UNA GOMMA DA LEONE
Cresce l’attenzione mondiale sull’umile “soffione dei campi” come precursore della gomma.
No, non vi state sbagliando. Dietro questo titolo, dalla chiara provocazione retorica si cela il futuro delle gomme d’automobile: il pneumatico ricavato dal cosiddetto “Dente di leone”, il più comune Taràssaco russo (Taraxacum kok-saghyz ). Questa pianta a fiore è nota fin dall’antichità grazie ai molteplici utilizzi delle sue radici e foglie, che troviamo perlopiù in ambiti culinari e di medicina popolare.
L’obiettivo di ogni produttore è realizzare pneumatici con materie prime rinnovabili e solo con minime quantità di materiali fossili e i chimici della Continental sono già al lavoro da tempo e hanno iniziato a sostituire oli fossili con oli di semi di colza e il poliestere con il rayon, come rinforzo per la carcassa e la gomma sintetica e naturale con quella riciclata di vecchi pneumatici. Anche il nerofumo di carbone può essere sostituito dalla silice, in modo che il 20% del peso del pneumatico possa essere sostituito da materiali naturali
Tuttavia, non tutti materiali rinnovabili sono adatti, poiché in molti casi, hanno un impatto negativo sulla frenata o sulla resistenza al rotolamento.
Per non parlare dell’utilizzo di porzioni di terreni agricoli che potrebbero essere invece utilizzati per la produzione alimentare. Il tarassaco, invece, crescendo nei campi incolti di tutta Europa, non è in competizione con i prodotti alimentari e non deve neanche essere trasportata per lunghe distanze per raggiungere le fabbriche europee.
L’idea di utilizzare il latte delle radici del tarassaco come precursore della principale materia prima degli pneumatici, inoltre, nasce in conseguenza delle crescenti difficoltà riscontrate nella coltivazione massiccia dell’albero della gomma, l’Hevea brasiliensis, minacciato sia da un’infestazione batterica che dall’avanzamento di produzioni di olio da palma. Il piatto è ghiotto e, senza farsi pregare, sono tanti i colossi che si sono gettati a capofitto nella ricerca in questa direzione.
Pirelli, Goodyear, Bridgeston ma soprattutto Continental i marchi più prestigiosi che appaiono tra i finanziatori dei nuovi progetti di ricerca e sperimentazione. Quest’interesse non deve stupire soprattutto da un punto di visto prettamente numerico; si consideri, infatti, che oltre il 70% della gomma viene assorbito nella produzione di pneumatici ed è normale che quanto detto sopra susciti preoccupazione.
Il tutto va visto a trecentosessanta gradi nell’ottica di una politica europea votata al risparmio energetico e al controllo delle emissioni. È datata 2012 l’introduzione dell’etichetta degli pneumatici che servirà ad individuare con precisione e immediatezza le caratteristiche degli stessi in termini di consumo, aderenza e rumorosità. Tutte rigorosamente legate alla salute dell’uomo e dell’ambiente (minor consumo ed usura significano meno smaltimento e differimento del fine vita, analogamente, maggior aderenza significa più sicurezza, meno attrito e minor produzione di polveri e particolati nocivi).
“Ci sono più di 1200 tipi di vegetali da cui è possibile ricavare gomma di origine naturale. Scovarne uno che possa produrre la qualità e la quantità di gomma che serve per il mercato dei pneumatici attuali è una vera sfida” afferma Hiroshi Mouri della Bridgestone.
Più in là si è spinto Nikolai Setzer, responsabile della divisione pneumatici della Continental: “La produzione di gomma dalle radici di Tarassàco è molto meno legata alle condizioni climatiche rispetto alla produzione degli alberi gomma. Inoltre, questo sistema è così poco impegnativo in termini di requisiti dal punto di vista agricolo, da spalancare le porte ad un nuovo potenziale disponibile, in maniera particolare in aree del continente europeo attualmente incolte”.
Rincara la dose Andreas Topp sempre dell’azienda leader di pneumatici tedesca: “Con questo progetto abbiamo fatto un grande passo in avanti verso l’obiettivo di lungo termine nella produzione di pneumatici per auto, truck e biciclette, così come pneumatici speciali ancora più sostenibili”.
Il potenziale della pianta di Taràssaco è stato “certificato” e messo a punto ufficialmente dall’Istituto Fraunhofer di Biologia molecolare ed Ecologia applicata (IME) di Monaco di Vestfalia ed è stato riconosciuto al GreenTac Awards del 2014, quale uno dei primi tre progetti della categoria Automobility.
I primi test della gomme “da leone” sono previsti nel 2015, con i riconoscimenti che si basano non tanto sul progetto presente quanto sullo sviluppo futuro. L’ottimismo può crescere.
Ridurre lo sfruttamento dell’albero da gomma apporterebbe notevoli benefici ambientali in termini di protezione della biodiversità (è noto, infatti, il “peso” delle monoculture intensive sugli ecosistemi), ma anche in termini di risparmio e di inquinamento, che restano, in ogni caso la priorità globale.