del regime di omologazione UE per le auto, così come richiesto dal Parlamento”.
Il deputato La Via inizialmente era favorevole all’annullamento della decisione del CTVM, ma poi ha seguito il voto del suo partito, il NuovoCentroDestra, nelle fila del Partito Popolare Europeo (PPE).
A favore del veto sono stati invece Verdi, Socialisti e democratici, Sinistra unitaria europea, la maggioranza dei Liberali e infine il Movimento 5 stelle che si sta già muovendo per presentare una denuncia al Mediatore europeo.
“La Commissione europea ha cambiato le regole della legislazione del 2007 già approvata e l’ha fatto con un atto tecnico del Comitato sui veicoli a motore – ha denunciato la portavoce grillina Eleonora Evi – Insomma più che difendere il loro ruolo di co-legislatori i parlamentari europei e la Commissione hanno deciso di difendere le lobby dell’industria e i governi”.
Tuttavia, il parere del Mediatore non è vincolante, ma solo simbolico, e gli eurodeputati del M5S puntano alla Corte di Giustizia, valutando la possibilità di fare una sorta di class action “con altri partiti politici come i Verdi e tutti i cittadini che vogliono essere parte in causa”.
Vedremo cosa ci riserverà le prossime “puntate europee”, ma una cosa è certa: la decisione di Strasburgo rappresenta una pagina davvero nera per la politica europea che ha dimostrato apertamente di assecondare le lobby automobilistiche, vecchie e inquinanti, invece di favorire quelle imprese, che attraverso investimenti, ricerca e innovazione, stanno già realizzando le auto del futuro.