Emissioni in atmosfera: PER GLI ATTREZZI CHE NE EMETTONO SERVE UNA PRECISA AUTORIZZAZIONE
Il caso di un artigiano secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione, Sez. III, con sentenza del 30 luglio 2013, n. 32933, ha confermato la colpevolezza di un artigiano, in particolare un fabbro, in quanto esercitava la propria attività utilizzando attrezzi il cui uso produceva emissioni in atmosfera senza essere in possesso della specifica autorizzazione. Nonostante il difensore abbia prodotto certificati di analisi ove emergeva che le emissioni erano di poco significato, tutti i giudici hanno confermato che, comunque, per produrre emissioni in atmosfera è necessaria la specifica autorizzazione. Avverso la condanna di primo grado, del Tribunale di Napoli, ha presentato ricorso il difensore, denunciando vizio motivazionale. Il Tribunale ha fondato la condanna sulla testimonianza di D.P.L., della Polizia Provinciale di Napoli, per cui l’opificio avrebbe operato in assenza di autorizzazione, pur avendone il titolare inoltrato richiesta; il Tribunale ha inoltre affermato che l’inquinamento non poteva definirsi poco significativo, nonostante che la testimone lo avesse qualificato tale e avesse dichiarato che vi fosse un impianto di captazione delle emissioni in atmosfera a suo dire appropriato. La sentenza sopra riportata potrebbe sicuramente essere rivolta ad un Centro di raccolta con impianto di triturazione, ad esempio di cavi.
Ad oggi è addirittura entrata in vigore l’AUA, Autorizzazione Unica Ambientale, ove l’artigiano si rivolge direttamente al Comune presentando la domanda semplificata di autorizzazione. Questa novità si applica anche per le emissioni in atmosfera. In pratica con l’AUA, dunque, basterà un’unica domanda da presentare per via telematica al SUAP per richiedere l’unica autorizzazione necessaria. Sarà il Suap a inoltrare le richieste agli altri enti competenti. In genere, il rilascio dell’AUA avviene entro 90 giorni, ma sono ammessi tempi più lunghi nel caso in cui sia necessaria la convocazione della Conferenza di Servizi. Se, infatti, l’AUA sostituisce i titoli abilitativi per i quali la conclusione del procedimento è fissata in un termine inferiore o pari a 90 giorni, l’autorità competente adotta il provvedimento nel termine di 90 giorni dalla presentazione della domanda e lo trasmette immediatamente al SUAP. Al contrario, quando AUA sostituisce i titoli abilitativi per i quali almeno uno dei termini di conclusione del procedimento è superiore a 90 giorni, il Suap indice entro 30 giorni la conferenza di servizi. L’autorità competente – Comune – adotta l’AUA entro 120 giorni dal ricevimento della domanda. Nel caso in cui vengano richiesti dei documenti integrativi, l’AUA è rilasciata entro 150 giorni. È prevista poi una modalità semplificata quando l’oggetto dell’AUA sia l’acquisizione esclusiva di pareri, nulla osta e atti di assenso comunque denominati. Procedura semplificata che è prevista pure in caso di rinnovo dell’AUA quando siano rimaste immutate le condizioni di esercizio. In questi casi la procedura si attiva attraverso la presentazione di un’istanza corredata di dichiarazione sostitutiva. Negli altri casi, è invece previsto che il rinnovo avvenga mediante la procedura ordinaria ovvero attraverso l’indizione e convocazione della conferenza di servizi. Al fine di accelerazione e semplificazione delle procedure è stato previsto che nelle more dell’adozione del provvedimento di rinnovo, l’esercizio dell’attività o dell’impianto possa proseguire sulla base della precedente autorizzazione, qualora era già stata rilasciata. Al fine di consentire un continuo monitoraggio sulle condizioni delle risorse ambientali interessate è stato invece previsto il potere dell’autorità competente di imporre comunque il rinnovo dell’autorizzazione, o la revisione delle prescrizioni in essa contenute, prima della scadenza al ricorrere di determinate condizioni. A fini di accelerazione è stato fissato all’autorità competente un termine per esprimersi sulla comunicazione fatta dal proponente, nelle cui more il gestore può comunque procedere alla modifica non sostanziale salvo successivo aggiornamento dell’autorizzazione da parte della medesima autorità. L’attuazione delle disposizioni introdotte dal regolamento dovrà essere sottoposta a un’attività di monitoraggio almeno annuale, nelle forme predisposte dal Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, dello sviluppo economico, e della pubblica amministrazione e semplificazione, in collaborazione con la Conferenza unificata e sentite le organizzazioni imprenditoriali. Il monitoraggio è finalizzato in particolare a verificare l’impatto concreto dell’intervento normativo, con riferimento al numero delle domande presentate al Suap, ai tempi impiegati per l’istruttoria delle stesse, per l’invio telematico della documentazione agli enti competenti e per il rilascio dell’autorizzazione, nonché per verificare il rispetto dei tempi previsti per lo svolgimento delle conferenze di servizi. E ciò dovrebbe servire anche per “testare” l’efficacia delle norme di semplificazione e di accelerazione introdotte al fine di operare le eventuali modifiche necessarie migliorative in tal senso. Del resto l’intervento normativo del regolamento mira a migliorare la competitività dell’economia nazionale riducendo gli adempimenti amministrativi richiesti per l’esercizio dell’attività d’impresa.
Ecco la sentenza della Cassazione:
1. Con sentenza del 4 aprile 2012 il Tribunale di Nola ha condannato D.P.S. alla pena di Euro 200 di ammenda per il reato di cui al D.L. n. 152 del 2006, art. 279, comma 1, perché esercitava l’attività di fabbro utilizzando attrezzi (un flex elettrico e una saldatrici a filo continuo) il cui uso determinava emissioni in atmosfera senza essere in possesso dell’autorizzazione.
2. Ha presentato ricorso il difensore, denunciando vizio motivazionale. Il Tribunale ha fondato la condanna sulla testimonianza di D.P.L., della Polizia Provinciale di Napoli, per cui l’opificio avrebbe operato in assenza di autorizzazione, pur avendone il titolare inoltrato richiesta; il Tribunale ha inoltre affermato che l’inquinamento non poteva definirsi poco significativo, nonostante che la testimone lo avesse qualificato tale e avesse dichiarato che vi fosse un impianto di captazione delle emissioni in atmosfera a suo dire appropriato. Si sarebbe trattato dunque di un’attività a ridotto inquinamento atmosferico, al riguardo il ricorrente richiamando la relativa normativa (D.P.R. 25 luglio 1991 e D.P.R. n. 203 del 1988).
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. Il ricorso è infondato. Non sussiste alcuna contraddittorietà nella motivazione che il giudice di merito ha posto a fondamento della condanna dell’imputato. In particolare, non vi è contraddittorietà tra l’avere valorizzato le dichiarazioni della testimone D.P. sul fatto che l’opificio utilizzava gli attrezzi in questione senza autorizzazione e l’avere ritenuto – diversamente da quanto dichiarato dal teste, la quale sul punto ha, è evidente, manifestato una opinione personale – che l’attività rientrasse nel genere ad inquinamento poco significativo, non essendo il personale avviso di un teste elemento idoneo a qualificare contraddittoria la sua non condivisione da parte del giudice, cui solo spettano le valutazioni di merito, dovendo il teste apportare unicamente fatti, ex art. 194 c.p.p. D’altronde, si rileva altresì in considerazione dei riferimenti normativi che il ricorrente ha inserito nel motivo, chiaramente intendendo introdurvi anche una doglianza di violazione di legge, che la Giunta Regionale della Campania ha pubblicato un elenco intitolato “Attività ad inquinamento atmosferico poco significativo”, tra esse (specificamente sub 2) inserendo le lavorazioni meccaniche ma con esclusione dell’attività di verniciatura, trattamento superficiale dei metalli e smerigliature, cadendo perciò inequivocamente l’attività dell’opificio dell’imputato in detta esclusione. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2013.
Depositato in Cancelleria il 30 luglio 2013.