Oltre 170.000 tonnellate di accumulatori industriali e per veicoli raccolti nel 2014
Tutti i dati sulla raccolta e il riciclo di batterie esauste nel primo Rapporto del Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori.
È stato presentato a Roma il primo Rapporto Annuale sulla gestione dei rifiuti di pile e accumulatori giunti a fine vita realizzato dal CDCNPA, il Centro di Coordinamento Nazionale Pile e Accumulatori, che ha mostrato lo stato dell’arte del sistema di raccolta e avvio a trattamento, riciclo e smaltimento di questa speciale tipologia di rifiuti.
Nel 2014 i Sistemi di Raccolta aderenti al CDCNPA hanno raccolto 171.896.011 kg di accumulatori industriali e per veicoli, pari a circa il 70% degli accumulatori nuovi immessi sul mercato nello stesso anno. In linea con quanto accaduto anche nel triennio precedente, rispetto al 2013 è stato registrato un leggero calo del 5%, a causa della diminuzione degli accumulatori nuovi venduti nello stesso periodo.
Secondo il Rapporto, poiché gli accumulatori per veicoli e industriali sono un bene di sostituzione, è possibile individuare una correlazione diretta tra i quantitativi venduti e i rifiuti generati.
Inoltre, il dato, che riguarda solo gli accumulatori gestiti dai Consorziati del CDCNPA, non include quelli gestiti direttamente da soggetti terzi e quelli che non conferiscono a nessun Sistema di raccolta dei produttori, violando di fatto la normativa.
Per non parlare di tutti quegli accumulatori esportati all’interno delle auto inviate all’estero per rottamazione.
Per quanto riguarda la tipologia di accumulatori, le batterie di avviamento per veicoli rappresentano circa il 78% in peso rispetto ai rifiuti raccolti, mentre il restante 22% è attribuibile ad accumulatori industriali (ad uso trazione e stazionamento), come quelli presenti nei gruppi di continuità, nei carrelli elevatori e nelle auto elettriche o a trazione ibrida.
“Dai dati del Rapporto, alla sua prima edizione emerge un sistema ormai a pieno regime, efficiente e capillare su tutto il territorio nazionale, con ulteriori margini di miglioramento. – ha affermato Giulio Rentocchini, Presidente del CDCNPA – Il nostro obiettivo è ora di arrivare puntuali al prossimo traguardo, quando nel settembre del 2016 il tasso sarà alzato al 45%. Si tratta di un obiettivo ambizioso ma raggiungibile grazie alle solide basi gettate in questi primi anni di attività. Resta ancora molto lavoro da fare, tuttavia siamo fiduciosi che il sistema realizzato dai produttori abbia le potenzialità per affrontare questa sfida”.
A livello europeo il principale riferimento normativo in materia di rifiuti di pile e accumulatori è rappresentato dalla Direttiva 2006/66/CE che introduce un principio già applicato a molte altre tipologie di rifiuti: quello della responsabilità estesa del produttore.
In Italia la Direttiva è stata recepita dal D.Lgs. 188/2008, che definisce le regole per la corretta gestione dei rifiuti di pile e accumulatori e fissa gli obiettivi minimi di raccolta: attualmente al 25% dell’immesso sul mercato e, a partire dal 26 settembre 2016, dovranno essere pari al 45%.
L’ultimo intervento normativo è quello previsto dal Disegno di Legge 97/2013, che interviene sul campo di applicazione del D.Lgs. 188/2008 regolando l’esportazione dei rifiuti di pile e accumulatori, lo smaltimento in discarica di alcune loro componenti ed estendendo la disciplina in materia di etichettatura.
Infine, entro il 1 luglio prossimo, l’Italia, come tutti gli stati Membri, sarà tenuta ad adottare la Direttiva 2013/56/CE, che modifica parzialmente la precedente Direttiva 2006/66/CE e limita il contenuto di mercurio e cadmio nelle pile e negli accumulatori portatili immessi sul mercato.
“Dal rapporto emergono risultati importanti, che ci devono spingere a fare meglio anche in vista dei prossimi traguardi fissati in ambito UE. Oltre che all’ambiente – ha dichiarato Ermete Realacci, Presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera – la corretta gestione del ciclo dei rifiuti e il riuso dei materiali fanno bene a intere filiere produttive, a un pezzo importante della nostra green economy. Un’economia che guarda al futuro ed è competitiva proprio perché scommette sull’innovazione, sull’ambiente e sulla qualità, che va sostenuta. Il traguardo di un sostanziale azzeramento dei rifiuti in discarica, e più in generale quello dell’economia circolare, non è oggi un’idea romantica, ma una prospettiva industriale concreta ed economicamente vantaggiosa, che passa appunto per le raccolte differenziate, per un cambiamento nei comportamenti dei cittadini e per l’innovazione tecnologica”.
Trattare e avviare al riciclo pile e accumulatori, infatti, garantisce il recupero di materie riutilizzabili, evitando che le componenti inquinanti siano disperse nell’ambiente.
I dispositivi contenenti piombo sono condotti, tramite raccolta differenziata, presso aree di stoccaggio dedicate. Successivamente sono sottoposti a frantumazione, ovvero un processo meccanico attraverso il quale le parti fisiche del dispositivo sono triturate e separate.
Le componenti plastiche, che si attestano generalmente al 10%, sono destinate alle industrie del riciclo.
Le parti metalliche invece subiscono un processo di recupero che consta di due fasi:
1. fusione, nella quale il piombo viene raccolto in forni con l’aggiunta di reagenti specifici;
2. raffinazione del piombo derivato dalla fusione, a cui sono poi eliminate le relative impurità.
Dopo questa ultima fase si ottiene il “piombo secondario”, del tutto uguale al minerale originario e con le stesse possibilità di utilizzo. Molto più complessi e onerosi sono, invece, i processi di smaltimento e di trattamento per le altre tipologie di accumulatori, che vengono svolti prevalentemente all’estero, data l’assenza di impianti di trattamento situati nel territorio nazionale.
I dati del primo Rapporto Annuale sulla gestione dei rifiuti di pile e accumulatori giunti a fine vita realizzato dal CDCNPA sono incoraggianti, ma per essere davvero competitiva l’Italia dovrà predisporre un vero Piano industriale strategico che trasformi la nostra economia lineare in un’economia circolare, attraverso una rivoluzione culturale che sappia puntare sul riciclo e sulla rigenerazione.