Veicoli in disuso e reato di discarica abusiva

La fattispecie dei veicoli depositati da anni presso i Centri di Soccorso Stradale nella Sentenza della Corte di Cassazione n. 11030

veicoli dismessi

Un veicolo, quando viene depositato da un proprietario presso il Centro di Soccorso Stradale, anche per i più svariati motivi, qualora lo stesso non venga ritirato dal soggetto legittimato, e quindi rimane per anni presso il Centro, diviene un veicolo fuori uso, in quanto, ai sensi del D. Lgs. 209/2003, riveste la figura di rifiuto speciale pericoloso.

Ultimamente un centro di soccorso stradale è stato oggetto, sia in primo grado, presso il Tribunale, che in secondo grado, presso la Corte di Appello e, il 16 marzo 2015 si è pronunciata la Corte di Cassazione circa l’accertamento di discarica abusiva, in quanto aveva effettuato un deposito di rifiuti speciali pericolosi costituiti da 250 autoveicoli e 150 motocicli e ciclomotori, su un’area recintata scoperta. La Suprema Corte, con Sentenza n. 11030, ha stabilito che: “Affinché un veicolo dismesso possa considerarsi rifiuto pericoloso è necessario non solo che esso sia fuori uso, ma anche che contenga liquidi o altre componenti pericolose. A tal proposito, la relativa verifica non necessiterà di particolari accertamenti quando risulti, anche soltanto per le modalità di gestione, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi e delle altre componenti pericolose.”
La sentenza è talmente chiara e precisa al punto che la scrivente riporta i passaggi più importanti:
I giudici di merito hanno accertato, in fatto, le caratteristiche dei mezzi depositati presso la struttura dell’imputato e le condizioni in cui venivano mantenuti.

Evidenzia infatti il Tribunale che si trattava, nella fattispecie, di veicoli in disuso, in parte incidentati, incendiati, mancanti di parti e di targhe o giacenti da anni, consegnati direttamente dai proprietari. Detti mezzi risultavano, inoltre, abbandonati senza alcuna cautela o preventivo trattamento, su un’area priva di impermeabilizzazione del terreno, esposti agli agenti atmosferici ed al dilavamento senza alcun sistema per il convogliamento e lo smaltimento dei reflui.
Non si trattava, dunque, di soli mezzi ricevuti in qualità di custode giudiziario, ma di autoveicoli e motocicli pacificamente qualificabili come rifiuti, così come è indubbia la natura di rifiuto dei residui provenienti da demolizione, pure depositati sull’area nella disponibilità del ricorrente.

La gestione di tali rifiuti richiedeva, pertanto, il possesso dei titoli abilitativi richiesti dal d.lgs. 152/06 – e, precedentemente alla sua entrata in vigore, dal d.lgs. 22/97, di cui occorre comunque tener conto – mentre l’abbandono o il deposito incontrollato degli stessi resta soggetto, così come l’illecita gestione, alle sanzioni previste dal medesimo decreto (e da quello previgente). Va aggiunto che, con riferimento alla natura di rifiuto dei veicoli fuori uso, occorre prendere in considerazione l’art. 227, comma 1, lett. c) del d.lgs. 152/06, il quale richiama espressamente il d.lgs. 24 giugno 2003 n. 209, con cui è stata data attuazione alla direttiva 2000/53/CE, relativa ai veicoli fuori uso ed, inoltre, anche l’articolo 231 d.lgs. 152/06, il quale costituisce un necessario complemento della particolare normativa introdotta dal d.lgs. 209\2003, in quanto tratta dei veicoli fuori uso non disciplinati dal quest’ultimo decreto.
In base all’art. 3, comma 1, lett. b) deve intendersi come «veicolo fuori uso» un veicolo, tra quelli individuati dalla lettera a), «a fine vita, che costituisce un rifiuto ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche».
Il successivo comma 2 del medesimo articolo stabilisce che un veicolo è classificato fuori uso ai sensi del comma 1, lettera b) nelle seguenti ipotesi: a) consegna ad un centro di raccolta, effettuata dal detentore direttamente o tramite soggetto autorizzato al trasporto di veicoli fuori uso, oppure con la consegna al concessionario o gestore dell’automercato o della succursale della casa costruttrice che, accettando di ritirare un veicolo destinato alla demolizione nel rispetto delle disposizioni del decreto 209\2003, rilascia il relativo certificato di rottamazione al detentore; b) nei casi previsti dalla vigente disciplina in materia di veicoli a motore rinvenuti da organi pubblici e non reclamati; c) a seguito di specifico provvedimento dell’autorità amministrativa o giudiziaria; d) in ogni altro caso in cui il veicolo, ancorché giacente in area privata, risulta in evidente stato di abbandono. Fanno eccezione (art. 3; comma 3 d.lgs. 209\2003) i veicoli d’epoca ed i veicoli di interesse storico o collezionistico o destinati ai musei, conservati in modo adeguato, pronti all’uso ovvero in pezzi smontati.
Tale condizione di rifiuto, inoltre, non può essere del tutto esclusa neppure con riferimento ai veicoli sottoposti a sequestro quando questi, per le modalità con le quali sono detenuti, siano da considerare obiettivamente destinati all’abbandono.
Dunque correttamente, nel caso in esame, i giudici hanno attribuito la natura di rifiuto ai veicoli depositati dal ricorrente, rientranti, per tipologia, tanto tra quelli considerati dal d.lgs. 209\2003 quanto tra quelli di cui all’art. 231 d.lgs. 152/06 Ce, prima, disciplinati dall’art. 46 d.lgs. 22/97).
Le condizioni del deposito dei veicoli di cui danno conto i giudici del merito, in precedenza descritte, evidenziano, inequivocabilmente, un’ obbiettiva condizione di abbandono che esclude ogni dubbio sulla loro condizione di rifiuto.
L’allegato D individua con il codice CER 16 01 04* i veicoli fuori uso in generale e, con il codice CER 16 01 06, i veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né altre componenti pericolose, che sono dunque rifiuti non pericolosi (analoga classificazione era prevista sotto la vigenza del d.lgs. 22/97).
Questa Corte ha già avuto modo di precisare, a tale proposito, che affinché un veicolo dismesso possa considerarsi rifiuto pericoloso è necessario non solo che esso sia fuori uso, ma anche che contenga liquidi o altre componenti pericolose, perché altrimenti esso rientra nella categoria classificata con il codice CER 16.01.06 .
È evidente che un veicolo funzionante contiene una serie di elementi e sostanze che ne consentono la normale utilizzazione e che sono normalmente riconducibili nel novero dei liquidi e delle componenti cui il catalogo dei rifiuti attribuisce rilievo ai fini della classificazione del veicolo fuori uso come rifiuto pericoloso.
Si pensi, ad esempio, al combustibile, alla batteria, all’olio motore, alle sospensioni idrauliche, all’olio dell’impianto frenante, ai liquidi refrigeranti o antigelo, ai detergenti per i cristalli, ad alcune parti dell’impianto elettrico o del motore.
Tali componenti, normalmente presenti in tutti i veicoli marcianti, richiedono, per essere rimossi, operazioni oggettivamente complesse, le quali comportano non soltanto la previa selezione dei singoli elementi da eliminare, ma anche la disponibilità di particolari attrezzature per lo smontaggio.
Si tratta, inoltre, di attività che, per essere eseguite, richiedono una minima competenza tecnica ed il rispetto di specifiche norme di sicurezza o, quanto meno, di una certa prudenza al fine di evitare danni alle persone o alle cose.
Inoltre, una volta rimossi, i liquidi e le componenti non più utilizzabili vanno pure trattati come rifiuti e sono, pertanto, soggetti alla disciplina prevista per la loro gestione, cosicché attività quali, ad esempio, il deposito, il trasporto o lo smaltimento, richiedono specifici titoli abilitativi e dovrebbero risultare comunque tracciabili perché documentate.
È dunque evidente che le effettive modalità di conservazione del veicolo e la presenza o meno dei mezzi necessari per l’espletamento delle attività di cui si è appena detto costituiscano dati obiettivi di valutazione e che l’esclusione dal novero dei rifiuti pericolosi dei veicoli fuori uso non può essere presunto, essendo al contrario pacifico che un veicolo non sottoposto ad alcun preventivo trattamento volto ad eliminarne il liquidi e le componenti pericolose le contenga ancora, considerando la complessità delle operazioni di rimozione.
Una simile affermazione, peraltro, non si pone in contrasto con le decisioni richiamate in precedenza.
Infatti la sentenza 29973\2011 non esclude che possa presumersi, nei veicoli avviati alla demolizione, la presenza di liquidi o altre componenti pericolose ed inoltre, considerando la fattispecie esaminata, concernente il trasporto di due veicoli incidentati, che il giudice del merito aveva accertato essere ancora funzionanti e muniti di targa, si osservava che essi avrebbero potuto anche non essere consegnati al centro di raccolta e rimessi in circolazione, cosicché mancava «la prova della sussistenza degli elementi richiesti perché le due autovetture oggetto del giudizio possano normativamente qualificarsi come “veicoli fuori uso”».
Nell’altra decisione citata viene invece censurata, in quanto ritenuta apodittica ed apparente, la motivazione con la quale la Corte territoriale aveva sostanzialmente ritenuto che qualsiasi veicolo fuori uso sia, solo per tale sua caratteristica, da qualificarsi rifiuto pericoloso, rilevando che la stessa non era fondata «su alcun indizio o elemento di prova», ed era anche manifestamente illogica «perché, nella specie, la polizia aveva invece accertato che dai veicoli erano state tolte le batterie, ossia che i veicoli stessi erano stati bonificati, sicché si sarebbe dovuto semmai presumere, in mancanza di prova contraria, che essi non contenessero liquidi o altre componenti pericolose». Per tali veicoli, dunque, un preventivo trattamento era stato pur sempre effettuato.
Altrettanto non potrebbe dirsi quando si tratti di veicoli, incidentati e non, semplicemente collocati in un’area destinata ad accoglierli priva degli impianti e attrezzature occorrenti all’espletamento delle attività di rimozione delle parti e sostanze pericolose o, comunque, non sottoposti ad alcuna preventiva manipolazione destinata a tale scopo.
Va conseguentemente affermato il principio secondo il quale «in tema di gestione di rifiuti, la natura di rifiuto pericoloso di un veicolo fuori uso non necessita di particolari accertamenti quando risulti, anche soltanto per le modalità di gestione, che lo stesso non è stato sottoposto ad alcuna operazione finalizzata alla rimozione dei liquidi e delle altre componenti pericolose».
Nella fattispecie in esame, peraltro, la presenza di liquidi e sostanze pericolose nei veicoli, che già avrebbe potuto essere ritenuta sulla base delle considerazioni dianzi svolte, risulta effettivamente accertata dal giudice del merito, laddove (pag. 3 della sentenza di primo grado) viene richiamato il contenuto del verbale di sopralluogo, corredato da fotografie, nella parte in cui si evidenzia l’opportunità, dopo la rimozione dei veicoli « … di effettuare un’indagine per accertare l’eventuale contaminazione dei suoli a causa del percolamento di liquidi (oli, benzina, refrigeranti) e del dilavamento da parte delle piogge di parti meccaniche arrugginite.. .».
Ricorda inoltre il Tribunale che la situazione riscontrata aveva comportato (cfr. pag. 9 della sentenza di primo grado) anche l’emissione, da parte del Comune di (…), di un ordinanza (n. 7 del 23/12/2005) con la quale si ordinava al ricorrente di procedere ad un piano di caratterizzazione riferito all’area di deposito in quanto «sito potenzialmente inquinato».
Della «perdita di liquidi ed oli minerali degli automezzi», oltre che delle generali condizioni di degrado dell’area, viene dato atto in altra parte della decisione di primo grado (pag. 13), osservando come tale situazione fosse stata comprovata dalle dichiarazioni di un test.
Le osservazioni del primo giudice vengono ribadite anche nella sentenza di appello, sebbene in maniera meno approfondita, richiamando, ai fini della qualificazione dei rifiuti come pericolosi, i verbali in atti e le dichiarazioni testimoniali già valorizzate dal primo giudici. 

Dopo aver citato alcune parti della sentenza, si ritiene necessario, ancora una volta, ribadire che, se da un lato il soccorritore non può recarsi all’ACI PRA per procedere alla radiazione per demolizione, dall’altro si vuole dimostrare che un soccorritore non può tenere, per anni, un veicolo depositato presso la sua sede, ma si rende necessario seguire alcuni passaggi al fine di consentire all’ACI PRA di procedere alla radiazione per demolizione, tramite il Centro di raccolta autorizzato. 

In un futuro approfondimento verrà riportata la corretta procedura da seguire circa: radiazione per demolizione per veicoli depositati da anni presso il centro di soccorso stradale e divenuti veicoli fuori uso.

In sintesi, si anticipa:
1) Il soccorritore è semplice detentore del veicolo, ma per procedere alla radiazione per demolizione è necessaria l’attestazione del proprietario, che spesso è irreperibile, trasferito;
2) Il soccorritore deve inviare RACC AR al proprietario (spesso irreperibile, in quanto non italiano o trasferito), ove lo si invita, entro un determinato termine, a ritirare il veicolo;
3) Il soccorritore deve allertare il Comune, Comando PM, che presso la sua area sono depositati VFU, quindi si rende necessario procedere alla radiazione per demolizione, solo tramite attestazione da parte della forza di polizia (anche perché spesso sono carenti alcuni requisiti necessari per procedere alla radiazione, quali la carta di circolazione, targhe…);
4) Il Comune, ai sensi dell’art. 192 del D. Lgs. 152/2006 , su richiesta del privato, ha l’obbligo di procedere (“Il Sindaco … alle operazioni necessarie per la rimozione”), quindi esegue il sopralluogo.
5) Se il soccorritore non è autorizzato ai sensi del 209/2003, ovverosia non è titolare di Centro di Raccolta VFU , deve chiamare un demolitore il quale, con carro attrezzi/bisarca iscritta all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, atto necessario per trasportare i VFU, li deposita presso il suo e poi procede alla radiazione per demolizione consegnando la documentazione e il verbale della PM all’ACI PRA.
6) In questa ipotesi, ovverosia quando i veicoli non sono oggetto di sequestro o quant’altro (confisca), la Prefettura non può mai essere coinvolta, in quanto trattasi di veicoli ove i rapporti si devono limitare tra proprietario e detentore .

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