La realizzazione del disegno criminoso di cui all’art. 259/152 relativo alla spedizione transfrontaliera di rifiuti – parti di ricambio di veicoli –

Commento alla Sentenza della Cassazione, III Sezione Penale n. 37847 del 16/09/2014


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L’atto di presentazione delle merci nel caso specifico rifiuti – Parti di ricambio di veicoli fuori uso – attinenti e/o non attinenti alla sicurezza del veicolo in dogana per l’esportazione e la redazione della relativa dichiarazione doganale rendono giuridicamente e materialmente possibile il trasporto del bene, quindi si realizza il reato di traffico illecito di rifiuti.

Le parti di autoveicoli risultanti dalle operazioni di messa in sicurezza di cui al D. Lgs. 209/2003, provenienti dai centri di raccolta autorizzati costituiscono rifiuti trattabili per il recupero in regime semplificato. Il rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfi i criteri in esso previsti. Ne consegue che le parti di autoveicoli recuperate a seguito di messa in sicurezza, da parte di soggetto autorizzato e con il concorso delle condizioni di cui all’art. 184 ter D. Lgs. 152/2006 cessano di essere rifiuti. Non è di ostacolo a tale conclusione il fatto che le parti di ricambio attinenti alla sicurezza del veicolo fuori uso possono essere cedute solo agli iscritti alle imprese esercenti attività di autoriparazione di cui alla Legge 122, mentre le altre parti sono liberamente commerciabili.

Circa il sequestro, la Legge 25 aprile 2012, n. 44, autorizza anzi, impone, il conferimento dei beni, anche al fine di economicità, ai centri di raccolta autorizzati (… I rifiuti posti in sequestro presso aree portuali e aeroportuali ai sensi dell’articolo n. 259 o dell’art. n. 260 del D. Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sono affidati anche prima della conclusione del procedimento penale, con provvedimento dell’autorità giudiziaria, a uno dei consorzi obbligatori competenti sulla base delle caratteristiche delle diverse tipologie di rifiuto oggetto di sequestro. L’autorità giudiziaria dispone l’acquisizione di campioni rappresentativi per le esigenze probatorie del procedimento.. )

Il fatto prende le mosse quando il Tribunale di Salerno, con propria ordinanza, in parziale accoglimento dell’istanza di riesame proposta dalla legale rappresentante della ditta, avverso il decreto del 22/10/2013 con il quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno aveva disposto il sequestro preventivo di 10 tonnellate di parti di ricambio di auto destinate all’esportazione, ha disposto la restituzione, in favore della stessa, delle parti di ricambio di auto non attinenti alla sicurezza del veicolo, confermando nel resto il provvedimento impugnato.

I ricambi auto di che trattasi (nella specie, ricambi attinenti alla sicurezza del veicoli, quali: scatole sterzo, canne sterzo complete, servofreni, leve marce, impianti freno anteriori e posteriori, ammortizzatori anteriori e posteriori, molle, fari; ricambi non attinenti alla sicurezza dei veicolo, quali: motori auto, porte anteriori e posteriori auto, paraurti auto anteriori completi di fari e radiatori con ventole, stereo per auto, cruscotti auto, guarnizioni auto, materiale elettrico auto), erano stati sequestrati di iniziativa dalla polizia giudiziaria (Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane) in occasione del controllo del container destinato all’esportazione in favore della società egiziana. Il sequestro era stato convalidato dal GIP (che aveva a sua volta emesso autonomo decreto al fine di impedire che la disponibilità dei beni potesse aggravare e protrarre le conseguenze dei reati ipotizzati).

Con riferimento alla prima delle ipotesi accusatorie, si contesta alla ditta di aver, in concorso con altre persone non identificate ed in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad effettuare una spedizione transfrontaliera di rifiuti non pericolosi dichiarati alla Dogana come «motori usati e loro parti»; con riferimento alla seconda ipotesi accusatoria, si contesta alla ditta di aver falsamente dichiarato, nella bolletta doganale che si trattava di «motori usati e loro parti».

Sul rilievo che i ricambi auto non attinenti alla sicurezza del veicolo possono essere oggetto di commercio il Tribunale di Salerno ha ritenuto inidonea, a tal fine, la documentazione, prodotta dalla difesa, perché la società in questione non è iscritta alle imprese esercenti attività di autoriparazione ai sensi della legge 122/1992, ed ha dunque confermato il provvedimento impugnato solo in relazione ai ricambi attinenti alla sicurezza del veicolo.

Ricorre per Cassazione la ditta. La Suprema Corte, in diritto, sostiene: il deposito della merce nel luogo nel quale la spedizione deve avere inizio è già condotta che integra il reato di cui all’art. 259, comma l, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, tanto più se, come nel caso di specie, è stata preceduta dalla presentazione delle merci alla Dogana per l’esportazione e la redazione della relativa dichiarazione doganale. Nell’attività di spedizione, infatti, rientrano anche tutte le operazioni accessorie che rendono giuridicamente e materialmente possibile il trasporto del bene, come del resto fatto intendere dallo stesso legislatore che ha provveduto a disciplinare espressamente le modalità esecutive del sequestro di rifiuti presso aree portuali e aeroportuali. L’ordinanza impugnata individua le esigenze cautelari nel pericolo che la disponibilità del bene possa aggravare il reato e protrarne le conseguenze, consentendo la prosecuzione dell’attività illecita ipotizzata nella contestazione provvisoria. L’indicazione di tali esigenze, in un contesto in cui attraverso il sequestro si è intesa impedire la materiale spedizione dei rifiuti, non è tautologica ed assolve all’onere che impedisce di ritenere del tutto assente la motivazione del provvedimento impugnato.

Ancora la Corte precisa che le parti di autoveicoli risultanti dalle operazioni di messa in sicurezza di cui al d.lgs. 24 giugno 2003, n. 209, provenienti dai centri di raccolta autorizzati di cui al D.Lgs. 209/2003, cit., costituiscono rifiuti trattabili per il recupero in regime semplificato ai sensi del d.m. 05/02/1998, suballegato 1-5. A norma dell’art. 184-ter, comma 1, d.lgs. 152/2006, un rifiuto cessa di essere tale quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero e soddisfi i criteri e le condizioni in esso previsti. L’art. 184-ter, comma 4, d.lgs. 152/2006, richiama espressamente anche il d.lgs. 209/2003. Ne consegue che le parti di autoveicoli recuperate a seguito di messa in sicurezza, da parte di soggetto autorizzato e con il concorso delle condizioni di cui all’art. 184-ter, d.lgs. 152/2006, cit., cessano di essere rifiuti. Non è di ostacolo a tale conclusione il fatto che le parti di ricambio attinenti alla sicurezza del veicolo fuori uso possono essere cedute solo agli iscritti alle imprese esercenti attività di autoriparazione di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122 (art. 15, comma 8, d.lgs. 24 giugno 2003, n. 209), mentre le altre parti sono liberamente commerciabili. Per un primo profilo, la limitata commerciabilità delle parti di ricambio attinenti alla sicurezza del veicolo fuori uso non esclude che possa esistere un mercato o una domanda per tali oggetti (art. 184-ter, comma 1, lett. b), D.Lgs. 152/2006). Per un secondo profilo, la limitata commerciabilità non è legata alla tipologia di rifiuto recuperato, ma esclusivamente a questioni di sicurezza. Le parti attinenti alla sicurezza del veicolo, infatti, sono quei componenti “il cui funzionamento errato provoca direttamente una perdita di controllo dell’autoveicolo o qualsiasi altro grave rischio per gli occupanti o eventuali terzi coinvolti” o quei componenti “il cui mancato funzionamento non è avvertibile dal conducente con un anticipo sufficiente a permettere di arrestare la marcia dei veicoli od a consentire manovre tali da eliminare le possibilità di rischio” (allegato III al D. Lgs. 209/2003). Questo spiega perché tali parti di ricambio possono essere cedute solo alle imprese esercenti attività di autoriparazione (non più soggette, peraltro, all’obbligo di registrazione presso il registro delle imprese esercenti attività di autoriparazione, istituito presso ogni camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura e soppresso in conseguenza dell’abrogazione dell’art. 2, legge 5 febbraio 1992, n. 122 operato dall’art. 15, d.P.R., 14 dicembre 1999, n. 558).

Ne consegue che la Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno per riesaminare l’ordinanza impugnata, la quale si dovrà attenere ai principi di diritto contenuti nella sentenza della Suprema Corte.

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