Pianura Padana: la minaccia delle polveri ultrasottili

Oltre ad avere guadagnato il podio come regione europea più inquinata, una ricerca diffusa nei giorni scorsi rivela dati allarmanti.

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Una pianura padana martoriata da polveri sottili, sottilissime e ora anche ultrafini. È questo il  risultato di una recentissima ricerca, diffusa nei giorni scorsi, condotta dal progetto Upupa Ultrafine Particles in Urban Piacenza Area del Laboratorio Energia e ambiente Piacenza Leap, Centro di ricerche del Politecnico di Milano.

 

Tre anni di studi e rilevazioni, grazie anche all’attenzione della Fondazione di Piacenza e Vigevano, per ottenere una conclusione inquietante: le polveri ultrafini sono ancora più dannose di quelle sottili e sottilissime, quelle che sono entrate nel nostro linguaggio come  PM10 e PM2,5, eppure ampiamente presenti nell’area padana presa in considerazione dai ricercatori.

Già nel caso di polveri sottili e sottilissime si era gridato all’allarme per la salute, tanto da fare correre ai ripari sia il governo, regioni interessate e province autonome coinvolte. L’allarme cresce nel caso delle polveri ultrafini, composte da migliaia di nanoparticelle di solfato e nitrato di ammonio e tracce di metalli. Vediamo perché.

Una prima evidenza risultata dallo studio condotto rivela che l’esistenza di polveri ultrafini nell’aria varia, non rispetto alle tradizionali fonti di emissioni di inquinamento note, come traffico ed emissioni industriali per esempio, ma anche relativamente alla stagione.

Sembra infatti che la stagione invernale sia la peggiore, da una parte l’incidenza di emissioni da riscaldamento, traffico e emissione di fumi indistriali, dall’altra l’aggiunta delle polveri  ultrafini che  non dipendendo da alcuna fonte esterna, si trasformano nell’atmosfera e risentono di alcune  condizioni tipicamente connesse alla stagione fredda, come la condensa.

Le rilevazioni sono state effettuate sia con stazioni mobili dislocate in differenti zone, sia con particolari e sofisticate apparecchiature mobili in grado di individuare le nanoparticelle. I dati emersi hanno consentito di verificare la ricaduta dell’inquinamento da ultrafini sull’uomo anche a seconda del mezzo utilizzato per muoversi, a piedi piuttosto che su due ruote o in auto o mezzo pubblico.

Una minaccia assai insidiosa, perché, come viene ampiamente sottolineato negli studi condotti, avendo una dimensione ancor minore rispetto alle polveri sottili e sottilissime, le ultrafini presentano l’insidiosa possibilità di entrare negli alveoli polmonari senza trovare barriere né ostacoli. La conseguenza è comprensibile e pericolosa: favorire l’ insorgere di patologie strettamente connesse al sistema cardiovascolare e polmonare.

Le soluzioni e le strategie per fare fronte a un pericolo così insidioso non possono essere quelle utilizzate per ridurre la presenza delle PM10 nell’aria. Ciò significa che combattere le ultrasottili con i mezzi messi in campo finora non porterebbe ad alcuna azione efficace né risultato significativo, si parla di particelle cento volte più piccole rispetto alle PM10.

La domenica a piedi, con l’obbligo di non usare la macchina, per le ultrafini non avrebbe alcun senso e una normativa cui fare riferimento al momento non esiste.   

L’azione, viene suggerito nella ricerca, deve essere ben più incisiva e strategicamente pensata su vasta area. Una strategia che invoca il contributo non solo locale ma anche nazionale, se si vuole perseguire qualcosa di utile e duraturo nel tempo.

Il problema non è da trascurare, sia in sé sia perché va a inserirsi in un’area geografica già fortemente penalizzata.

La pianura padana da tempo risente, per la sua particolarissima collocazione, delle nefaste azioni delle PM10 e PM2,5 e anzi a proposito di inquinamento, detiene il non certo prestigioso primato di zona europea più inquinata, secondo le fonti dell’Agenzia comunitaria.


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