LA COMPENTENZA NON SPETTA AL COMUNE
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Regione Puglia accoglie il ricorso di un autodemolitore per l’annullamento di una ordinanza avente per oggetto la sospensione dell’attività
Con ordinanza n. 177/12, prot. n. 23502, del 16/11/2012, notificata in pari data, a firma del Responsabile del V Servizio, Comandante Cap. Polizia Municipale – Commerciale – Attività Produttive del Comune di Melendugno (LE), il comune di Melendugno, aveva ratificato ad una azienda di autodemolizione la “sospensione attività di autodemolizione”.
Presentato il ricorso al TAR competente, il Tribunale stesso ha stabilito che il ricorso è fondato in quanto la norma su cui si basa l’atto si si riferisce ai provvedimenti originariamente adottati dal Comune medesimo, in base alla funzione conferita, che possono formare oggetto di un atto di secondo grado. La norma non può trovare applicazione se, viceversa, con essa si incida sull’atto posto in essere da altra Amministrazione – in questo caso la Provincia.
Pubblichiamo di seguito il testo della Sentenza così come desunto dal sito: www.lexambiente.it
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce – Sezione Prima
ha pronunciato la presente SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 171 del 2013, proposto da: (omissis) in qualità di titolare ed amministratore unico della (omissis), rappresentato e difeso da (omissis);
contro
Comune di Melendugno, rappresentato e difeso da (omissis), Ministero dell’Interno e Comandante pro tempore del Compartimento Polizia Ferroviaria per la Puglia, Basilicata e Molise, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi n. 23;
per l’annullamento
dell’ordinanza n. 177/12, prot. n. 23502, del 16/11/2012, notificata in pari data, a firma del Responsabile del V Servizio, Comandante Cap. Polizia Municipale – Commerciale – Attività Produttive del Comune di Melendugno (LE), avente ad oggetto “sospensione attività di autodemolizione”;
di ogni altro atto comunque presupposto, connesso e/o consequenziale e, in particolare, ove occorra: della “segnalazione” della Polizia di Stato – Compartimento della Polizia Ferroviaria per la Puglia, Basilicata ed il Molise del 6/11/2012 prot. n. 464 – Cat. II/12, non conosciuta dal ricorrente se non in quanto menzionata nell’ordinanza n. 177/12, prot. n. 23502, del 16/11/2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Melendugno, del Ministero dell’Interno e del Comandante pro tempore del Compartimento Polizia Ferroviaria per la Puglia, Basilicata e Molise;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
(omissis)
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1.- Il ricorrente, quale titolare ed amministratore unico di (omissis) impugna il provvedimento con cui, sulla scorta della segnalazione del Compartimento della Polizia ferroviaria del 6/11/2012, è stata disposta la sospensione dell’attività di autodemolizione, gestita in Melendugno alla Via Provinciale Melendugno – Calimera ed assentita con determina provinciale n. 334 dell’11/2/2011 (con cui sono state volturate le autorizzazioni già rilasciate alla ditta (omissis) tra cui quella all’esercizio dell’impianto, concessa con determinazione n. 2346/2010).
Sulla scorta del controllo effettuato dalla polizia ferroviaria, con il provvedimento è ravvisata la violazione dell’art. 6, secondo comma, del d.lgs. n. 209/2003 (perché non si era provveduto all’etichettatura dei contenitori di rifiuti speciali con apposito codice e alla bonifica delle fuoriuscite anche accidentali, né previsto vie di transito tra i veicoli stoccati ed un’adeguata distanza di sicurezza tra le varie pile), nonché la violazione dell’art. 256, quarto comma, del d.lgs. n. 152/2006 (perché non erano state osservate varie disposizioni impartite con determina provinciale n. 84049 del 20/10/2010), in considerazione inoltre del fatto che all’interno dell’area sono stati rinvenuti 62 Kg. di cavi in rame di pertinenza di Telecom spa e di provenienza furtiva e che, per analoghe violazioni, il ricorrente è stato condannato con sentenza passata in giudicato.
Con il ricorso vengono proposte le seguenti censure:
I. violazione dei principi di legalità, tipicità e nominatività degli atti amministrativi; violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 21-quater, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241; incompetenza; eccesso di potere per erronea presupposizione in diritto, ingiustizia manifesta; violazione dei principi di economicità, di efficacia e di proporzionalità dell’azione amministrativa; sviamento.
Si osserva che non è indicato il termine di efficacia della sospensione e che la stessa è stata disposta da organo incompetente (in quanto l’autorizzazione era stata rilasciata dalla Provincia);
II. violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241; violazione del principio del giusto procedimento; difetto di istruttoria; eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e perplessità dell’azione amministrativa.
Viene censurata la mancanza della previa comunicazione di avvio del procedimento, per attività connotata da discrezionalità che rende inapplicabile l’art. 21-octies della legge n. 241/90;
III. violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 21-quater, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 sotto altro profilo; violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241; carenza istruttoria e motivazionale; eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto ed in diritto, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà dell’azione amministrativa; violazione del principio di affidamento e di buon andamento; illegittimità derivata.
Si rileva che il provvedimento è privo di adeguata motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse e alla loro prevalenza sull’affidamento riposto dal destinatario nell’efficacia dell’autorizzazione, non bastando il richiamo alla segnalazione della polizia ferroviaria ad integrare le “gravi ragioni” richieste dall’art. 21-quater della legge n. 241/90; si adduce poi l’inesistenza delle contestazioni, osservando che i rifiuti speciali sono distintamente stoccati al coperto in area idonea, senza possibilità di contaminazione, e che i veicoli sono collocati, in parte, in sito conforme alle prescrizioni di legge (ivi messi in sicurezza e, in attesa di trattamento, stoccati in pile con altezza non superiore al muro di cinta), mentre in altra area sono posti i veicoli bonificati (non impilati al momento del sopralluogo); si deduce in relazione a ciò l’insussistenza delle violazioni alla determina provinciale richiamata nel provvedimento; infine, si contesta la circostanza secondo cui i cavi di rame rinvenuti avessero provenienza furtiva, nonché l’idoneità della precedente condanna del 2005 a fondare la sospensione dell’attività, non avendo la stessa costituito motivo preclusivo al rilascio dell’autorizzazione in epoca ad essa successiva.
Il Ministero dell’Interno e il Comandante pro tempore del Compartimento Polizia Ferroviaria per la Puglia, Basilicata e Molise si sono costituiti in giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato irricevibile, inammissibile e, gradatamente, rigettato, depositando documentazione e memoria, con cui si evidenzia che il comportamento delle Amministrazioni centrali è giustificato dalla grave situazione di pericolo all’ambiente e alla salute dei cittadini, accertata con atti aventi fede privilegiata, rimarcando altresì la circostanza del rinvenimento del materiale ad uso esclusivo della Telecom, di cui non era stata giustificata la provenienza.
Anche il Comune di Melendugno si è costituito in giudizio, depositando a sua volta documentazione e memoria difensiva, con la quale ha osservato che il ricorso non è stato notificato alla Provincia di Lecce (avente un interesse qualificato alla conservazione dell’atto impugnato, che ravvisa la violazione di disposizioni impartite con un suo provvedimento) e, nel merito, confutando le ragioni del ricorrente.
In particolare, l’Ente deduce che il fondamento del potere esercitato è rinvenibile nell’art. 19 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che affida ai Comuni i compiti di polizia amministrativa locale che riguardano la licenza per ìesercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture e similiî, consentendo la sospensione, la revoca o l’annullamento dei provvedimenti relativi.
Alla camera di consiglio del 20 febbraio 2013, formulato l’avviso ex art. 60 cpa, il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata.
2.- Il ricorso è fondato.
Va preliminarmente disatteso il rilievo del resistente Comune, secondo cui il ricorso andava notificato anche alla Provincia di Lecce, essendo state violate le prescrizioni da essa imposte (rilievo in cui è adombrato un profilo di inammissibilità del gravame).
Invero, il Comune di Melendugno ha inteso esercitare un compito amministrativo che reputa a sé assegnato, con esclusivo riferimento al quale deve essere valutata la legittimità del provvedimento, senza che sorga la necessità di evocare in giudizio l’altro Ente (e non occorrendo la partecipazione al giudizio della Provincia, per acquisire la documentazione in suo possesso, potendo il ricorso essere deciso in base all’allegazione delle parti).
Ciò posto, si è detto innanzi che il Comune di Melendugno riconduce il potere esercitato nell’ambito delle funzioni di polizia amministrativa locale, attribuite con l’art. 19 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Con esso sono stati conferiti ai comuni una serie di poteri di cui al testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, tra cui quelli relativi alla “licenza per… esercizi di rimessa di autoveicoli o di vetture e simili, di cui all’art. 86” (art. 19 cit., primo comma, n. 8).
Il successivo quarto comma dell’art. 19 del d.P.R. n. 616/77 dispone che:
ìI provvedimenti di cui ai numeri 5), 6), 7), 8), 9), 11), 13), 14), 15) e 17) sono adottati previa comunicazione al prefetto e devono essere sospesi, annullati o revocati per motivata richiesta dello stessoî.
Da ciò (richiamando, altresì, l’art. 100 T.U.L.P.S. e l’art. 159 del d.lgs. 31 marzo 1988, n. 112) il resistente Comune fa derivare la propria competenza a sospendere le autorizzazioni, su richiesta dell’Autorità di pubblica sicurezza e per motivi di ordine pubblico.
La tesi non può essere condivisa.
In disparte l’applicabilità al caso di specie del menzionato art. 19, primo comma, n. 8) (su cui si è appuntata la difesa orale del ricorrente), risulta evidente che la norma si riferisce ai provvedimenti originariamente adottati dal Comune medesimo, in base alla funzione conferita, che possono formare oggetto di un atto di secondo grado (cfr. Cons. Stato – Sez. VI, 18 novembre 2010 n. 8107: “essi Comuni sono tuttavia formalmente, se non sostanzialmente, competenti a revocare le autorizzazioni commerciali da essi rilasciate, per motivi di ordine pubblico, se vi sia una richiesta in tal senso da parte dell’Autorità di p.s., preposta istituzionalmente alla tutela dell’ordine pubblico”).
Con la conseguenza che la norma non può trovare applicazione se, viceversa, con essa si incida sull’atto posto in essere da altra Amministrazione.
Nella specie, il Comune di Melendugno ha inteso espressamente disporre la ìsospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di autodemolizione n. 2346 concessa in data 11/10/2010î, ancorché la stessa non fosse stata rilasciata dallo stesso Ente, bensì dalla Provincia di Lecce.
A ciò si aggiunga che la norma invocata stabilisce che i provvedimenti possono essere sospesi, annullati o revocati “per motivata richiesta” del Prefetto, che nel caso manca (detta richiesta è tuttora necessaria, avendo l’art. 164 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 abrogato in parte la norma, laddove prevedeva “la comunicazione al prefetto e i poteri di sospensione, revoca e annullamento in capo a quest’ultimo”, ma solo limitatamente ai numeri 13 (licenza agli stranieri per mestieri ambulanti), 14 (registrazione per mestieri ambulanti) e 17 (licenza di iscrizione per portieri e custodi): cfr. la lett. d) dell’art. 164 cit.).
Né il provvedimento impugnato può fondarsi sul potere di ordinanza contingibile e urgente, il cui esercizio è di esclusiva spettanza del Sindaco quale Ufficiale del Governo (art. 54 del testo unico sull’ordinamento degli enti locali, approvato con d.lgs. 18 agosto 200, n. 267) e che presuppone l’insorgenza di una situazione eccezionale e imprevista, non fronteggiabile ordinariamente (cfr, da ultimo, Cons. Stato – Sez. VI, 13 giugno 2012 n. 3490), la quale non è rinvenibile nel caso di specie.
Per queste ragioni il ricorso va accolto e, conseguentemente, deve essere annullata l’impugnata ordinanza n. 177/12, prot. n. 23502, del 16/11/2012 del Responsabile del V Servizio, Comandante Cap. Polizia Municipale – Commerciale – Attività Produttive del Comune di Melendugno.
Sussistono valide ragioni, per la peculiarità della questione, per disporre la compensazione integrale delle spese processuali tra tutte le parti del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnata ordinanza n. 177/12, prot. n. 23502, del 16/11/2012 del Responsabile del V Servizio, Comandante Cap. Polizia Municipale – Commerciale – Attività Produttive del Comune di Melendugno.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2013 (omissis)