Depositerie e parcheggi
Una Sentenza del Consiglio di Stato stabilisce i poteri del Sindaco e del Prefetto circa le modalità di esecuzione
A seguito dell’introduzione del d.P.R. n. 480/2001, l’attività di rimessa di veicoli è stata sottoposta a d.i.a. da presentarsi all’amministrazione comunale nel cui territorio si svolge l’attività, ai sensi dell’art. 19 della legge generale sul procedimento, mentre spetta al Prefetto la verifica ai sensi dell’art. 3 del citato D.P.R. la possibilità di inibire l’attività per ragioni di pubblica sicurezza.
È evidente, quindi, che il potere di autotutela di cui al citato art. 19, resta nelle competenze dell’amministrazione comunale, mentre il potere inibitorio spettante al Prefetto è fondato su presupposti diversi e va esercitato ai sensi dell’art. 3, del d.P.R. n. 480/2001 (cfr. Cons. St., Sez. I, 24 giugno 2011, n. 2561).Deve quindi escludersi il difetto di competenza dell’amministrazione comunale, rilevato invece dal TAR.
Ciò è stato deciso dal Consiglio di Stato, con Sentenza n. 5306 del 27 ottobre 2014.
Il fatto prende le mosse quando il Comune di Jesolo ha rigettato l’accoglimento della denuncia di inizio attività relativa all’esercizio di rimessa di autoveicoli e motocicli; e della delibera della Giunta Comunale n. 246 del 1° luglio 2003. Il primo giudice con la sentenza indicata in epigrafe accoglieva il ricorso con la seguente motivazione: “considerato che il ricorso è fondato per il primo, assorbente motivo con cui viene dedotta l’incompetenza del Comune ad emanare l’atto interdittivo del denunciato svolgimento di attività: tale competenza, infatti, spetta, ai sensi dell’art. 3 del DPR n. 480/01, al Prefetto, il quale, ricevuta la denuncia (che l’interessato deve presentare al Comune ove intende espletare l’attività, e questo, a sua volta, deve trasmettere entro cinque giorni al Prefetto), <<entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione può sospendere o vietare l’esercizio dell’attività nei casi previsti dall’art. 11, comma 2 del RD 18.6.1931 n. 773, per motivate esigenze di pubblica sicurezza>>”. Il Comune di Jesolo propone appello avverso la suddetta pronuncia, contestando la soluzione offerta dal TAR, e rilevando come l’art. 1, d.P.R. n. 480/2001, disponga che: “L’esercizio dell’attività di rimessa di veicoli è subordinato a denuncia di inizio attività da presentarsi, ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comune nel quale si svolge l’attività“.
Pertanto, in mancanza di conformità con la destinazione urbanistica dell’area, sarebbe spettato all’amministrazione comunale di provvedere in sede di autotutela, inibendo lo svolgimento dell’attività in questione.
Al Prefetto competerebbe ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 480/2001, solo la verifica dei requisiti soggettivi. Una diversa conclusione porterebbe alla irragionevole conclusione che un’attività di rimessa di autoveicoli potrebbe essere aperta in qualsiasi parte del territorio comunale senza il rispetto del P.R.G. Quanto ai motivi del ricorso introduttivo non esaminati dal TAR, l’amministrazione comunale ne sostiene l’infondatezza, in ragione del fatto che:
a) il provvedimento impugnato poggerebbe sul presupposto dell’incompatibilità dell’area con la destinazione urbanistica;
b) non vi sarebbe carenza di motivazione, atteso che l’atto impugnato farebbe rinvio alle ragioni contenute nella sentenza del TAR n. 4670/2003, e a quelle del precedente diniego, la cui impugnazione è sfociata nella sentenza da ultimo citata;
c) la d.i.a. presentata non conterrebbe alcuna indicazione di stagionalità, né la destinazione di un’area a parcheggio sarebbe compatibile con qualsiasi destinazione urbanistica;
d) l’attività di autorimessa, in quanto attività commerciale, sarebbe esercitabile solo su area con tale destinazione o su aree con destinazione urbanistica diversa solo in presenza di determinati presupposti, quali la presenza di un interesse pubblico e la verifica del tasso di soddisfazione dei parcheggi esistenti (interesse pubblico che non sarebbe esistente, come si deduce dall’atto impugnato e dal precedente diniego).
Il Consiglio di Stato , con la sentenza sopra indicata, dichiara che l’appello è fondato e deve essere accolto.