SENZA AUTORIZZAZIONE È GESTIONE ILLECITA
Ancora una conferma dalla Cassazione
In un momento storico in cui la crisi economica induce molti ad intraprendere scorciatoie per trarre profitto da attività borderline, come, ad esempio, il trasporto di rifiuti, la Cassazione, III Sezione Penale, ribadisce che “tutte le fasi di gestione dei rifiuti, per essere legittime, devono essere precedute da autorizzazione, iscrizione o comunicazione”.
Siccome l’attività di trasporto è inserita tra quelle di gestione dei rifiuti (D. Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. d), la mancanza di un provvedimento che la sorregga ha rilevanza penale.
Nulla vale, ai fini della difesa, lo scudo di una non organizzata attività di gestione dei rifiuti, perché, la circostanza in esame non esonera dall’obbligo di un titolo abilitativo e, dunque, il reato si configura come istantaneo e si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica con la conseguenza che è sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie di reato.
Per meglio offrire al Lettore elementi di completezza circa l’interpretazione della Cassazione nel caso in esame, pubblichiamo il testo della Sentenza.
Repubblica Italiana
In nome del Popolo Italiano
La Corte Suprema di Cassazione
III Sezione Penale
Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati
(Omissis)
ha pronunciato la seguente Sentenza
sul ricorso proposto da (Omissis) avverso la sentenza n. 197/2010 Tribunale di Castrovillari, del 11/05/2011
Visti gli atti, la Sentenza e il ricorso; udita in pubblica udienza del 04/10/2012 la Relazione fatta dal Consigliere (Omissis);
udito il Procuratore Generale in personal del Dott. Omissis che ha concluso per l’inammissibilità…
Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Castrovillari con la Sentenza 11.5.2011 ha dichiarato (Omissis) colpevole del reato di trasporto abusivo di rifiuti (art. 256 comma 1 lett. a del D. Lgs. 3. 4. 2006 n. 152) e lo ha condannato alla pena di 9.000, 00 € di ammenda.
Secondo il Giudice di merito, non è necessario, per la configurazione del reato, che l’agente svolga professionalmente l’attività di trasportatore, perché anche un unico trasporto, di carattere occasionale non esonera l’interessato dell’obbligo di munirsi delle necessarie autorizzazioni.
Per l’annullamento della Sentenza, ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato deducendo la violazione della Legge penale (art. 256 b. Lgs. 152/06) e vizio di motivazione perché il Tribunale ha erroneamente ritenuto che anche il privato che non svolga un’attività di gestione di rifiuti è soggetto alla previsione normativa senza accertare la natura dell’attività esercitata dall’imputato e senza peraltro spiegare che le massime giurisprudenziali richiamate in sentenza hanno come destinatari i soggetti che svolgono professionalmente una attività di gestione dei rifiuti.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato sotto ogni profilo.
È stato accertato in fatto che la momento del controllo da parte dei Carabinieri omissis stava trasportando su un autocarro circa 5 quintali di rifiuti speciali (parti meccaniche di autoveicoli, materiale ferroso di diversa natura, lattine di olio lubrificante vuote e parti di auto imbrattate di olio).
Ebbene, come già chiarito da questa Corte (cfr. Cass. Sez III, Sentenza n. 21655 del 13/04/2010 Cc. Dep. 08/06/2010) tutte le fasi di gestione dei rifiuti, per essere legittime, devono essere precedute da autorizzazione, iscrizione o comunicazione.
Di seguito la violazione di tale precetto è sanzionata penalmente dal D. Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1.
L’attività di trasporto è inserita tra quelle di gestione dei rifiuti (per la chiara norma definitoria del D. Lgs. n. 152 del 2006, art. 183, comma 1, lett. d) e, pertanto, la mancanza di un provvedimento che la sorregga ha rilevanza penale.
La deduzione della difesa – secondo la quale l’imputato, privato cittadino, non esercitava una attività organizzata per la gestione dei rifiuti – è del tutto irrilevante in diritto: la circostanza prospettata, infatti, non lo esonerava dall’obbligo di munirsi di un titolo abilitativo perché il reato in esame si configura come istantaneo – e non abituale – e si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica con la conseguenza che è sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie di reato.
A tale principio si è attenuto il Tribunale che ne ha fatto espresso richiamo, con ciò assolvendo sufficientemente anche all’obbligo motivazionale.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 4 10 2012.