L’ESPOSIZIONE DA PM2,5 È PIÙ PERICOLOSA DI QUANTO SI PENSI

I risultati dell’iniziativa ESCAPE fotografano una situazione allarmante.

traffico

Che l’inquinamento da polveri sottili prodotte per lo più dal traffico veicolare, ma anche da impianti di riscaldamento e attività industriali, non sia del tutto salubre, è cosa nota lippis et tonsoribus.

Che esista una correlazione effettiva, tra queste ed il manifestarsi di patologie a carico del sistema respiratorio (e non solo, purtroppo), è oggetto di continua analisi.

Che anche a basse concentrazioni, il particolato atmosferico sia dannoso al punto da favorire l’insorgenza di patologie gravi e potenzialmente mortali, questa è una notizia recente e scende, come un cupo sipario calato al termine delle celebrazioni per la chiusura dell’ “Anno dell’Aria” tenutesi a Strasburgo.

In quell’ambito è stata presentata una indagine scaturita nell’alveo dell’iniziativa ESCAPE (European Study of Cohorts for Air Pollution Effects sostenuto dalla Commissione UE nell’ambito del 7° Programma Quadro) la cui analisi ha preso in considerazione 13 località europee per un totale di oltre 367.251 partecipanti suddivisi in 22 coorti di popolazione, seguite e monitorate per circa 14 anni sotto il coordinamento dell’Università di Utrecht (Olanda).

In Italia, lo studio è stato condotto a Roma (con il coinvolgimento del Dipartimento di Epidemiologia del Lazio), a Torino (grazie ad AO Città della Salute e della Scienza-Università di Torino) e a Varese (con il contributo della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano) e ha coinvolto circa 31.000 persone. 

Ebbene, dall’indagine, successivamente pubblicata sulla nota rivista medica The Lancet, emergono dati inquietanti: l’esposizione alle polveri sottili anche quando avviene al di sotto dei limiti consentiti dalla normativa UE, può essere più pericolosa per la salute umana di quanto finora considerato al punto che per ogni aumento di 5 µg/m3 di PM2,5 c’è un aumento parallelo del rischio di morire per cause non accidentali pari al 7% (che equivale alla diminuzione dell’aspettativa di vita di circa 8 mesi). Ricordiamo che dal 2010 l’UE ha fissato, in tal senso, limiti precisi per la concentrazione di particolato atmosferico, con soglie che vanno al di sotto dei 40 µg/m3 per le PM10 e al di sotto dei 25 µg/m3 per le PM 2,5

Occorre, tuttavia, tenere presente, che l’indagine ha preso in considerazione anche località europee (soprattutto localizzate al Nord), ove i livelli di inquinamento atmosferico sono inferiori ai 10 microgrammi/m3, facendo emergere confronti drammatici con città consorelle (quali quelle, ad esempio, della nostra Pianura Padana), ove la media annua supera i 30 µg/m3 e la cui differenza di 20-25 µg/m3 determina un aumento del rischio per i cittadini locali del 30-35% rispetto a quelli nordeuropei.

Ovviamente, sono stati presi in considerazione tutti i fattori che in qualche modo possono influire su salute e longevità: abitudini alimentari, propensione al fumo, fattori quali status sociale ed economico, sono stati tutti esaminati per correggere i dati raccolti correlando le morti accertate (29.074 nei quattordici anni di indagine), alle relative esposizioni al particolato.

A conti fatti, quindi, seguire i limiti di legge (almeno per quanto riguarda gli inquinanti sospesi in atmosfera con diametro inferiore ai 2,5 micron), non tutela affatto gli esseri umani dal rischio di contrarre patologie anche gravi, si consideri, pertanto, quale sia il livello di rischio raggiunto nelle nostre principali città dove tali limiti vengono tranquillamente superati ogni anno già nei primi mesi di rilevazione!

Sul numero del Lancet che illustrava lo Studio, in un editoriale di presentazione, si afferma che: “Nonostante i grandi miglioramenti della qualità dell’aria negli ultimi 50 anni, i dati di  Beelen e colleghi mostrano che gli effetti dell’inquinamento dell’aria sulla salute continuano. Questi dati, insieme ai risultati di altri grandi studi, suggeriscono quanto siano necessarie ulteriori politiche per ridurre l’inquinamento e, quindi, la morbosità e la mortalità in Europa. Come raccomandato dall’OMS, una priorità urgente dovrebbe essere quella di avviarsi verso i valori indicati dalle Linee Guida della qualità dell’aria dell’OMS che sono più restrittive.” 

 “L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – scrivono gli Autori della Ricerca – propone del resto come Linea Guida 10 µg/m3 e i nostri risultati supportano l’idea che avvicinandoci a questo target si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone”… ma in Italia siamo ben lontani dal solo avvicinarci a questo risultato.

Già in luglio, in occasione di una prima pubblicazione del Lancet sull’iniziativa ESCAPE, sulle pagine on line del sito Regioni & Ambiente, era apparso un articolo specifico dal titolo: “Particolato atmosferico e cancro al polmone in Europa”, dal quale traiamo questa dichiarazione attribuita ai Ricercatori Takashi Yorifuji e Saori Kashima che allora avevano scritto un articolo di commento dal titolo: Air pollution: another cause of lung cancer”: “Si stanno accumulando le prove di un legame fra inquinamento dell’aria e tumore del polmone…  Anche se il rischio di cancro associato allo smog è molto ridotto rispetto a quello associato al fumo di sigaretta, tutti siamo esposti all’inquinamento […] Ad esempio, l’OMS ha stimato che nel 2004 il fumo ha causato 5,1 milioni di morti e il 71% dei tumori del polmone nel mondo, mentre l’inquinamento atmosferico ha causato 1,2 milioni di morti e l’8% dei tumori  ai polmoni”.

C’è ancora, evidentemente, parecchia strada da fare…

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