Diciamolo pure: di solito non ci si pensa, però: anche l’asfalto può essere riciclato, anzi, deve esserlo!
Eppure, in un Paese che solitamente non presenta livelli di manutenzione stradale ineccepibile e che per troppo tempo ha puntato la sua economia sulla costruzione di infrastrutture viarie sorte nel fragore delle trombe della politica e poi lasciate all’incuria e alla vetustà, tale pratica andrebbe fortemente perseguita… E invece no.
L’Italia è fanalino di coda nel riciclo delle pavimentazioni stradali: solo il 20% (contro una media europea che sfiora il 60%) viene recuperato; con conseguenze notevoli sull’economia e sull’ambiente, dal momento che il pieno recupero delle pavimentazioni stradali “fresate” ogni anno produrrebbe un valore economico di almeno 500 milioni di euro senza contare il guadagno netto in termini di riduzione di emissioni inquinanti che, nel caso specifico, sono equivalenti a quelle generate da 3 raffinerie di medie dimensioni e dal traffico prodotto da 330.000 autocarri sul territorio nazionale.
A dirlo è l’Associazione Italiana Bitume e Asfalto Stradale – Siteb, che ha commissionato un apposito Studio che ha il pregio di presentare non solo i dati nazionali in materia, ma anche di confrontarli con il livello di riciclo raggiunto nei principali Paesi europei.
Ebbene, dallo Studio emerge che l’Italia (un tempo il secondo mercato in Europa dietro alla Germania per le attività connesse alla realizzazione e manutenzione di strade) ha perso terreno, ma comunque resta ai primissimi posti per la produzione di conglomerato bituminoso con 22,3 milioni di tonnellate in quarta posizione dopo la Francia (35,4 milioni di tonnellate); la Germania (che con 41, 2 milioni di tonnellate si piazza al secondo posto) e la Turchia (“medaglia d’oro” con 46,2 milioni di tonnellate).
In compenso il nostro Paese è in coda, al terz’ultimo posto) nella speciale classifica dei Paesi che riciclano maggiormente questo materiale seguito solo da Repubblica Ceca (18%) e Turchia (3%). A differenza di ciò che avviene in Paesi come Germania (90% di recupero), Francia (64%), Regno Unito (80%) e anche nel piccolo Belgio (61%), in Ungheria (90%), in Svizzera (48%) e nella Slovenia (26%), in Italia si recupera solo il 20% del fresato disponibile, con grave spreco di risorse economiche.
Questo perché il fresato d’asfalto, oltre a possedere elevate caratteristiche tecniche e ad essere totalmente riutilizzabile nelle costruzioni stradali, sviluppa, a seguito del suo riciclo/riutilizzo, un notevole valore economico. Secondo le stime SITEB il totale recupero del fresato d’asfalto prodotto annualmente in Italia, ovvero circa 10 milioni di tonnellate genererebbe un risparmio economico di risorse pari a 500 milioni di euro (valore della sola materia prima sostituita, senza contare i costi dell’eventuale smaltimento in discarica), evitando una produzione equivalente di bitume da parte di tre raffinerie di medie dimensioni! Senza contare il minor impatto sul territorio derivato dal minor utilizzo di diversi milioni di metri cubi di rocce e terreni dalle cave di prestito sul territorio nazionale.
Ancora una volta l’attento utilizzo delle risorse e dei processi produttivi si configura non solo come un vantaggio per l’ambiente in generale (in questo caso: riduzione delle importazioni di petrolio e maggior tutela del paesaggio), ma soprattutto, un vantaggio per le tasche di tutti.
Lo hanno capito bene nel resto dell’Europa: in Francia vige il “divieto” di portare in discarica il fresato d’asfalto, considerato “prodotto primario”, da riutilizzare nel ciclo produttivo. La Germania, che ha perso quest’anno il primato europeo nella produzione di asfalto a vantaggio della Turchia, giudica il fresato d’asfalto (11,5 mln di tonnellate) come il miglior materiale costituente e lo recupera al 90%. In Olanda, Paese notoriamente povero di terra, sono attivi impianti che eliminano l’eventuale presenza di catrame nel materiale raccolto e consentono di recuperare totalmente l’inerte. In Inghilterra, Giappone e Stati Uniti gli studi di settore si concentrano sul numero di volte in cui si può riciclare il fresato.
In Italia il fresato, pur avendo le caratteristiche di un sottoprodotto secondo l’art. 184 bis del D. Lgs. 182/06 (ovvero originato da un processo produttivo il cui scopo non è la produzione di questa sostanza, la certezza del suo riutilizzo e la valenza economica del materiale), viene considerato dalla Pubblica Amministrazione un rifiuto speciale e in tutti i modi si cerca di ostacolarne il recupero pensando di salvaguardare l’ambiente e la salute dei cittadini.
“Nonostante la normativa in sede nazionale ed europea spinga, chiaramente verso l’utilizzazione accorta e razionale delle risorse ambientali – ha dichiarato il Direttore del Siteb – Stefano Ravaioli – la burocrazia di questo Paese, il complesso regime autorizzatorio e il pregiudizio di tecnici e progettisti che curano le gare d’appalto ostacolano il riciclo del fresato d’asfalto, limitandone l’impiego e provocando danni al territorio e alle casse degli Enti pubblici. Troppo spesso la normativa nazionale si presta a differenti interpretazioni da parte degli Enti e delle Regioni che disorientano gli operatori del settore, creando uno scenario incerto; è paradossale che proprio nel Paese in cui c’è maggiore disponibilità di fresato, in cui l’inquinamento da catrame non esiste (bitume e catrame sono due sostanze ben diverse) e quindi il fresato d’asfalto è riciclabile al 100%, si faccia il possibile per ostacolarne anziché incentivarne il recupero. È una questione di buon senso!”.
“Chiediamo al Ministero dell’Ambiente – ha concluso Ravaioli – di esprimersi con un Decreto o con una Circolare di chiarimento che semplifichi le cose e che ci riporti al livello degli altri Paesi europei. Convocare quanto prima un tavolo di discussione per fugare ogni dubbio e per approfondire le potenzialità connesse allo sviluppo del settore del recupero del fresato in termini di riduzione dell’inquinamento e come risorsa economica preziosa per le Amministrazioni locali e per la comunità, è un dovere per la parte pubblica e una priorità per tutti!”.
Ci auguriamo maggiore lungimiranza da parte degli Amministratori pubblici nei confronti di questo tema, tanto più quando, ancora una volta, si indica nella cantieristica e nelle grandi infrastrutture uno spiraglio di ripartenza per l’economia nazionale.