NUOVI PALETTI ALLE ESPORTAZIONI ILLEGALI
La Commissione UE propone la Revisione del Regolamento sull’esportazione dei rifiuti
Il traffico illecito di rifiuti rappresenta uno dei problemi ambientali ed economici più rilevanti per il pianeta.
È noto, infatti, che una corretta gestione dei materiali di scarto dei processi antropici (dai semplici rifiuti urbani ai più complessi rifiuti industriali), costituisce una “banca” di materia prima e rigenerato tale da influire notevolmente sui costi di produzione.
Senza contare che estrarre meno materia prima (minerali, metalli, legno, cellulosa e petrolio) significa diminuire l’impatto degli interventi umani sul territorio e le possibilità di inquinamento.
Ma c’è anche un altro fatto da tenere in considerazione, quello meramente economico: sottrarre materiali da riciclo al mercato onesto si traduce in termini di concorrenza in una sorta di “economia parallela”; un’opera “al nero” che ingenera lauti guadagni per pochi nel breve periodo, ma spalma i costi ambientali su tutta la comunità.
V’ha poi, l’assurdo che imprese che hanno fondato il loro core business sulla gestione lecita del rifiuti e del suo trattamento/riciclo, pagando autorizzazioni ed onerose verifiche, si vedano sottrarre materiali preziosi che spariscono dal mercato per vie sotterranee ed in barba a vari controlli.
Non solo, uno degli effetti del traffico illecito dei rifiuti è quello di ri-immettere sul mercato prodotti di dubbia provenienza e fabbricazione, magari contaminati e che, comunque, sono frutto di produzioni che abusano di manodopera sottopagata e aliena alle più elementari regole di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (si rammentino, ad esempio, le varie inchieste giornalistiche e televisive, anche nazionali, su come in alcuni Paesi dell’Asia e del Nord Africa vengono riciclate le plastiche, i metalli delle navi a fine vita, gli autoveicoli rottamati e la stessa carta…).
In Europa si stima che circa il 25% delle spedizioni di rifiuti inviate dall’UE ai Paesi in via di sviluppo di Africa e Asia avvenga in violazione delle normative internazionali. Al loro arrivo, questi rifiuti sono spesso abbandonati o gestiti da imprese compiacenti in maniera scorretta, con conseguenze molto gravi per la salute dell’uomo e per l’ambiente.
Per questi motivi la Commissione Europea ha inteso mobilitarsi per fronteggiare l’illecita transumanza dei rifiuti made in Ue, suggerendo di rafforzare la legislazione in materia di ispezioni nazionali delle spedizioni di rifiuti al fine di armonizzare i livelli di controllo in tutti gli Stati membri Proposal amending Regulation (EC) No 1013/2006 on shipments of waste“ – COM(2013) 516 final).
Janez Potočnik, Commissario per l’Ambiente, ha dichiarato: “È arrivato il momento di applicare controlli più severi in tutti gli Stati membri: è la soluzione più adeguata per impedire agli esportatori che operano illecitamente di continuare ad approfittarsi dell’attuale sistema. La proposta presentata oggi contribuirà a ridurre la cattiva gestione dei rifiuti e a garantire il trattamento adeguato dei rifiuti pericolosi, nonché il riutilizzo di risorse preziose”.
Se, infatti, alcuni Stati membri dispongono di sistemi d’ispezione a tutto campo ed efficienti, che mirano ad individuare le spedizioni illegali di rifiuti nei porti oppure nei luoghi di produzione e di raccolta, altri, purtroppo sono rimasti indietro.
Tale gap ingenera la pratica nota come “port hopping”, mediante la quale gli esportatori di rifiuti illegali scelgono di far transitare le spedizioni negli Stati membri che applicano controlli meno severi; una vera e propria triangolazione che sotto la facciata di documenti corretti nasconde una onestà tutt’altro che specchiata.
L’iniziativa della Commissione propone che gli Stati membri effettuino regolarmente ispezioni basate sui rischi, con una maggiore collaborazione tra le autorità e una migliore preparazione degli ispettori. Ciò consentirà alle autorità di concentrarsi sui percorsi, gli orari e i veicoli più frequentemente coinvolti nel trasporto illegale. Inoltre, una maggiore concentrazione sui punti di raccolta e sugli impianti di stoccaggio farà in modo che le ispezioni possano essere condotte nella fase iniziale, in maniera tale da bloccare a monte le esportazioni illegali di rifiuti e attenuare la pressione presente nei punti regolari di uscita. E ancora, la pianificazione delle ispezioni aiuterà le autorità ad aumentare l’efficacia dei controlli.
Le ispezioni in loco — aspetto chiave della proposta — permetteranno di ottenere, dalla persona responsabile della spedizione, elementi di prova sulla legittimità della spedizione stessa, in grado di dimostrare, ad esempio, che i rifiuti in questione sono destinati ad una gestione ecocompatibile in un Paese terzo.
Ispezioni efficaci si tradurranno in risparmi e vantaggi economici diretti per gli Stati membri e per il settore dell’industria, in quanto saranno evitate le spese di bonifica e reimportazione. Si potrebbe inoltre evitare che materie prime di un certo valore (ad esempio minerali preziosi quali cobalto e indio contenuti nei rifiuti elettronici) vadano perdute, in modo da essere riutilizzate e reimmesse nel mercato. Ciò porterà, infine, all’ottimizzazione dei processi di trattamento dei rifiuti, al miglioramento delle tecniche di cernita e riciclaggio e ad una maggiore disponibilità di materie prime di alta qualità.
Purtroppo, come spesso accade, la percezione comune del rispetto dell’ambiente, sottostà ad una visione meramente economica della vita e, siccome dietro le esportazioni illegali vi sono forti interessi economici rappresentati dai costi di trattamento e smaltimento dei rifiuti notevolmente inferiori nei Paesi in via di sviluppo (determinati principalmente da norme ambientali e sanitarie meno severe di quelle applicate nell’UE e, in alcuni casi, dalla possibilità di eludere totalmente i controlli), se il Paese di destinazione non dispone di norme e capacità di riciclaggio adeguate, non si fa altro che esportare in altre parti del mondo potenziali rischi ambientali e sanitari.
L’abbandono dei rifiuti o il loro trattamento non conforme alle norme costituisce una grave minaccia per l’ambiente ed espone i cittadini e gli addetti ai lavori a rischi di salute a lungo termine. Inoltre, le sostanze rilasciate dai rifiuti abbandonati possono inquinare il suolo, le acque e l’aria attraverso l’emissione di metalli pesanti e di inquinanti organici persistenti. Tali emissioni sono inoltre causa del surriscaldamento climatico e del buco dell’ozono.
In realtà l’Europa si era già dotata di uno strumento normativo pensato per arginare tali pratiche, si tratta del Regolamento CE n. 1013/2006, relativo alle spedizioni di rifiuti che vieta l’esportazione di rifiuti pericolosi verso Paesi non appartenenti all’OCSE e l’esportazione di rifiuti destinati allo smaltimento verso Paesi non membri dell’UE/EFTA.
Secondo il testo, quando vengano individuate spedizioni illegali, i rifiuti devono essere rispediti nel Paese di provenienza. Il Regolamento consente l’esportazione di rifiuti non pericolosi verso Paesi non appartenenti all’OCSE per operazioni di recupero, purché le autorità nazionali verifichino che tali rifiuti siano trattati in conformità a norme grosso modo equivalenti a quelle dell’UE.
Il Regolamento, tuttavia, non contiene disposizioni specifiche riguardanti la pianificazione delle ispezioni o le modalità di esecuzione delle stesse, cosa di cui beneficiano gli attori di quel 25% di esportazione illecita che si citava all’inizio di questo articolo.
Che le cose non stessero andando per il verso giusto, l’Europa se n’era accorta da tempo, infatti, già dal 2011 (periodo di riferimento. 25 gennaio – 12 aprile) è stata effettuata una pubblica Consultazione, aperta a tutti i soggetti interessati, volta a raccogliere opinioni e suggerimenti su come prevenire efficacemente le spedizioni illegali di rifiuti che violano la normativa UE, i cui risultati di ampio sostegno a favore delle disposizioni dell’UE in materia di ispezioni delle spedizioni di rifiuti (90% dei soggetti rispondenti) hanno costituito il presupposto per la proposta adottata dalla Commissione.
Inoltre, essa aiuta a rispondere a una serie di preoccupazioni sollevate da alcune PMI riguardanti l’applicazione del regolamento sulle spedizioni di rifiuti e, in particolare, le differenze di attuazione e interpretazione nei vari Stati membri: il Regolamento, infatti, non ha portato alla creazione di un mercato comune dell’utilizzo e del riciclaggio dei rifiuti.
Occorre, dunque, fare di più per garantire un’attuazione uniforme del Regolamento, con un’attenzione maggiore ai rifiuti pericolosi piuttosto che a quelli la cui gestione non crea particolari problemi.
Ci auguriamo che la proposta venga accolta e che, soprattutto, si proceda, in seguito, alla applicazione puntuale delle regole ivi contenute.