GAS REFRIGERANTI MENO INQUINANTI: PER MOLTI MA NON PER TUTTI
La Commissione europea fra il punto sullo stato di avanzamento della Direttiva sui sistemi di condizionamento d’aria nelle automobili.
Forse pochi ci pensano, soprattutto d’estate, quando la presenza o meno dell’impianto di condizionamento nell’auto diventa il discriminante fra un’esperienza penitenziale e, viceversa, un momento di puro piacere; tuttavia, proprio questa tecnologia, da anni, è sotto la lente di ricercatori e amministratori pubblici visti gli effetti sull’ambiente.
Già, perché le emissioni di idrofluorocarburo-134a (HCF-134a), ovverossia il gas refrigerante più utilizzato nell’industria automobilistica, ha un potenziale di riscaldamento globale pari a 1.300 e già da tempo è oggetto di attenzione da parte del Legislatore europeo in vista di una sua sostituzione.
Infatti, nel 2006 (il 17 maggio), viene promulgata la Direttiva 2006/40/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio “relativa alle emissioni degli impianti di condizionamento d’aria dei veicoli a motore, che modifica la Direttiva 70/156/CEE del Consiglio”, più nota come MAC – Mobile Air Condition systems
Secondo il dettato di allora, all’art. 6 – Adeguamento e ricarica si legge che:
1. A decorrere dal 1° gennaio 2011 gli impianti di condizionamento d’aria destinati a contenere gas fluorurati ad effetto serra con un potenziale di riscaldamento globale superiore a 150 non possono essere adattati a veicoli omologati da tale data in poi. A decorrere dal 1° gennaio 2017 tali impianti di condizionamento d’aria non possono essere adattati su nessun veicolo.
2. Gli impianti di condizionamento d’aria installati su veicoli omologati al 1° gennaio 2011 o dopo tale data non devono essere riempiti con gas fluorurati ad effetto serra con potenziale di riscaldamento globale superiore a 150. A decorrere dal 1° gennaio 2017 gli impianti di condizionamento d’aria installati su tutti i veicoli non vengono riempiti con gas fluorurati ad effetto serra con potenziale di riscaldamento globale superiore a 150, tranne per quanto riguarda la ricarica di impianti di condizionamento d’aria contenenti tali gas che sono stati installati su veicoli prima di tale data.
3. I fornitori dei servizi che offrono servizi e riparazioni per gli impianti di condizionamento d’aria non riempiono, fino al termine della necessaria riparazione, un impianto con gas fluorurati ad effetto serra se in esso sono state rilevate perdite abnormi di refrigerante.
In questi anni le Case costruttrici hanno avuto la possibilità di scegliere autonomamente il refrigerante o il sistema che preferivano, purché in linea con la Direttiva e, puntualmente, nel 2009, i produttori di automobili hanno scelto come nuovo refrigerante l’HFO 1234yf mercé il suo basso potenziale di riscaldamento globale.
Ma le cose non sono andate lisce come si credeva (o forse come credevano alcuni ingenui, viste ad esempio, le continue revisioni “al ribasso” della Direttiva analoga che norma l’utilizzo di metalli pesanti nella componentistica dell’industria automobilistica). Così, recentemente la stessa Commissione, ha chiesto ragione alla Germania di una sua non piena applicazione degli obblighi comunitari a partire da alcuni autoveicoli prodotti da una nota Casa costruttrice tedesca.
In gioco non c’è solo la garanzia che gli obiettivi di riduzione delle emissioni climalteranti della direttiva siano rispettati e che la legge sia applicata in modo uniforme in tutto il territorio dell’UE, ma anche il rispetto delle stesse regole – che hanno effetto sul mercato – affinché non si creino condizioni di concorrenza sleale.
Nell’ambito delle procedure di infrazione dell’UE, la Germania ha due mesi per rispondere alla lettera di diffida scritta da parte della Commissione riguardo a questo problema.
Inoltre, lo stesso giorno, il 23 gennaio 2014, la Commissione ha inviato una lettera Pilot alle autorità di tre Stati membri che hanno informato la Commissione di pratiche simili (estensione delle vecchie omologazioni dei veicoli) dalle rispettive autorità di omologazione, chiedendo maggiori informazioni sulla situazione. Questi Paesi sono: Regno Unito, Belgio e Lussemburgo.
Contemporaneamente la Commissione ha diramato un “Memo” che fa il punto sullo stato dell’arte circa l’avanzamento dell’applicazione della Direttiva MAC.
Ebbene, scorrendo il Comunicato, si legge che già nel 2011, la Commissione era stata informata di un importante problema di fornitura del refrigerante HFO 1234yf, scelto dall’industria. Per questo motivo, ed esclusivamente in relazione a questo aspetto, la Commissione aveva accettato di evitare di lanciare procedure di infrazione per nuovi veicoli equipaggiati con il gas R134a e prodotti fino al 31 dicembre 2012.
Se è pur vero che la Direttiva MAC è applicabile dal 1° gennaio 2013 e che, quindi, tutti i veicoli a motore, registrati e commercializzati nell’UE, devono essere conformi alla nuova normativa, secondo quanto disposto dalla direttiva quadro 2007/46/CE, è accaduto che in settembre 2012, la Casa tedesca Daimler ha espresso preoccupazione sulla sicurezza dell’uso del gas HFO 1234yf e ha comunicato di voler continuare a utilizzare il gas R134a.
Nel dicembre 2012 le autorità tedesche hanno comunicato alla Commissione di aver effettuato test di sicurezza su modelli specifici e hanno chiesto alla Commissione di prendere in considerazione “la possibilità di estendere l’uso del refrigerante R134a” “per altri sei mesi” per i veicoli considerati pericolosi da uno dei produttori. Questa richiesta è stata discussa con gli altri Stati membri nel quadro del Comitato Tecnico sui veicoli a motore.
In risposta a una richiesta della Commissione europea avanzata nel febbraio 2013, gli Stati membri hanno informato la Commissione sulla situazione dei rispettivi mercati. In questo contesto si è fatto riferimento a un produttore i cui veicoli sono risultati non conformi con la direttiva MAC. Le autorità competenti hanno spiegato nella loro corrispondenza che avevano proceduto a un’analisi della procedura per garantire la conformità. Le autorità tedesche hanno invitato il produttore in questione ad adattarsi alle nuove norme nel più breve tempo possibile.
Tenuto conto di questa situazione, il 18 marzo il Vice Presidente Antonio Tajani aveva scritto ai Ministri tedeschi responsabili per le questioni economiche e per i trasporti perché dichiarassero che “l’attuale situazione di inadempienza da parte di alcuni costruttori mette a rischio il corretto funzionamento e la coerenza del mercato interno e determina inoltre una concorrenza sleale nel mercato interno“. Il Vice Presidente aveva anche partecipato a una riunione della commissione competente del Parlamento europeo (la commissione ENVI, tenutasi il 20 marzo), dove ha confermato che la Commissione europea era in attesa di un chiarimento da parte delle autorità tedesche. Quindi, sempre a marzo, i servizi della Commissione hanno invitato le autorità tedesche a fornire informazioni dettagliate circa le misure che intendessero attuare per garantire il rispetto della direttiva MAC.
Il 23 maggio, la Commissione ha ricevuto una lettera dell’Autorità Federale Tedesca per il Trasporto a Motore (KBA) che comunicava di aver accettato le richieste di Daimler di estendere una precedente omologazione per i veicoli coinvolti dal problema con la direttiva MAC. Le autorità hanno accettato di rilasciare a questi veicoli un’estensione dell’omologazione attribuita a veicoli vecchi, che in effetti ha consentito l’esclusione temporanea di questi veicoli dal campo di applicazione della direttiva MAC. Pertanto, la Commissione ha motivo di ritenere che le proroghe siano state richieste con il solo scopo di eludere la direttiva MAC, rendendola quindi inapplicabile e inefficace.
Pertanto, sul mercato europeo vi sono automobili prodotte da un fabbricante che non sono conformi alla loro omologazione, il che significa che non possono essere vendute o registrate nell’UE. In pratica sono veicoli che godono della proroga di una precedente omologazione il cui status giuridico deve essere ulteriormente esaminato.
In questo contesto, la Commissione ha avviato un’indagine pilota lo scorso 10 giugno, chiedendo informazioni specifiche sulla situazione alle autorità tedesche. Il 31 ottobre 2013 la Commissione ha chiuso la procedura pilota nei confronti della Germania ritenendo insoddisfacenti le spiegazioni fornite dalla Germania ad agosto. Si specifica che secondo l’articolo 258 del TFUE la procedura pilota è usata di solito prima che la Commissione avvii la fase iniziale di una procedura d’infrazione e, in questo caso, lo Stato membro interessato ha circa 10 settimane per rispondere alla Commissione
A questo punto resta da capire cosa succederà visti i grandi interessi del comparto industriale tedesco e i risultati dello stesso in termini lusinghieri di produzione e vendita, proprio in quel mercato automobilistico che, altrove, è fermo a risultati insoddisfacenti.
Con un po’ di malizia, c’è da credere che, ancora una volta, le ragioni delle tasche di alcuni, siano più forti degli interessi di tutti.