In Europa una persona su 4 muore di cancro
La qualità dell’aria tra le principali cause dei decessi.
Nel 2011 oltre 1,2 milioni di cittadini europei sono morti di cancro, che rappresenta il 26.3% dei decessi totali.
Sono i terribili risultati della ricerca condotta dall’ufficio statistico dell’Unione Europea, Eurostat, che ha sottolineato che in Italia la percentuale di decessi per tumore è più alta rispetto alla media Europea, con il 28.3%.
Tra le varie tipologie di cancro sono stati registrati decessi per cancro ai polmoni (20.1%), seguito da quello al colon retto (11.4%), seno (7.2%), pancreas (6.4%) e prostata (4.5). Rispetto al 2002 alcune tipologie di cancro sono divenute meno mortali, come ad esempio il tumore ai polmoni e quello al seno. Anche nell’intera UE i polmoni sono gli organi più colpiti dal cancro con il 20.8% dei decessi, seguito dal cancro al colon retto (11.9%), seno (7.2%) e prostata (10.2%).
In altri Paesi le percentuali di decessi per cancro sono addirittura più elevate come nei Paesi Bassi (31.9%), in Irlanda (30.5%), Danimarca (29.6%) e Regno Unito (29.0%), mentre le percentuali più basse sono state registrate in Bulgaria (15.6%), Romania (19.1%) e Lituania (19.9%).
Per quanto riguarda il genere, sebbene le donne siano leggermente più colpite (+6.6%) rispetto agli uomini (+6.0%), il numero delle morti provocate dal cancro è rimasto più alto tra la popolazione maschile rispetto a quella femminile.
Per quanto riguarda l’età invece, il cancro ha colpito il 37% della popolazione europea al di sotto dei 65 anni, mentre per gli over 65 la percentuale cala al 23.8%.
Le cause vanno ricercate nella pessima qualità dell’aria che ogni giorno viene respirata dai cittadini UE.
Secondo il Rapporto “Air quality in Europe 2014”, infatti, oltre il 95% della popolazione urbana è esposto a sostanze inquinanti a livelli ritenuti non sicuri dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)
“L’inquinamento atmosferico è ancora alto in Europa, – ha affermato il Direttore esecutivo dell’AEA, Hans Bruyninckx – Ciò comporta costi elevati per i nostri sistemi naturali, la nostra economia, la produttività della forza lavoro europea e, aspetto ancor più grave, per la salute generale dei cittadini europei”.
Tra gli inquinanti atmosferici più pericolosi sono stati segnalati le polveri sottili, che riescono a penetrare nei polmoni in profondità, l’ozono e il biossido d’azoto (NO2), che non è diminuito alla velocità attesa, in quanto le norme sulle emissioni dei veicoli non hanno sempre portato alle riduzioni previste.
Inoltre, a causa dell’aumentato utilizzo di stufe a legna e riscaldamento a biomassa, negli ultimi 10 anni è il benzo (a) pirene (BaP) l’inquinante le cui concentrazioni atmosferiche sono aumentate di oltre un quinto. Ben 9 cittadini su dieci nel 2012 sono stati esposti a livelli troppo elevati di BaP.
Tutte queste esposizioni a concentrazioni atmosferiche di inquinanti hanno un costo, non solo in termini di vite umane, ma anche per ciò che concerne i costi dei ricoveri ospedalieri, le giornate di lavoro perse per i problemi di salute, i danni agli edifici e la riduzione dei rendimenti agricoli.
Secondo l’annuale Rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) sui costi causati dall’inquinamento atmosferico e dai gas ad effetto serra prodotto dagli impianti industriali europei (“Costs of air pollution from European industrial facilities 2008-2012”), la spesa dal 2008 al 2012 è stata, nelle migliori delle stime, di almeno 329 miliardi di euro, ma avrebbero raggiunto la cifra di 1.053 miliardi, secondo stime meno prudenti.
“Mentre tutti sottolineano i vantaggi della produzione industriale ed energetica – ha dichiarato Bruyninckx – questa analisi dimostra che le tecnologie utilizzate da questi impianti impongono costi nascosti per la nostra salute e l’ambiente industria è anche solo una parte del quadro. L’industria è solo una parte del quadro, è importante riconoscere che altri settori, soprattutto trasporti e agricoltura, contribuiscono altrettanto alla scarsa qualità dell’aria”.
Ma qualcosa si muove dal fronte europeo.
Il 19 novembre scorso Corte di giustizia dell’Unione Europea ha emesso una storica sentenza, per mettere dei paletti sul rispetto dei valori del NO2 e sulle proroghe in caso non sia possibile raggiungere i valori limite fissati entro il 1° gennaio 2010.
Facendo riferimento al termine stabilito dalla Direttiva 2008/50/CE sulla qualità dell’aria, secondo la quale uno Stato membro può prorogare il termine fino al 1° gennaio 2015, la Corte di Giustizia europea ha stabilito che, per il biossido di azoto, i valori limite indicati dalla Direttiva “non possono essere superati“, il che corrisponde ad un obbligo di risultato. Inoltre, “Quando uno Stato membro rileva che i valori limite non possono essere rispettati entro il termine stabilito dalla Direttiva sulla qualità dell’aria e intende poter prorogare tale termine di cinque anni al massimo, deve chiedere la proroga presentando un piano per la qualità dell’aria che dimostri come i valori limite saranno conseguiti entro il nuovo termine”.
Come al solito, l’Italia in tema di lotta all’inquinamento atmosferico fa fatica ad adeguarsi..
Già nel 2012 la Corte europea aveva stabilito che il nostro Paese non aveva rispettato gli obblighi di ridurre al di sotto dei valori limite le concentrazioni di Pm10 nell’aria di 55 zone e agglomerati italiani e appena due mesi fa la Commissione aveva aperto l’ennesima procedura di infrazione nei nostri confronti per aver superato i limiti delle polveri sottili in 19 “zone e agglomerati” di 10 regioni.
Nonostante le multe, i costi economici e i morti per cancro, la lotta all’inquinamento nel nostro Paese non viene mai presa nella giusta considerazione.
…e si continua a pagare e, purtroppo, anche a morire.